venerdì 30 dicembre 2011

Camorra, parla il pentito Roberto Perrone. "Trema" la politica locale



Roberto Perrone
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 29 dicembre 2012)

QUARTO (Alessandro Napolitano) – Starebbero per far tremare il mondo della politica quartese e maranese le dichiarazioni del pentito ed ex ras del clan Polverino, Roberto Perrone, detto Paperone. Il collaboratore di giustizia, infatti, in uno dei suoi recentissimi interrogatori, ha tirato in ballo un consigliere comunale la cui identità non è stata ancora resa nota, ma secretata dai magistrati dell’Antimafia partenopea le cui indagini, dopo il blitz dello scorso 3 maggio e i 39 arresti che ne sono seguiti, hanno portato al sequestro preventivo di beni mobili ed immobili per un valore di circa 27 milioni di euro. Il collaboratore di giustizia, il 2 agosto scorso, ha dichiarato: "Polverino Giuseppe, verso la fine del 2010, mi propose di investire una considerevole somma di denaro per l’acquisto di 6/8 mansarde, ovviamente attraverso un prestanome che potesse giustificare una tale disponibilità economica". Perrone, a questo punto, fa il nome di un "attuale consigliere comunale, con il quale già in passato avevamo fatto degli investimenti che in seguito riferirò". Un affare da circa 560mila euro quello che avrebbe dovuto vedere la luce, ma che non andò in porto in quanto il consigliere comunale "dovette fare marcia indietro poiché non avrebbe mai potuto dimostrare una tale disponibilità". Enormi disponibilità di abitazioni e posti auto, quasi tutte realizzate nella zona collinare di via Viticella, a Quarto. Sono quelle finite sotto sequestro venerdì scorso. A riguardo, determinati, sembrano essere state le rivelazioni del pentito Perrone, il quale ha descritto con dovizia di particolari, come l’affare immobiliare è stato messo in piedi: "A proposito dei beni nella diretta disponibilità del clan Polverino in particolare di Giuseppe Polverino e di altri affiliati al clan ho redatto un elenco di proprietà che di seguito provvedo ad elencare: 33 tra appartamenti e mansarde attualmente in fase di ultimazione in via Viticella ad opera di Nicola Imbriani (attualmente latitante, ndr) Questo fabbricato è suddiviso, di fatto, in quote composte in questo modo: il 30% a Polverino Giuseppe e Polverino Antonio per il tramite di suo figlio Salvatore, detto Toratto; il 15% a me e mio cognato Castrese Paragliola che poi fu escluso dalla quota con il mio subentro; 15% a Nicola Imbriani". Perrone, poi, cita un altro noto imprenditore quartese nonchè consigliere comunale, che però non risulta indagato nè destinatario di altre misure. Quest ultimo avrebbe avuto una quota del 15 per cento. Per i magistrati dell'Antimafia che stanno indagando senza sosta sugli affari illeciti del clan Polverino a Quarto, Perrone, prima del suo pentimento sarebbe stato "pienamente addentrato nel farraginoso mondo delle concessioni edili e dei permessi per costruire, forte della connivenza dei soggetti preposti al rilascio delle citate autorizzazioni, il Perrone controlla tutti i lavori edili eseguiti sul territorio quartese". Se ne deduce, dunque, che Perrone non avrebbe agito da solo, ma attraverso "conniventi" amministratori della cosa pubblica.

giovedì 8 dicembre 2011

Clan Longobardi-Beneduce, tentata estorsione ad un ristoratore: arrestato Francesco Casillo

Francesco Casillo

(Pubblicato su Cronache di Napoli del 7 dicembre 2011)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Dovrà scontare una pena residua di un anno e 17 giorni di carcere, accusato di concorso in tentata estorsione aggravata. Per Francesco Casillo, 58 anni, si sono aperte le porte del carcere di Poggioreale. I fatti contestati all'uomo risalgono al 27 ottobre del 2006. Francesco Casillo avrebbe partecipato ad un tentativo di richiesta estorsiva ai danni di un imprenditore attivo nel campo della ristorazione. Lo avrebbe fatto, inoltre, favorendo il cartello camorristico dei Longobardi-Beneduce, all'epoca in piena lotta interna, dopo la spaccatura in due fazioni contrapposte. Quella di appartenenza di Francesco Casillo sarebbe stata la più vicina al boss Gennaro Longobardi ed in particolare al gruppo di Quarto, detto “quelli del Bivio”. Il suo ruolo sarebbe stato quello di “portavoce” di alcuni affiliati durante un tentativo di estorsione. La vicenda ebbe inizio nell'ottobre di cinque anni fa. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Pozzuoli, l'imprenditore avrebbe ricevuto la “visita” di due affiliati al clan, tra l'altro condannati un anno fa per altri reati. Si tratta di Raffaele Di Roberto, 37 anni, detto 'o russ e Giuseppe Chiaro, 36 anni. I due sono stati condannati rispettivamente a 13 anni e 12 anni e 8 mesi, sempre per estorsione aggravata. I due affiliati, dopo aver cercato di entrare in contatto con l'imprenditore e non riuscendoci, gli avevano dato appuntamento all'esterno di un caseificio di Quarto, per il giorno successivo. Non presentandosi, l'imprenditore dovette subire la visita di un'altra persona che gli rinnovò l'invito a presentarsi. Secondo i giudici questa persona era Francesco Casillo. L'uomo, inoltre, sarebbe stato riconosciuto anche da alcuni carabinieri che si trovavano all'interno del ristorante, ma “camuffati” da clienti. I militari erano lì perché già stavano indagando sul tentativo di estorsione. “Quello o’ Russ ti sta aspettando a Quarto un’altra volta”. Con queste inequivocabili parole Francesco Casillo fece ben capire all'imprenditore che bisognava a tutti i costi incontrare gli altri affiliati. Inutili, poi, sarebbero stati i tentativi di ottenere una sorta di sconto sulla richiesta estorsiva, magari barattandola con pranzi gratuiti. Ad incastrare Casillo anche l'auto utilizzata per raggiungere il ristorante, una Fita Seicento, di proprietà del padre 85enne. Francesco Casillo risulta essere anche uno dei componenti della “scorta” che per diverse settimane circondava Carmine Riccio, detto “Peppe faccia verde”, condannato a 11 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e altro nello stesso procedimento a carico di Di Roberto e Chiaro. Riccio, nel 2004, era obbligato a firmare presso l'allora stazione dei carabinieri di Quarto. Ogni qualvolta l'uomo doveva recarsi in caserma, diverse persone erano appostate nei dintorni, a piedi, in auto e in sella a motociclette. Tra questi, c'era anche Francesco Casillo. Il gip, nel giugno di un anno fa, rigettò la richiesta di ordinanza cautelare a suo carico, nell'ambito dell'inchiesta Penelope che portò in cella decine di affiliati al clan Longobardi Beneduce. Oggi però, il 58enne ha dovuto varcare ugualmente l'ingresso del carcere di Poggioreale.