lunedì 17 dicembre 2012

"Lucrino, una vendita abusiva". Il lago scippato torna al demanio. Nullo il titolo di proprietà esibito da un privato: acquirente risarcito

(Pubblicato su Il Mattino del 15 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano E' stata scritta molto probabilmente la parola «fine» sulla lunga vicenda riguardante la proprietà del lago Lucrino. Lo specchio d'acqua è dello Stato. Lo hanno ribadito i giudici del Tribunale superiore delle acque pubbliche, bocciando di fatto il ricorso in appello presentato dalla ex proprietaria del minore dei quattro laghi flegrei, Clotilde Schiano. La donna lo aveva venduto ad una società per 845mila euro. Ad acquistarlo la Elgea, nel settembre del 2005. Quel lago, però, non poteva essere oggetto di compravendita in quanto appartenente al demanio. Un'operazione di compravendita che aveva fatto scattare l'attenzione del Ministero per i beni e le attività culturali e della Provincia di Napoli. Meno di un milione di euro per acquistare un lago nato 4000 anni fa. In primo grado la sentenza era stata perentoria: il lago è di proprietà demaniale. A carico di colei che l'aveva venduto  era arrivato l'obbligo della restituzione della somma incassata dalla Elgea. Clotilde Schiano, però, non si era arresa, dedcidendo di continuare la sua battaglia legale. Conclusasi però con la conferma della decisione del Tribunale regionale delle acque pubbliche. La Elgea - che nel frattempo aveva effettuato diverse operazioni di bonifica del lago, con la rimozione di rifiuti e di scarichi abusivi - vedrà tornare nelle sue mani gli 845mila euro. Non avrà più il lago, però. Entrambe le parti arrivate l'una contro l'altra a «duellare» in tribunale avevano cercato di far dichiarare incompetente il Tribunale delle acque. Fu il sale presente nel lago, poi, a creare nuovi dubbi, soprattutto in merito all'applicazione delle leggi in materia. Non si trattava di uno specchio d'acqua dolce, ma di natura marina. A fare ulteriormente chiarezza era arrivata già da tempo la così detta «legge Galli», con una vera e propria pietra miliare sulla vicenda: «Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà». La sentenza che ora chiude definitivamente la questione arriva dopo anni di diatribe giudiziarie su un quanto meno «strano» caso di proprietà privata di un lago. Il Lucrino apparteneva alla famiglia Schiano di Bacoli da decenni. Nel 1961 e poi ancora nel 1972, 1976 e 1979, era stata però sottolineata dai giudici ordinari la proprietà privata dello specchio d'acqua, arrivando fino al giudizio della Corte di cassazione. Nel 1997, due anni dopo l'acquisto da parte della Elgea, la decisione viene confermata nuovamente. Ed invece tutto verrà ribaltato dal Tribunale regionale delle acque pubbliche, due anni fa. Cui è seguita l'ultima pronuncia. All'orizzonte, però, anche un ricorso in Cassazione.

Le reazioni

Il Wwf: "Giusto verdetto, ma ora lo Stato se ne prenda cura"

Per anni ha comunque beneficiato delle bonifiche della società che di fatto ne era diventata proprietaria, la Elgea. Per il lago Lucrino, da oggi, inizia però una nuova storia. Sarà lo Stato e prendersene cura. Questo è anche l'auspicio del mondo ambientalista. «La nostra speranza è che lo Stato non si dimentichi di questo importante lago - spiega Giovanni La Magna, assistente regionale del Wwf Campania - La proprietà pubblica è un impegno serio. E' bene infatti ricordare come il Lucrino sia una risosrsa enorme per la biodiversità, caratteristica che lo accomuna agli altri laghi dell'area flegrea (Averno, Miseno e Fusaro, ndr) Il lago in questione ha un valore inestimabile per ciò che riguarda l'habitat per tante specie animali e vegetali e lo è ancora di più per gli uccelli che qui vivono importanti fasi legate allo svernamento, alla migrazione e soprattutto alla riproduzione. Ciò che è stato fatto negli ultimi anni non basta. Tocca evitare che si ripetano i tristemente noti episodi di abbandono di rifiuti o di sversamenti abusivi di liquami. Questo è ciò che speriamo: che la proprietà pubblica del lago tenga al riparo questa risorsa da tutti i pericoli appena elencati».  A fare da «guardiano» negli ultimi anni ci aveva pensato proprio la Elgea, società privata. Una fortuna per un'area, quella flegrea, spesso finta proprio vittima dei privati «che hanno speculato non poco - aggiunge La Magna - attraverso l'abusivismo edilizio e altro». Una sorta di appello allo Stato affinchè la proprietà demaniale sappia essere all'altezza della situazaione, dunque, quella espressa dal Wwf Campania.

domenica 9 dicembre 2012

Bomba Maya, un Capodanno da fine del mondo. Maxisequestro della Finanza. Pozzuoli, in un capannone a poca distanza da abitazioni nascosti petardi micidiali

(Pubblicato su Il Mattino del 7 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano La sua esplosione non solo avrebbe ridotto in un ammasso di lamiere il capannone nella quale era stata realizzata, ma addirittura denneggiato le abitazioni vicine. E' la «bomba Maya», l'ultima invenzione pirotecnica che sarebbe finita sul mercato clandestino dei botti di fine anno. A scoprire la fabbrica è stata la Guardia di Finanza di Pozzuoli, al termine di un'indagine che aveva portato due settimane fa ad un altro rinvenimento simile, nel giuglianese. I militari del capitano Michele Ciarla hanno proseguito le loro ricerche, con appostamenti e pedinamenti. Fino a giungere in via Maria Goretti, stradina al confine tra Pozzuoli e Varcaturo. E' qui che un 42enne puteolano, S.L. sfruttava il capannone che originariamente utilizzava per conservare gli attrezzi e i macchinari per la sua attività di agricoltore. Di aratri e trattori, però, nemmeno l'ombra. Al loro posto tutto il necessario per la fabbricazione di botti proibiti, ma anche tanta marijuana. Una doppia attività per l'uomo poi finito in manette. Il 42enne è stato sorpreso mentre confezionava l'ultima «bomba». Poco prima aveva terminato quella pesante due chili, con un potenziale esplosivo impressionante. Bilancini, cartoni sagomati e cilindretti di plastica erano sparso ovunque. Oltre un quintale il peso complessivo dei botti sequestrati dalle fiamme gialle, per un valore di mercato di circa 50mila euro. Tra questi 15 esemplari di diverso peso di micidiali botti. E' quanto chiede il mercato clandestino: formati differenti a prezzi diversi a seconda della capacità esplosiva. La più leggera pesava mezzo chilo. Nulla a confronto alla «bomba Maya» che se esplosa avrebbe portato ad un effetto a catena devastante,  colpendo anche le abitazioni nelle quali vivono diversi parenti del 42enne arrestato in flagranza. In un sacco erano custoditi 13 chilogrammi di miscela esplodente, composta principalmente da cloruro di alluminio. All'interno del capannone non è stato trovato nemmeno un estintore che avrebbe potuto evitare il peggio in caso di principio di incendio. Nessuna misura di sicurezza, dunque, ma tante altre «sorprese» per i finanzieri. Come gli oltre due chilogrammi di marijuana già essiccata e nascosta in un sacco di plastica. Della stessa natura anche lo stupefacente ritrovato a casa del 42enne, assieme ad altri 116 grammi di hashish già incellophanato. La marijuana sarebbe stata messa ad essiccare nei mesi scorsi nel capannone poi finito nella rete della Guardia di Finanza. Una doppia attività illecita, dunque, per l'uomo che davanti ai finanzieri si è così giustificato: «Lo faccio solamente per vivere». Una dato che sta emergendo con sempre maggiore frequenza. Agricoltori che si prestano alla coltivazione di marijuana sui propri terreni. Come il contadino che a settembre finì in manette dopo che i finanzieri avevano scoperto che nel suo appezzamento di Monterusciello coltivava cannabis. Pesavano oltre un quintale le piante sequestrate e poi distrutte. Identico quanto scoperto a Torre Poerio e a via Campiglione, con il rinvenimento record si un fusto pesante 50 chili.

venerdì 7 dicembre 2012

Abbattuta terrazza abusiva nel ristorante preferito di Walter Mazzarri

(Pubblicato su Il Mattino del 5 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano  La prossima volta che Walter Mazzarri deciderà di godersi la cucina flegrea nel suo ristorante preferito potrà accomodarsi solamente nella sala interna. Da ieri mattina, infatti, è iniziato l'abbattimento della veranda del ristorante Europa Gambero Rosso. E' qui che l'allenatore del Napoli torna sempre volentieri. «Mi porta fortuna» ha sempre ripetuto il mister che a pochi metri dal porto è venuto a mangiare anche assieme all'intera squadra. Dopo anni di battaglie legali combattute a colpi di carte bollate, per la struttura è arrivato l'ordine perentorio di abbattimento della veranda. La struttura esterna che può ospitare 125 coperti è abusiva e va buttata giù. «Mi dispiace molto per ciò che il comune ha deciso, ma non posso farci nulla - racconta il titolare, Procolo Lubrano - Era stata realizzata 20 anni fa, su suolo che all'epoca era considerato demanio marittimo. Dopo il passaggio delle competenze al comune, però, mi è stato chiesto di sanare la situazione. Ho cercato di fare tutto il possibile contro la contestazione che mi era stata mossa, ma alla fine è andata così. A nulla sono valsi domande e progetti alternativi presentati al municipio. Il problema serio, però, è che ora dovrò mandare a casa anche quattro camerieri e un cuoco e tutto mentre stiamo combattendo anche questa crisi economica. Mazzarri? Lui viene da sempre qui e continuerà a farlo». Un'occupazione di suolo pubblico che sarebbe stata possibile sanare solo dietro il pagamento di una considerevole cifra economica, di oltre 120mila euro. Il comune, però (che ha ordinato lo smontaggio di una struttura anche in un altro ristorante del porto) sta portando avanti da tempo la «sua» battaglia contro gli abusi e le occupazioni di suolo pubblico non autorizzate. E' senza dubbio il lungomare di via Napoli la zona della città dove è stato riscontrato il maggior numero di irregolarità. L'ultimo blitz della polizia municipale ha permesso di «smascherare» ben dieci esercizi commerciali che avevano occupato con tavolini e sedie i marciapiedi antistanti le loro strutture. In molti erano recidivi. Oltre alla chiusura del locale per un minimo di tre giorni, per i trasgressori sono arrivate anche salate sanzioni pecuniarie, calcolate su un numero presunto di giorni di durata dell'abuso. In meno di tre mesi sono stati circa 90 i verbali elevati dai caschi bianchi. Oltre i due terzi dei gestori finiti nella rete dei controlli erano già stati multati in precedenza. Soddisfatti coloro che regolarmente avevano pagato la Tosap, la tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche, sentitisi in qualche modo danneggiati da una forma di concorrenza sleale. C'è poi il capitolo, ben più importante, degli abusi edilizi riguardanti edifici anche di grosse dimensioni realizzati in difformità alle licenze rilasciate o addirittura eretti senza alcun permesso a costruire. In questo caso i risultati maggiori arrivano dai controlli dei carabinieri. Cigliano, Cuma e le sponde dei laghi flegrei. E' qui che sono giunte con maggiore frequenza le ruspe per gli abbattimenti coatti che spesso hanno riguardato ristoranti, ma anche capannoni industriali di notevole importanza. Su suoli destinati esclusivamente all'uso agricolo, in tanti hanno realizzato abitazioni da rivendere. Operazioni poi bloccate appena in tempo dall'arrivo dei militari. Non mancano poi casi-limite, come quello che ha visto un'intera famiglia ritrovarsi - una volta rientrata dalle vacanze - con una costruzione abusiva a pochi metri dalla loro abitazione. Un'opera realizzata in pochissimi giorni, approfittando dell'assenza dei «vicini» e al riparo da occhi indiscreti grazie alla fitta vegetazione.


sabato 1 dicembre 2012

Pescatore abusivo in fuga, sequestrato un mini-pontile

(Pubblicato su Il Mattino del 29 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) Resistenza a pubblico ufficiale e usurpazione di posto di comando. Sono queste le pesanti accuse mosse nei confronti di un pescatore abusivo di 65 anni che, non appena saputo che la sua barca gli sarebbe stata sequestrata di lì a poco, non ha esitato a scappare. Prima per via mare e poi a piedi. Ad attenderlo sulla terraferma, però, c'erano non solo gli uomini della capitaneria di porto, ma anche la polizia e i carabinieri. L'operazione di contrasto alla pesca illegale di mitili era iniziata diversi giorni prima. Nel tratto di mare antistante via Matteotti un'intera famiglia di pescatori -  senza alcuna licenza - era stata vista utilizzare più volte una piattaforma realizzata in calcestruzzo. Una sorta di mini-pontile per poter raggiungere le imbarcazioni dirette alle zone di pesca. La capitaneria aveva ricevuto diverse segnalazioni da parte dei residenti della zona. Alcuni militari in abiti borghesi si erano appostati per poter meglio osservare le operazioni dei pescatori di frodo. Tre di questi sono stati subito individuati e segnalati all'autorità giudiziaria. Il capofamiglia, però, si è subito mostrato poco «collaborativo» con gli uomini del comandante Andrea Pellegrino. Su una delle sue barche - tra l'altro non segnalata negli appositi registri navali e quindi abusiva - c'era tutto il necessario per la pesca di frutti di mare. Attrezzature, ovviamente, detenute senza alcun permesso. Mentre al pontile illegale venivano apposti i sigilli, dal magistrato di turno arrivava l'ordine di sequestrare anche l'imbarcazione del 65enne. L'abusivo non ci pensa due volte. Sale sulla barca e cerca di raggiungere la zona del porto distante appena un miglio. Troppo pericoloso, però, approdare proprio a due passi dalla sede della capitaneria. Il pescatore si spinge fino ad Arco Felice. Ma intanto sono stati già «sguinzagliate» motovedette e pattuglie di carabinieri e polizia. Dalla spiaggia delle «Monachelle» il pescatore abusivo tenta la fuga a piedi, ma sarà tutto vano. L'uomo viene bloccato e portato al comando della capitaneria. Lo attendono i sui figli con i quali condivide la «passione» per la pesca di frodo. Un fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso quello della pesca abusiva, a Pozzuoli, nonostante i continui interventi della capitaneria. Nel mirino c'è l'intera filiera dell'abusivismo che comprende anche alcuni commercianti. L'ultima operazione ha visto il sequestro di tre quintali di mitili venduti illegalmente, poi donati al convento dei frati cappuccini.   

Tenta di violentare la vicina di casa: preso

(Pubblicato su Il Mattino del 29 novembre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) Lo hanno bloccato mentre scappava a piedi lungo via Campana. Pochi minuti prima aveva cercato di violentare una sua vicina di casa con cui voleva dare inizio ad una relazione sentimentale. E' finito in carcere e ora dovrà rispondere di tentata violenza sessuale. Per la vittima, fortunatamente soltanto alcuni traumi alla mano destra, ma anche un forte stato di choc per quanto aveva subito. L'autore della violenza è un 32enne ghanese, J.A. in Italia da diverso tempo, ma senza permesso di soggiorno. Sbarcava il lunario con lavori manuali e temporanei. A poche decine di metri dal luogo in cui andava a dormire la sera abita una donna di 39 anni. Tra i due soltanto una superficiale conoscenza, al massimo qualche saluto e uno scambio di battute di tanto in tanto. La donna, però, non sa ancora che il suo vicino di casa ha ben altre intenzioni. Vorrebbe approfondire quel rapporto, mai andato oltre quello di buon vicinato. La donna però non ne vuole sapere. Il corteggiamento da parte del 32enne va avanti lo stesso, nonostante i continui rifiuti da parte di lei. Martedì, intorno alle 19, l'uomo chiama dal cortile la sua «amica». Vuole incontrarla e scambiare solo qualche parola. Lei accetta, ma insieme non si allontaneranno di molto. Giusto qualche metro per sfuggire a occhi indiscreti. L'insistenza dell'uomo non piace alla 39enne che però non riesce a divincolarsi. Viene afferrata per i polsi e bloccata. Gli attimi successivi saranno un incubo. Viene palpeggiata ripetutamente, inizia ad urlare. Tanto che le sue grida giungono alle orecchie di altri due vicini di casa. Saranno questi ad accorgersi della violenza che si stava consumando. Il 32enne capisce che è meglio fuggire. Lo farà a piedi, tra le auto che sfrecciano lungo via Campana. I carabinieri, allertati da una telefonata, lo bloccano poco dopo. E' visivamente nervoso, sa di averla fatta grossa, ma si lascia ammanettare senza reagire. Per la vittima, invece, «solo» 10 giorni di prognosi e tanta paura.

Un "amico" per dire no alla camorra. Inaugurato lo sportello antiracket. Sede nel mercato ittico. L'appello: "Collaborate, non la città non è ancora libera"

(Pubblicato su Il Mattino del 27 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) E' stato inaugurato all'interno di uno dei luoghi simbolo della camorra puteolana, il mercato ittico all'ingrosso. Da ieri mattina è ufficialmente aperto lo sportello antiracket e antiusura «L'amico giusto». A fare da padrone di casa il sindaco della città Vincenzo Figliolia, che ha aperto la cerimonia a cui hanno preso parte numerosi rappresentanti delle istituzioni come il presidente della commissione regionale antiracket Fraco Malvano; il presidente nazionale della «Rete per la Legalità» Lorenzo Diana; il dirigente del Servizio Ordine e Sicurezza della Prefettura di Napoli Gabriella D'Orso; il coordinatore nazionale di Sos Impresa Luigi Cuomo e, in rappresentanza della Diocesi di Pozzuoli, il vicario episcopale don Ferdinando Carannante. «E' soltanto un primo passo per la lotta alla criminalità organizzata - ha sottolineato il primo cittadino - e non a caso sarà questo posto ad ospitare lo sportello, luogo che anni fa finì all'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura. Da quel giorno per Pozzuoli è iniziata una nuova storia». L'imperativo è non abbassare la guardia. Proprio ora che sono in ballo finanziamenti per circa 60 milioni di euro per importanti infrastrutture: «Dobbiamo fare in modo che gli interessi della criminalità - ha aggiunto Figiolia - siano tenuti lontani da questi finanziamenti». Luigi Cuomo, ponendo l'accento sull'importanza del numero verde al quale denunciare episodi di usura e racket, sottolinea però «che da solo questo non basta, serve una reazione da parte dei cittadini. Quella che non ci è stata all'epoca del blitz di due anni fa e che spinse il vescovo monsignor Pascarella a scrivere una lettera aperta per sollecitare uno scatto in avanti da parte della cittadinanza. La città non è stata ancora del tutto liberata dalla camorra. Fino ad ora le reazioni sono state timide e incerte». Un'incertezza che di sicuro non appartiene, come visto, alla curia di Pozzuoli. Determinante l'apporto della chiesa, come ha spiegato don Carannante che ha ricordato come anni fa persino un cantiere per la realizzazione di una chiesa a Monterusciello venne preso di mira dalla camorra con una richiesta di tangente: Il clan Longobardi-Beneduce continuerebbe dunque a godere di «buona salute» nonostante la maggiorparte dei capi e gregari si trovi in carcere. Da «mantenere» non ci sono soltanto i detenuti, ma anche il piccolo esercito composto dai loro familiari. Ne è convinta la Procura Antimafia di Napoli. Il pm Antonello Ardituro, titolare dell'inchiesta «Penelope» culminata nel 2010 con l'arresto di 84 persone, parte da un dato preciso: la mancanza di nuovi pentiti. «Quando un clan della camorra è in difficoltà economica il primo dato che emerge riguarda i collaboratori di giustizia. Questi aumentano se l'organizzazione si ritrova indebolita. Al contrario, se gli introiti illeciti continuano a riempire le casse del clan, solitamente non ci sono nuovi pentiti. E' ciò che riguarda il clan Longobardi-Beneducela cui ultima decisione di un affiliato di collaborare con la giustizia riguarda Francesco De Felice». Bisogna quindi risalire al gennaio del 2009. E' da questa data, infatti, che l'affiliato inizia a rilasciare dichiarazioni che poi risulteranno determinanti per le indagini. In quasi quattro anni nessun altro affiliato al clan si è più pentito.

venerdì 16 novembre 2012

Rinchiusi dai banditi in cella frigorifera: lanciano sos con telefonino. Salvati

(Pubblicato su Il Mattino del 15 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO Li hanno legati, imbavagliati e chiusi in una cella frigorifera per diverse ore. L’obiettivo era quello di portare via «di peso» la cassaforte. Troppo lunga l'operazione, però, tanto da indurre i malviventi a desistere. A salvare invece i dipendenti rinchiusi al gelo è stato il telefono cellulare di uno di loro, di cui i rapinatori non si erano accorti. È accaduto all’interno di un capannone di un’azienda che si occupa di prodotti lattiero-caseari, nel complesso industriale San Martino. Erano circa le tre di notte. All’interno dell’azienda erano ancora al lavoro tre operai. I turni lo prevedono, visto il tipo di attività. Tra automezzi da caricare e documenti da redigere, nessuno si accorge che all'interno del capannone sono entrati tre rapinatori. Indossano tutti passamontagna, ma soprattutto sono armati di pistole e fucili. La banda di malviventi si muove con estrema disinvoltura e rapidità. Appaiono subito dei professionisti. I tre dipendenti, colti di sorpresa, vengono costretti ad entrare in una delle grosse celle frigorifere dell’azienda. La temperatura all’interno è di circa 4 gradi, ma nessuno è «attrezzato» per resistere molto tempo al suo interno. I malcapitati sono tutti vestiti con abiti leggeri. Una volta entrati nella cella, i tre vengono anche legati con del nastro adesivo e privati di portafogli e telefoni cellulari. Una volta chiusi dentro, per i tre rapinatori inizia il lavoro che probabilmente avevano sottostimato: riuscire a portare via una pesante cassaforte «incastonata» in una parete. Il tempo trascorre, ma la pesante cassetta blindata non si smuove dal muro. Per i rapinatori arriva la decisione estrema: abbandonare l’idea di impadronirsi della cassaforte prima dell’eventuale arrivo delle forze dell’ordine o della vigilanza privata. Andando via, però, i malviventi non si curano di liberare gli ostaggi chiusi oramai da tempo a 4 gradi centigradi indossando solo abiti da lavoro. A tutti era stato tolto il telefono cellulare, ma tra gli ostaggi c’è chi ne aveva due con sè. Il secondo è sfuggito ai malviventi. Nonostante l’imbrigliatura con il nastro adesivo a cui è costretto, uno dei dipendenti riesce a estrarre il telefono dalla tasca dei pantaloni e a telefonare al titolare dell’azienda. Poco dopo i tre sono liberi, seppur provati dalla bassa temperatura a cui erano stati costretti per oltre un’ora. Magro il bottino per i rapinatori, andati via soltanto con portafogli e telefoni. Nessuno tra gli ostaggi fortunatamente è dovuto ricorrere alle cure dei medici. Ancora un «colpo», quindi, tra i capannoni della zona industriale di Pozzuoli, anche se in questo caso è andata decisamente male ai rapinatori. L'ultimo colpo era stato messo a segno ai danni di un'importante azienda che commercializza prodotti surgelati.

giovedì 15 novembre 2012

Donna picchiata dalla rivale: il comando Usa indagava da luglio. Carmen, moglie tradita dal militare americano, aveva coinvolto i vertici Nato

(Pubblicato su Il Mattino del 12 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO E' ancora in forte stato di choc Carmen François Fumo, la donna di 26 anni selvaggiamente picchiata da una soldatessa americana, amante del marito, anch'egli militare statunitense. Stanno emergendo nuovi particolari sulla vicenda che ha scosso l'intera comunità di Gaeta, teatro del pestaggio. All'origine del brutale attacco subito dalla vittima una relazione extraconiugale del marito nata all'interno della base della Us Navy della cittadina laziale. La vicenda era già stata portata all'attenzione dei piani alti della base americana. Lo scorso luglio, infatti, Carmen François Fumo si era recata presso il comando Nato di Gaeta ed aveva colloquiato a lungo con i vertici, raccontando della storia sentimentale segreta che il marito stava intrattenendo con una sua commilitona. Tra le severe regole a cui devono attenersi i militari Usa della base c'è quella che vieta relazioni sentimentali all'interno della stessa base. Dalle dichiarazioni spontanee rese dalla 26enne è poi partita un'indagine conoscitiva da parte degli 007 di stanza a Gaeta. La vicenda, dunque, era ormai nota da tempo al comando della Us Navy. Eppure di provvedimenti che potessero evitare ciò che poi è accaduto sei giorni fa non sembra ne siano stati presi. L'amante del marito ha avuto la «libertà» di aggredire la 26enne all'esterno dell'abitazione di quest'ultima. Dopo il pestaggio - in seguito al quale la vittima ha riportato una profonda ferita alla nuca suturata con dieci punti - della soldatessa e del marito traditore se ne sono perse le tracce. «Sono in missione segreta» avrebbero riferito i vertici della base Usa di Gaeta alle insistenti richieste dei parenti di Carmen François Fumo. Impossibile interrogarli, dunque per le autorità italiane. Di procedimenti interni a carico dei due soldati amanti ancora non se ne ha notizia. Il caso è diventato un vero e proprio intrigo internazionale. Ed è proprio su questo punto che verte la «battaglia» della 26enne che ora vuole giustizia. Nei prossimi giorni ci sarà anche un'interrogazione parlamentare sulla vicenda. A determinare la chiusura a riccio delle autorità statunitensi è il trattato bilaterale Italia-Usa del 1954, il così detto Bia, nonchè la Convenzione di Londra di tre anni prima che regolano le modalità della presenza sul territorio italiano delle basi Usa e dei rispettivi militari. L'interrogazione parlamentare potrebbe, nella speranza della vittima, aprire una breccia su un argomento da tempo fonte di forti polemiche e che raggiunse nel 1998 il punto più acuto, con la strage del Cermis. Intanto nei prossimi giorni la vicenda approderà anche in televisione. Carmen François Fumo ha accettato di partecipare ad una puntata dI un programma Rai. Davanti alle telecamere la 26enne racconterà ai telespettatori i particolari di una storia che rischia di fermarsi davanti alle autorità militari americane, nonostante il pestaggio fosse avvenuto su territorio italiano. Il padre della donna è intenzionato a portare la vicenda persino all'ambasciata americana di Roma. Per il momento però Carmen resterà a Pozzuoli,città nella quale viveva fino al dicembre scorso, prima di sposare il militare americano di stanza Gaeta, lasciando gli studi universitari.

lunedì 12 novembre 2012

Donna-soldato Usa ferisce la rivale in amore e parte in missione. "Ma ora giustizia"

(Pubblicato su Il Mattino del 10 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO È dovuta scappare dalla città nella quale era andata a vivere dopo il pestaggio subito dall’amante del marito. Impossibile, però, ottenere giustizia o anche solo «chiarimenti».
A malmenarla selvaggiamente, infatti, sarebbe stata una soldatessa americana, di stanza alla base della Us Navy di Gaeta. Per lei è immediatamente scattato l’ordine di reimbarcarsi su una nave con bandiera a stelle e strisce per una missione della quale non si conosce la destinazione. Segreto militare. Stessa «sorte» è toccata al marito della vittima, anch’egli della marina americana.  A chiedere l’immediato intervento dell’ambasciata statunitense è il padre della donna che ha rischiato la morte, Franco Fumo, assessore della giunta comunale di Pozzuoli guidata dal sindaco Vincenzo Figliolia: «Le autorità americane devono intervenire al più presto. Mi rivolgo all’ambasciata americana a Roma e al consolato. I fatti devono essere accertati anche dalle autorità italiane. Per mia figlia è solo l’inizio di un incubo. Poteva morire per le percosse al capo. Ora è terrorizzata solo all’idea che la donna che l’ha selvaggiamente picchiata possa farlo di nuovo. A quanto ne so, per la militare non è stato preso alcun provvedimento. Il comandante della nave l’ha richiamata a bordo, così come il marito di mia figlia. Non se ne sa più nulla».  Carmen Francois Fumo ha 26 anni. È tornata nella sua Pozzuoli da poche ore. Se n’era andata dopo aver sposato il militare americano. Nemmeno un anno di matrimonio. Sul telefono dell’uomo troppi messaggi sospetti negli ultimi mesi. Carmen pensa subito ad un tradimento. Non si sbaglierà. Mercoledì sera la donna sta per lasciare la sua abitazione di Gaeta, ma ad attenderla c’è l’amante del marito. Pochi attimi e la figlia dell’assessore si ritrova a terra senza più gli occhiali. Un minuto dopo è già una maschera di sangue. La sua testa viene sbattuta ripetutamente contro un muro. Come se non bastasse la donna viene anche scaraventata sull’auto e picchiata ancora. Evidenti i segni lasciati sulla carrozzeria.  La scena sarebbe stata osservata persino dal marito, mai intervenuto per separare le due donne. Così ha raccontato Carmen ai carabinieri dell’ospedale di Gaeta nel quale giunge con un’ambulanza dopo aver raggiunto un bar in preda al panico. I medici dovranno apporle dieci punti di sutura alla nuca. Poi il ritorno verso Pozzuoli assieme al padre che ora non sa darsi pace. Impossibile raggiungere la donna che ha aggredito sua figlia. È già lontana e non si sa dove.

mercoledì 7 novembre 2012

Eavbus, dipendenti sui tetti: "Controllate i conti". Servizio alla paralisi, provincia appiedata. Scontro sull'azienda sulla messa in liquidazione

La sede dell'Eavbus di Agnano
(Pubblicato su Il Mattino del 6 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO Sono arrivati al quarto giorno di protesta e non mostrano alcuna intenzione di mollare. Sono i lavoratori dell'Eav Bus, in particolare autisti e meccanici che attendono ancora il pagamento dell'ultimo stipendio. Sono saliti sul tetto della sede della holding, ad Agnano venerdì scorso. Striscioni contro i vertici della società, ma anche solidarietà incassata da moltissimi studenti arrivati ieri mattina per solidarizzare. L'ultima promessa da parte dei piani alti dell'Ente Autonomo Volturno risale a mercoledì: le spettanze di ottobre saranno pagate entro questa settimana. Non si fidano però i dipendenti che hanno sfidato anche la pioggia. «Purtroppo noi dipendenti paghiamo scelte sbagliate fatte da amministratori incompetenti - attaccata Renato Izzo della Fais-Cisal - Non è questa la strada da percorrere. Oggi siamo noi a pagare le inefficienze create da altri. Qui gli sprechi abbondano, ma a caricarseli sulle spalle sono i dipendenti, nonchè i viaggiatori». In agitazione sono gli addetti al trasporto su gomma. Oltre 600 i mezzi a disposizione dell'azienda. Di questi però meno del 40 per cento circolano regolarmente. I restanti sono fermi per guasti, vetustà e mancanza di fondi. Alcuni però potrebbero circolare. Sono quelli a trazione elettrica fermi però nei depositi. «Questo è un esempio lampante degli sprechi di questa azienda - aggiunge Renato Izzo - Basti pensare che ci sono mezzi elettrci tenuti in officina perchè hanno le batterie scariche, ma vengono comunque pagate le fatture per le relative ricariche». Intanto le ripercussioni per i viaggiatori non si sono fatte attendere. Nella giornata di ieri, visto lo stato di agitazione di tantissimi macchinisti del settore «gomma», i bus circolanti sono stati a Napoli ed in provincia meno del 10 per cento. Solamente gli utenti di Benevento e Castellammare di Stabia non hanno subito ritardi e disagi. Il muro contro muro tra lavoratori ed Eav si sarebbe potuto evitare. Così la pensa la stessa holding: «Noi abbiamo dato tutte le rassicurazioni sula pagamento degli stipendi che saranno saldati entro il giorno 9. Nonostante questo e addirittura dopo un ulteriore incontro con le parti, i lavoratori hanno voluto proseguire con questa forma di protesta che non condividiamo. Dicono di essere preoccupati per la messa in liquidazione della società, quando invece questo è da considerare uno strumento valido per attivare tutte le procedure che possano risolvere le problematiche di natura economica. Tra queste anche l'accesso ai fondi di solidarietà, nonchè l'avvio di un piano di rientro. Inoltre, i nuovi due commissari appena arrivati sono già al lavoro per cercare di trovare nel più breve tempo possibile le soluzioni adatte». Venerdì, dunque, dovrebbero arrivare i pagamenti degli stipendi. Non sarà così per i buoni pasto, il cui rilascio appare per ora accantonato. La protesta non si ferma. L'occupazione, seppur pacifica, del tetto della sede Eav di Agnano (che sei giorni fa venne anticipata da quella dei vicini binari) potrebbe espandersi anche ad altri settori in crisi, come il trasporto su ferro ed in particolare quello gestito dalla Sepsa: Cumana e Circumflegrea. Un primo assaggio del malumore che serpeggia tra i lavoratori lo si è avuto all'indomani del deregliamento di un carrozza a Pozzuoli: treni fermi per almeno sette ore e migliaia di viaggiatori fermi alle stazioni.

domenica 28 ottobre 2012

Casa della Maternità mai aperta, ma in ospedale è record di cesarei. La struttura realizzata con oltre un milione di euro. L'Asl 2 ne farà uffici

Record di parti cesarei a Pozzuoli
(Pubblicato su Il Mattino del 25 ottobre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO  Quasi due donne su tre fanno ricorso al parto cesareo, facendo crollare verticalmente il dato percentuale dei parti naturali e tutto mentre la Casa della Maternità, realizzata da anni, rischia ora di sparire. Risucchiata
dall'esigenza di ottimizzare gli spazi e ridurre i costi. Lì dove dove ci sarebbero dovuti essere letti per le donne in procinto di partorire e un ambiente familiare del tutto simili ad un'abitazione, presto verranno realizzati uffici amministrativi. Saranno quelli dell'ospedale Santa Maria delle Grazie di cui la Casa della Maternità è un'appendice posta a pochi metri di distanza. Doveva essere lo «strumento» per cercare di arginare il fortissimo aumento del numero di parti cesarei che a Pozzuoli non ha fatto altro che aumentare negli ultimi 10 anni. Oggi nella città flegrea il ricorso al cesareo viene scelto dal 62 per cento delle donne, mentre la media nazionale è attorno al 38. Dietro, ovviamente, ci sono costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale sempre crescenti. Nonostante le direttive del Ministero della Salute che già nel 2001 intendeva porre un freno ai parti non fisiologici. La giunta Regionale, meno di un anno fa, si era espressa nella stessa direzione, recependo quanto contenuto nelle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della quantità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo». La Casa della Maternità di Pozzuoli nasceva proprio su queste basi. Costo totale 1.260.756 euro, di cui poco più di un milione finanziato da Palazzo Santa Lucia ed il restante con fondi Asl. Nel 2004 la posa della «prima pietra». Quattro anni più tardi la struttura era pronta a far nascere, una volta a regime, anche 500 bimbi l'anno. Di bambini, però, non ne sarebbero mai nati in quella sede. Pochi mesi dopo la consegna degli arredi, infatti, l'Asl decise che provvisoriamente lì andavano collocati i letti del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Sarebbero dovuti rimanere per 90 giorni. Ed invece di anni ne sarebbero trascorsi altri due, fino al settembre del 2010. La struttura tornò ad essere la stessa per la quale era nata. Soltanto in teoria, però. In pratica le cose sono andate ben diversamente. La «maglia nera» del parto cesareo la indossa Pozzuoli, paradossalmente tra i pochi comuni ad essersi dotato di una struttura che avrebbe dovuto promuovere il parto fisiologico, oramai dimenticato da puerpere e medici da queste parti. Il «ritorno all'antico» aveva come obiettivo il raggiungimento del 20 per cento di parti cesarei. Oggi il dato è di tre volte superiore. La direzione centrale dell'Asl Napoli 2 Nord si appresta a mettere lì parte dei suoi uffici amministrativi, cambiando di fatto la destinazione iniziale della struttura. Alla base della decisione ci sarebbe soprattutto la carenza di personale specializzato che sarebbe stato gestito dal Dipartimento Materno Infantile dell'azienda sanitaria. Servivano almeno 12 ostetriche, 6 infermieri e 6 assistenti  tecnico-amministrativi, con la presenza diurna di almeno uno psicologo, di un assistente sociale e degli addetti alla pulizia. Esigenze e costi a cui l'Asl non può farvi fronte. Dai piani alti dell'azienda sanitaria fanno però sapere che la Casa del Parto non sparirà e che si tratta soltanto di una scelta provvisoria.

venerdì 26 ottobre 2012

Sciopero selvaggio, treni fermi: Sepsa nel caos. Allarme sicurezza, dopo il deragliamento i dipendenti restano a casa. L'azienda: valuteremo sanzioni

Uno dei "cartelli" apposti alle stazioni Cumana e Circumflegrea
(Pubblicato su Il Mattino del 25 ottobre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO «Il servizio è sospeso per problemi tecnici». E' stato questo il laconico comunicato che in migliaia, ieri mattina, hanno letto all'ingresso delle stazioni delle due linee su ferro della Sepsa: Cumana e Circumflegrea. A decretare lo stop totale ai treni sono stati alcuni lavoratori dell'azienda dopo quanto accaduto il giorno prima alla stazione Cappuccini di Pozzuoli, con un convoglio deragliato e finito contro una banchina. Nessuno sciopero concordato con le sigle sindacali nè tantomeno preavvisi agli utenti. Studenti e lavoratori si sono dovuti arrangiare alla meno peggio per raggiungere le proprie destinazioni. «Mancanza di materiale» si leggeva altrove, tra le 32 stazioni rimaste deserte per l'intera mattinata. Lo sciopero selvaggio è iniziato dalle prime corse dei treni ed è proseguito fino alle 12 e 30. Inutile chiedere informazioni a chi era rimasto nelle biglietterie o di presidio ai passaggi a livello: «Non sappiamo nulla». E nulla hanno saputo anche le sigle sindacali. «Siamo contrari a queste forme di protesta - spiega Mario Salsano, segretario generale della Filt Cgil Campania - proteste che non fanno altro che mettere gli uni contro gli altri  lavoratori e utenti, verso cui nutriamo massimo rispetto. Non sapevamo di questa forma di sciopero. Siamo per il rispetto delle regole e non ci sono stati nè preavvisi nè accordi. Comprendiamo la rabbia dei lavoratori, ma non  sono questi i modi». Una stop alle corse per decine di treni, che di fatto ha lasciato a piedi migliaia di utenti, ma «giustificato» dai dipendenti che hanno incrociato le braccia per questioni di sicurezza. La paura tra i lavoratori è che quanto accaduto martedì possa ancora ripetersi. A pagare, però, è stata soprattutto l'utenza, già messa a dura prova da continui ritardi e problemi di natura tecnica agli elettrotreni. La Sepsa, intanto, sta decidendo il da farsi: «Stiamo valutando ogni singola posizione dei lavoratori che hanno bloccato un servizio pubblico. L'azienda deve evitare ad ogni costo che ciò avvenga, sforzandosi per garantire all'utenza il servizio, ma anche per evitare pericolose tensioni sociali». Tensioni che ieri mattina sono state evidenti all'esterno delle stazioni, con viaggiatori inferociti per uno stop deciso all'improvviso e senza alcuno accordo con i sindacati. Furioso anche il sindaco di Bacoli Ermanno Schiano che ha chiesto spiegazioni alla società di trasporti su quanto è accaduto lungo le due linee gestite dalla Sepsa. Intanto proseguono i rilievi tecnici sul convoglio deragliato, «trasferito» in officina. Da chiarire ancora le cause del grave incidente, fortunatamente senza feriti. In Procura è è stata inviata anche un'informativa redatta dal commissariato di polizia di Pozzuoli su quanto accaduto. Al momento non risultano ipotesi di reato. Restano in piedi le tre «piste»: guasto meccanico ad uno dei carrelli ruote; oggetto di grosse dimensioni finito sui binari o cedimento della massicciata. Quest'ultimo avrebbe potuto comportare una flessione dei binari al momento del passaggio del convoglio e la conseguente «uscita di sede» del treno. 

giovedì 25 ottobre 2012

Cumana choc, il treno "sale" sulla banchina. Terrore a Pozzuoli: carrozza deraglia entrando in stazione. Nessun ferito, rabbia e polemiche

Passeggeri "in fuga" dal treno appena deragliato
(Pubblicato su Il Mattino del 24 ottobre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO Un forte boato, il treno che si arresta salendo sulla banchina e inclinandosi di alcuni gradi su un fianco. La paura è stata molta sul convoglio diretto a Montesanto che alle  14.28 ha arrestato la propria corsa a circa 30 metri dalla stazione Cappuccini. Fortunatamente nessuno tra gli oltre cento passeggeri che in quel momento stava viaggiando sul treno è rimasto ferito. Soltanto un grosso spavento che però ha riguardato anche le tante persone che abitano nelle palazzine che costeggiano le linea ferrata, ad un passo dal lungomare di via Napoli. Il rumore sordo e le forti vibrazioni arrivate a far tremare le pareti delle case ha fatto pensare al peggio. Non si trattava però di una scossa di terremoto. Nessun fenomeno di bradisismo, ricordo diffile da cancellare da queste parti. Chi si è affacciato alla finestra ha invece notato i passeggeri che si allontanavano dal treno in tutta fretta, anche se il pericolo era oramai passato. Cosa abbia causato il deragliamento lo si potrà sapere con certezza soltanto una volta che il convoglio sia arrivato in cantiere. Le operazioni di rimozione sono iniziate un paio d'ore dopo l'incidente. Intanto da piazzetta Cumana veniva subito attivato il servizio «navetta» sostitutivo. L'intera tratta compresa tra le stazioni di Pozzuoli e Gerolomini è stata ovviamente chiusa al traffico. Il treno, secondo quanto è stato ricostruito fino ad ora dai tecnici, viaggiava a bassissisma velocità. Era in procinto di fermarsi alla stazione e già in fase di frenata, concomitanza che ha contribuito a far sì che nessuno riportasse ferite. Danneggiata invece la banchina e una pensilina. Il treno si è inclinato sul lato opposto a quello che ha invece colpito in pieno il marciapiede in cemento. Escluso che il deragliamento sia stato dovuto ad un guasto ad uno scambio. Nel tratto interessato dall'incidente, infatti, si è in «piena linea», così come hanno spiegato i tecnici. Due, a questo punto, le ipotesi: un oggetto di grosse dimensioni finito sui binari o un guasto meccanico ad uno dei «carrelli ruota». Come detto, sarà soltanto dopo che il convoglio arriverà in officina che verrà fugato ogni dubbio. Ad uscire dai binari è stato il vagone di coda del treno di testa. In quel momento, infatti, viaggiava un convoglio doppio, come sempre all'ora di punta. Sotto accusa, ancora una volta, finisce la vetustà della linea ferrata e dei treni. Una tratta «maledetta» quella puteolana della linea Cumana. Il 20 giugno scorso un treno «tecnico» deragliò poco prima della galleria Monte Olibano, tra le stazioni Dazio e Gerolomini. Nessun operaio rimase ferito. Il 27 marzo un principio d'incendio ad uno dei pantografi mise in fuga centinaia di passeggeri all'interno della stessa galleria. Quattro invece i feriti nel marzo del 2008, quando un'auto venne travolta in pieno da un treno. Nel luglio del 1972 l'incidente più grave, con tre morti e decine di feriti, dopo lo scontro frontale tra due convogli. «Ho verificato di persona che per un puro e fortuito caso non si è registrata una tragedia - spiega il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia - Pur comprendendo le enormi difficoltà economiche della Regione e gli sforzi che sta compiendo il governatore Caldoro per risolvere il deficit, esprimiamo la nostra preoccupazione sullo stato generale di manutenzione dei convogli e della linea ferroviaria. Non è ammissibile varare altri tagli che vanno a colpire la manutenzione e, di riflesso, la sicurezza di utenti e lavoratori della Sepsa». «Non è possibile che studenti, lavoratori e famiglie debbano rischiare la propria incolumità viaggiando su linee di trasporto ormai insicure ed obsolete - dichiara il sindaco di Bacoli, Ermanno Schiano - Nel 2012 non possiamo più accettare tanta precarietà».

venerdì 19 ottobre 2012

Maxiparcheggio verso l'apertura, all'inizio sarà gratis. Il 27 in via Gerolomini

Non ancora decide le tariffe, per i primi 10 giorni sarà gratis
(Pubblicato si Il Mattino del 18 ottobre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO (Pozzuoli) Verrà aperto alle auto il 27 ottobre, dopo anni di attesa e infinite polemiche. Il parcheggio multipiano di via Gerolomini in realtà è stato completato già da tempo, ma non ha mai superato i collaudi effettuati dalla commissione regionale. Ora tutto è pronto. Poco più di una settimana, dunque, per l'offerta di ben 330 posti auto su uno dei nodi nevralgici della viabilità puteolana. E' ancora allo studio la «formula» che adotterà l'amministrazione comunale per ciò che riguarda le tariffe. Inizialmente il parcheggio sarà fruibile in maniera del tutto gratuita. Il periodo di sperimentazione, però, non dovrebbe superare i dieci giorni. Si passerà poi alla sosta a pagamento. Attualmente, in tutta la città, la tariffa di sosta sulle «strisce blu» è di un euro all'ora. All'interno del parcheggio multipiano potrebbero essere applicati gli stessi prezzi. C'è poi ancora da stabilire la modalità di gestione del multipiano. Per il momento pare che, almeno nella fase sperimentale di apertura, debbano essere i lavoratori socialmente utili ad occuparsi della struttura. Lasciato per lungo tempo al suo destino, il parcheggio multipiano - costato oltre 9 milioni di euro - ha subito furti e danneggiamenti. L'ultimo durante l'estate. Centinaia di cavi di rame, per un valore di circa 20mila euro, furono portati via. Stesso destino anche per le «manichette» antincendio. Ai furti e agli atti vandalici si  sono poi aggiunti nel tempo altri «guai», come il sollevamento delle guaine poste sul tetto che ha comportato continue infiltrazioni d'acqua all'interno, ma anche l'ira del sindaco Figliolia. Il primo cittadino si rivolse direttamente al governatore Stefano Caldoro chiedendogli di adoperarsi affinchè la ditta che aveva realizzato la struttura provvedesse anche a riparare i danni. L'apertura del multipiano potrebbe decongestionare sensibilmente il traffico sull'arteria del lungomare, tra le più trafficate del capoluogo. Tutto ciò mentre il nuovo piano traffico per la città è oramai in dirittura d'arrivo. Le novità più importanti riguarderanno i nuovi sensi di marcia. Come quello unico che da via Matteotti - al capo opposto del lungomare rispetto al parcheggio multipiano - consentirà alle auto unicamente di salire lungo via Marconi in direzione della Solfatara. Altra novità sostanziale sarà il divieto di transito in via Cavour. Le auto verranno bloccate all'altezza della sede della Capitaneria di Porto, anche se, visto il rischio di nuovi ingorghi, si sta pensando ad un blocco già sul lungomare Cristoforo Colombo. Il nuovo piano traffico ha visto la collaborazione anche della Facoltà di Ingegneria dell'università Federico II. Rilievi dei transiti e studi di fattibilità hanno poi portato a stilare un lungo elenco di interventi potenziali. Alcuni di questi potrebbero vedere la luce nel medio periodo, come l'allargamento della Zona a Traffico Limitato che potrebbe inglobare anche corso Garibaldi. Restano irrisolti alcuni «nodi», come l'apertura parziale del molo Caligoliano, oggi disponibile soltanto nei fine settimana e che offre altri importantissimi posti auto. Per il momento sembra essere destinato al dimenticatoio il parcheggio «area archeologica» di via Solfatara che avrebbe potuto offrire altri 60 posti, tra i quali quelli per 8 autobus. Intanto il conto alla rovescia per l'apertura del multipiano è già scattato, anche se tra gli addetti ai lavori continua a serpeggiare il più classico dei «salvo complicazioni». Di «imminenti aperture» infatti ne sono annunciate fin troppe negli anni, con tagli del nastro puntualmente rimandati.

martedì 16 ottobre 2012

Le telecamere tolte al clan saranno usate dalla polizia

Una delle telecamere installate nella villa-bunker di Roberto Perrone
(Pubblicato su Il Mattino del 14 ottobre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - Sono stati subito confiscati i beni appartenenti fino a pochi giorni fa a Ferdinando Longobardo, fratello del boss Gennaro Longobardi. Presto saranno anche installati all'interno del commissariato di polizia di Pozzuoli. Due videocitofoni e un personal computer portatile saranno quindi utilizzati dagli agenti in servizio. Il 57enne, condannato per associazione di stampo mafioso e tentata estorsione aggravata, ha scontato 11 anni di carcere. Pena conclusasi nel marzo scorso, ma a cui è seguito il divieto di possesso di qualsiasi strumento che possa renderlo meno controllabile dalle forze dell'ordine. Il provvedimento è arrivato dopo la violazione della vigilanza speciale a cui è sottoposto l'uomo dal momento in cui ha lasciato il carcere. Ferdinando Longobardo si era recato allo stadio Domenico Conte di Arco Felice per guardare la partita della Puteolana, trasgredendo così i divieto di partecipazione a pubbliche riunioni. Videocitofoni e pc ora serviranno a chi si occupa di mantenere la legalità a Pozzuoli e nei restanti comuni flegrei. Longobardo non potrà nemmeno possedere telefoni cellulari. Non è una novità per il commissariato di Pozzuoli. In diversi uffici, infatti, sono in funzione monitor a cristalli liquidi una volta appartenenti a Roberto Perrone, ras del clan Polverino poi diventato, dall'agosto dello scorso anno, collaboratore di giustizia. Dopo aver scontato otto anni di reclusione per estorsione, per colui che è considerato l'ex braccio destro del boss Giuseppe Polverino era arrivato lo stesso provvedimento riguardante Ferdinando Longobardo. A Roberto Perrone era stato vietato di possedere apparati di comunicazione ricetrasmittenti, telecamere, giubbini antiproiettile e auto blindate. Nonostante l'obbligo a cui era sottoposto, però, gli uomini del commissariato di Pozzuoli scovarono nella sua lussuosa villa di Quarto due telecamere con illuminatore integrato, tre microtelecamere, un videoregistratore, due telecomandi e tre monitor. Tutto il materiale venne confiscato, proprio come ora è accaduto nei confronti di Ferdinando Longobardo. Un sistema infallibile per controllare dall’interno della villa in via Campana tutto ciò che accadeva all’esterno. Da tempo parte della strumentazione portata via all'esponente di spicco del clan Polverino è installata al commissariato di polizia, come le telecamere di sicurezza che oggi vigilano all'esterno dell'ex teatro Sacchini. Strumentazione che presto si arriccherà anche del materiale portato via al fratello del boss Gennaro Longobardi.  

giovedì 11 ottobre 2012

Fratello del boss tradito dal tifo, stop all'uso di telefonino e internet

(Pubblicato su Il Mattino del 10 ottobre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - Gli è costata cara la decisione di andare allo stadio per guardare la partita della Puteolana. Per Ferdinando Longobardo, fratello del boss Gennaro Longobardi, si preannunciano tempi ancora più duri. Dovrà rinunciare a tutto ciò che gli consenta di «proteggersi» da occhi indiscreti, come quelli delle forze dell'ordine. Addio al telefono cellulare, al computer collegato ad internet e videocitofoni. La Questura di Napoli ha deciso che il comportamento dell'uomo - scarcerato lo scorso marzo dopo ben 11 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e tentata estorsione aggravata - andava in qualche modo punito. Il 57enne è un sorvegliato speciale, ma nonostante il suo «status», sedeva tra gli spalti dello stadio Domenico Conte di Arco Felice per assistere alla partita della sua squadra del cuore. Una chiara violazione del divieto di partecipazione a pubbliche riunioni. La denuncia che ne è scaturita è finita in Questura. Le «carte» riguardanti il fratello del boss parlavano chiaro. Contro di lui anche una denuncia rimediata pochi giorni dopo la sua scarcerazione. Era in compagnia di un pregiudicato. Ora non solo dovrà stare attento alle sue frequentazioni, ma anche a non possedere alcuno strumento che possa «proteggerlo» da polizia e carabinieri. Nessuna barriera fisica all'esterno della sua abitazione, così come dovrà rinunciare all'idea di dotarsi di un sistema di video-sorveglianza, ma anche di avere in casa giubbotti anti-proiettile. Nulla di nulla, dunque. L'auto sulla quale si troverà a viaggiare dovrà essere lasciata «immacolata». Nessuna modifica al motore tale da renderla imprendibile alle forze dell'ordine potrà essere effettuata, così come finestrini e sportelli dovranno rimanere come all'uscita dalla fabbrica. No a cristalli blindati e a lamiere rinforzate. In pratica Ferdinando Longobardo dovrà rimanere «controllabile» in ogni momento della sua vita, anche quando rimarrà da solo in casa. Una vita sommessa, dunque, quella che dovrà trascorrere il fratello del boss. Quest'ultimo, invece, è ancora detenuto. Lascerà il carcere nel 2014. Entrambi furono arrestati dopo il blitz che sgominò l'ala «storica» del clan Longobardi-Beneduce. Ne sarebbero passati altri 7 prima che i carabinieri arrivassero nuovamente in massa nel rione Toiano e a Monterusciello. C'erano altre 84 ordinanze di custodia cautelare da eseguire, tra i destinatari chi aveva preso in mano le redini dell'organizzazione. Il clan si era ricomposto. Ora, invece, è  di nuovo tutto cambiato. Lo è anche per Ferdinando Longobardo. 

mercoledì 10 ottobre 2012

Antenne beffa. Il comune tace, ok dalla Regione. Sì all'installazione dopo mesi di silenzi

La Ericsson potrà installare tre antenne a Pozzuoli
(Pubblicato su Il Mattino del 9 ottobre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - (Pozzuoli) Sono risultate tutte inevase le richieste che la società Ericsson aveva avanzato al comune per ottenere le autorizzazioni all'installazione di  antenne in città. A dare il «via libera» ci ha però pensato la Regione, di fatto sostituitasi all'ente locale che non si era premurato di fornire alcuna risposta. Il silenzio serbato da via Tito Livio ha di fato autorizzato l'importante marchio tecnologico all'installazione di tre antenne che verranno montate in viale Olivetti, in via Cupa Marcone e in via Gerolomini. A mancare erano le autorizzazioni paesaggistiche che avrebbe dovuto rilasciare la relativa Commissione comunale. Mesi di attesa per la Ericsson che, scaduti i termini massimi, ha deciso di fare intervenire direttamente la Regione. La prima richiesta di autorizzazione paesaggistica, quella riguardante l'antenna da installare in viale Olivetti, era stata inviata il 28 settembre di un anno fa. Un mese dopo era partita quella per l'antenna in via Cupa Marcone. Infine, l'autorizzazione per l'antenna di via Gerolomini il 15 dicembre dello stesso anno. Dal comune, però, non è mai giunta alcuna risposta. Attraverso tre distinti decreti dirigenziali, la Regione Campania ha dato il suo nulla osta, attivando una «procedura in via sostitutiva». La Ericsson potrà quindi installare le tre antenne, ma con alcune prescrizioni, così come emerge dai pareri rilasciati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Napoli e provincia. L'ente ministeriale ha chiesto che le antenne, in particolare quella che verrà installata in viale Olivetti «non intacchi in alcun modo il vicino esemplare di pino domestico». In via Gerolomini, invece, la Soprintendenza ha chiesto espressamente l'utilizzo di vernice verde non riflettente ed il divieto di illuminazione permanente notturna. Con queste prescrizioni la Ericsson, dopo l'ok della Regione, potrà quindi procedere alla realizzazione delle tre antenne che riguarderanno anche la tecnologia di ultima generazione «h3g». Il comune di Pozzuoli, dunque, sarebbe potuto intervenire concedendo o meno le autorizzazioni, ma il suo silenzio gli è costato una vera e propria sottrazione di una competenza in materia conferitagli da oltre 30 anni. Le tre antenne Ericsson - delle quali potrebbero beneficiare tutti gli operatori di telefonia mobile attualmente esistenti - si affiancheranno ad una altro impianto che dovrebbe a breve essere installato dalla Vodafone, nei pressi della stazione della metropolitana di via Solfatara, non lontano dall'Anfiteatro Flavio. Il noto marchio telefonico, dopo una lunga battaglia legale, è riuscita a spuntarla sia sulle due soprintendenze competenti (quella per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico di Napoli e Provincia e quella Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei) che sul comune di Pozzuoli. L'ente locale, attraverso la Commissione per il Paesaggio, aveva negato l'installazione dell'antenna basandosi su alcuni pareri contrari degli enti ministeriali. Secondo il Tar Campania, però, la decisione della commissione comunale era stata presa limitandosi «ad alcune considerazioni meramente apodittiche, senza valutare nello specifico la tipologia dell’intervento». La Sesta Sezione del Tar Campania, inoltre, sottolineò come nella stessa area sulla quale la Vodafone avrebbe voluto installare la propria antenna erano già stati rilasciati altri permessi simili e dunque non si spiegava il diniego. La sentenza del Tar bocciò di fatto il modus agendi del comune: «L’insufficienza della motivazione appare evidente laddove si consideri che l’amministrazione ha espresso un giudizio negativo in sede di procedimento di autorizzazione di una stazione radio base in un sito già interessato dalla installazione di altre apparecchiature similari»

lunedì 8 ottobre 2012

Acque reflue in mare, sigilli alla discoteca Tonga Village

(Pubblicato su Il Mattino del 7 ottobre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO  - Acque reflue finite direttamente a mare attraverso il «collettore borbonico». E' quanto ha accertato la polizia municipale all'interno della mega-discoteca Tonga Village di via Napoli, tra le più importanti dell'area flegrea. Dall'ufficio Annona del comune è arrivato l'ordine di chiusura dell'intera struttura. Al titolare della struttura, E.M. è giunta la notifica che vieta la cessazione di tutte le attività all'interno del complesso che affaccia sul mare. Mancanza di autorizzazioni agli scarichi, come previsto dal decreto legislativo in materia ambientale del 2006. Questo quanto contestato al titolare della discoteca che ora rischia una salatissima sanzione amministrativa, fino a 60mila euro. I controlli erano stati effettuati a metà settembre dagli uomini del comandante della municipale Carlo Pubblico. Ieri è arrivato l'ordine di chiusura. Le acque reflue della discoteca sarebbero finite non solo in un collettore senza alcuna autorizzazione, ma anche in un pozzetto non a perfetta tenuta stagna, così come prevede la legge. Dopo i controlli dei caschi bianchi è arrivato il sopralluogo della direzione dell'ufficio Ciclo Integrato delle Acque del comune di Pozzuoli. Nuovi guai, dunque, per la discoteca di via Napoli. A giugno era arrivata la sospensione delle attività riguardanti esclusivamente «l'intrattenimento danzante». L'autorizzazione amministrativa e la licenza di agibilità erano risultate «scadute» da nove mesi.

sabato 6 ottobre 2012

"La camorra non è sconfitta, città da rifondare". Parla Vincenzo Greco, commissario prefettizio di Quarto

Il prefetto Vincenzo Greco
(Pubblicato su Il Mattino del 14 settembre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - E' arrivato in città da poco più di un mese. Un tempo sufficiente per capire che sono tanti i nodi da sciogliere, tra conti in rosso, progetti che rischiano di finire nel dimenticatoio e soprattutto quello riguardante la presunta infiltrazione del clan Polverino all'interno della macchina comunale. Vincenzo Greco, il commissario scelto dal Prefetto Andrea De Martino l'agosto scorso alla guida del comune flegreo, dopo le dimissioni del sindaco Giarrusso, sa bene che il suo non sarà un compito facile. Un comune da tempo sotto i riflettori dell'Antimafia: «Quando ho saputo della mia destinazione ho accettato volentieri l'incarico - spiega Greco - Venivo da esperienze non facili, come Minturno a Vibo Valentia». Sempre sul campo di battaglia in prima linea? «Si, e ciò non mi spaventa affatto». Però Quarto non è comune «facile», la camorra, in particolare il clan Polverino, pare si trovi dappertutto, non crede? «E' senza dubbio così. A Quarto la camorra c'è». Per il boss Giuseppe Polverino sono stati chiesti 20 anni di carcere; altri 140 imputati attendono il processo. Basterà tutto questo per sconfiggere la camorra a Quarto? «Purtroppo no. Serve qualcosa di ancora più profondo, radicale. Bisogna partire dalla società, dalla mentalità delle persone che abitano qui tra cui tantissimi onesti. Occorre educare i cittadini alla legalità, offrendo loro servizi. E non dimentichiamoci dei più giovani. E' da loro che dovrebbe partire tutto». Sulle presunte infiltrazioni camorristiche al comune sta indagando la commissione d'accesso. «Non posso intervenire sul loro lavoro, io ho il mio da svolgere. Dico solo che sono tantissimi i documenti sui quali sta lavorando la commissione, tra cui pratiche riguardanti i permessi a costruire, in particolare quelli rilasciati a partire dal gennaio del 2011 fino ad arrivare ad oggi». Crede che il comune venga sciolto per infiltrazioni? «Su questo preferisco non rispondere». Come detto, i nodi da sciogliere sono diversi. Il primo scoglio è stato quello riguardante la Quarto Multiservizi con cui il comune ha un contenzioso che appare difficile da risolvere. «Sto incontrando spesso i vertici della società. Urge una vera e propria operazione verità. Il divario tra quanto il comune è convinto di dover dare alla Multiservizi (circa 4,4 milioni di euro, ndr) e ciò che invece vorrebbe ricevere la società è oggetto di approfondite analisi. La mia volontà è poter arrivare ad una soluzione pacifica». Evitare dunque di passare per il tribunale? «Certo, sarebbe una perdita per l'ente e per la società». Che rischio c'è che la Multiservizi fallisca? «Al momento è presto per rispondere. Ho dato un termine massimo per ricevere dai vertici un'analisi approfondita sui conti. Il 28 settembre l'operazione verità dovrà concludersi» Altrimenti? «Vedremo». Ci sono tanti progetti ereditati dalle passate amministrazioni che rischiano di non vedere più la luce. «Si, tra questi quello per la realizzazione di un rete fognaria del valore di 5 milioni di euro. Faremo presto partire una nova gara». All'ultimo bando si presentò una sola ditta, tra l'altro di Milano. Strano, considerando che di imprenditori edili a Quarto ce ne sono centinaia. Crede che la malavita organizzata possa aver influito su una così bassa partecipazione? «Non lo escludo». 

mercoledì 3 ottobre 2012

"Movida, divieto bis contro l'alcol - Il sindaco firma la nuova ordinanza. In rivolta i gestori dei locali notturni: vendite crollate"

(Pubblicato su Il Mattino del 2 ottobre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO -Pozzuoli. Aveva cessato i suoi effetti domenica notte, ma il sindaco Vincenzo Figliolia l'ha immediatamente prorogata. L'ordinanza riguardante la somministrazione di alcolici nei locali notturni durerà fino al prossimo 4 novembre. L'unica novità sostanziale prevista nel nuovo provvedimento riguarda i superalcolici che - esclusivamente di venerdì e sabato - potranno essere venduti fino alla mezzanotte e non più fino alle 22 così come era stato deciso lo scorso 20 luglio. L'ordinanza, dunque, resta pressocchè identica alla precedente. A far scattare la proroga, secondo l'amministrazione comunale, sono stati gli effetti notati durante il periodo in cui è rimasta in vigore. Episodi di violenza sarebbero calati sensibilmente, non solo nel centro storico, ma anche nelle zone più periferiche della città. Secondo il sindaco Figliolia che ha firmato il nuovo documento l'ordinanza avrebbe «ottenuto un forte e largo consenso popolare in modo particolare per quello che attiene l'aspetto della lotta ad una illegalità diffusa, per lo più legata a comportamenti posti in essere da giovani e ragazzi, anche minorenni, che, hanno fatto largo uso di bevande a contenuto alcolico nelle ore serali e notturne». Modifiche dunque «limitatissime» quelle previste nella nuova ordinanza, così come le definisce lo stesso primo cittadino. Eppure c'è chi il documento non lo ha atteso a braccia aperte. Sono soprattutto i gestori dei locali notturni che in molti casi hanno lamentato un drastico calo delle vendite che supererebbe il 50 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. «Mi sorprende non poco la decisione del sindaco di prorogare l'ordinanza - spiega Rosario Di Garofalo, a capo dell'associazione La Piazzetta e i suoi Vicoli e gestore di uno dei locali «storici» del centro storico - Davvero non mi aspettavo che dopo tanti tentativi per portare avanti le nostre controproposte, lui abbia deciso così, senza neanche interpellare i rappresentanti dei gestori. Ci aveva addirittura promesso che saremmo andati assieme dal Prefetto, ma nulla di tutto ciò è mai accaduto. Sono sconcertato anche perchè è innegabile che c'è stato un forte calo di vendite, che ha riguardato tutti, dal grande bar al piccolo locale». Il sindaco Figliolia, però, ha basato la volontà di riproporre in sostanza quanto aveva ordinato lo scorso 20 luglio in virtù degli effetti positivi notati fino ad oggi. «I fenomeni riscontrati nel recente passato - si legge nel documento - hanno subito una drastica riduzione sia in termini di valore assoluto sia in termini di incidenza rispetto alle ordinarie attività di vita quotidiana dei cittadini e degli abitanti del centro abitato della città». Durante la settimana, esclusi dunque venerdì e sabato, la somministrazione di bevande alcoliche superiori ai 21 gradi rimarrà vietata dalle 22. Nessun divieto per ristoranti e pizzerie, purchè il tutto sia contestuale al consumo di cibo ai tavoli. Le sanzioni per i trasgressori potranno arrivare fino a 500 euro di multa, con la possibilità di sospensione dell'attività da tre a quindici giorni nel caso in cui il gestore risultasse recidivo. 

domenica 30 settembre 2012

Lavoro nero al bar dell'ospedale. Blitz della Finanza, scatta l'inchiesta

Lavoratori  "a nero" per sostituire chi era in sciopero
(Pubblicato su Il Mattino del 29 settembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO - Stavano lavorando all'interno del bar dell'ospedale, in sostituzione di coloro che si trovavano in stato di agitazione. E' quanto ha scoperto la Guardia di Finanza ieri mattina all'interno dell'ospedale Santa Maria delle Grazie. Le fiamme gialle erano entrate nel nosocomio durante lo sciopero dei lavoratori della Campania Catering, società che si occupa del servizio mensa per i degenti e del bar. In totale una ventina di dipendenti, da mesi senza stipendio, che avevano proclamato la giornata di mobilitazione contro i vertici della ditta. Mentre i pasti per i pazienti dell'ospedale venivano comunque assicurati da altro personale, il bar sarebbe dovuto rimanere chiuso. Ed invece dalla ditta di catering sarebbero stati inviati tre baristi, ma senza alcun contratto di lavoro. I finanzieri del comando di Pozzuoli, guidati dal capitano Michele Ciarla, hanno provveduto ad individuare i tre soggetti, oltre ad un quarto impiegato nel servizio mensa assieme ad altri quattro risultati in regola. Sono in corso ulteriori accertamenti da parte della Guardia di Finanza per stabilire eventuali responsabilità a carico delle ditta. Intanto la protesta dei lavoratori della mensa è andata avanti per l'intera giornata. «Per l’ennesima volta ci ritroviamo ad esprimere tutto il nostro dissenso e indignazione verso una società che come sempre preferisce mettere alle corde i propri dipendenti - affermano i rappresentanti sindacali dell'Ugl - lasciandoli senza stipendio dal mese di giugno». I lavoratori che ieri hanno proclamato lo stato di agitazione attaccano anche i piani alti della struttura ospedaliera i quali, secondo l'Ugl «non muovono un dito sapendo benissimo che siamo costretti a creare disservizi». La dirigenza dell'ospedale getta acqua sul fuoco: «Non c'è stato alcun disservizio fortunatamente. Tutto è stato assicurato grazie all'invio di altro personale da parte della società di catering». E tra questi anche i tre irregolari impiegati al bar e scoperti dalla Guardia di Finanza. I 20 lavoratori del servizio mensa e bar del Santa Maria delle Grazie hanno soltanto da poco ricevuto lo stipendio di giugno, ed in cambio la promessa del pagamento di un'ulteriore mensilità e mezzo entro le prossime due settimane, ma «senza garanzie per il restante degli stipendi dovuti». Non hanno intenzione di arrendersi: «Siamo disposti a lottare per i nostri diritti e faremo tutto il possibile per ottenere quello che ci spetta». Tra chi ieri mattina ha scioperato assieme ai colleghi anche Marco Musto, 27 anni,sindacalista Ugl che lo scorso giugno venne aggredito da uno dei titolari dell'azienda per la quale lavora, in occasione di un'altra giornata di mobilitazione. Curato immediatamente al pronto soccorso ne ebbe per dieci giorni. L'aggressore venne denunciato ai carabinieri.  

giovedì 27 settembre 2012

a Quarto i pm, allo stadio di Pozzuoli il fratello del boss

(Pubblicato su Il Mattino del 25 settembre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - Mentre a Quarto erano in corso i preparativi per la partita che vedeva impegnata la squadra locale diventata simbolo della lotta alla camorra, a pochi chilometri di distanza il fratello di un boss sedeva sugli spalti. E' accaduto allo stadio Domenico Conte di Arco Felice dove la Puteolana 1902 Internapoli affrontava l'undici del Pomigliano. Tra il pubblico un «ospite» davvero speciale: Ferdinando Longobardo, fratello del boss e capo indiscusso dell'omonimo clan, Gennaro Longobardi. Pochi anni di età e una vocale nel cognome a fare la differenza tra i due. Allo stadio «Giarrusso» di Quarto, il giorno dopo, sarebbero arrivati magistrati dell'Antimafia e rappresentanti delle istituzioni, tutti a sostegno della squadra la cui società è stata sottratta alla malavita organizzata. A Pozzuoli, invece, sugli spalti era seduto un sorvegliato speciale, condannato a 11 anni di carcere per associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata. Una condanna scontata per intero per il 52enne fratello del capo-clan Gennaro, detenuto dal 2001 e la cui scarcerazione è prevista per il 2014. Ferdinando Longobardo, invece, ha riassaporato la libertà nel marzo scorso. Per lui è immediatamente giunta la sottoposizione agli obblighi previsti dalla sorveglianza speciale. Tra i tanti divieti a cui deve sottostare quello di non frequentare pubbliche riunioni. Assimilabile a queste c'è anche un incontro di calcio in uno stadio che può ospitare migliaia di persone. Ferdinando Longobardo attendeva il fischio di inizio dell'incontro, ma qualcuno si è accorto della sua presenza. Erano gli agenti del commissariato, arrivati lì per vigilare sull'ordine pubblico. Il 52enne fratello del boss non ha opposto resistenza. Non credeva che un sorvegliato speciale non potesse frequentare uno stadio di calcio. Per lui è scattata una denuncia per violazione del regime restrittivo a cui era stato sottoposto appena lasciato il carcere. E' la seconda violazione per Ferdinando Longobardo. Appena una settimana dopo la sua scarcerazione fu sorpreso assieme ad un pregiudicato. Per il fratello del boss una nuova grana. Ferdinando Longobardo e Gennaro Longobardi furono destinatari, assieme ad altre decine di persone, di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Era il 13 maggio del 2001. L'inchiesta della Procura Antimafia di Napoli decapitava una fetta importante del clan. Undici anni dopo il nome dei Longobardi fa ancora parlare. Mentre a Quarto si giocano partite contro la stessa camorra. 

sabato 8 settembre 2012

Estorsione aggravata, in cella figlio del boss trucidato al Circolo Canottieri

La "strage del Molosiglio". Vennero uccisi il boss Di Costanzo e tre guardaspalle
(Pubblicato su Il Mattino del 6 settembre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - E' un vero e proprio «figlio d'arte», ma con mire ben diverse dal padre che per anni ha avuto nelle sue mani il potere criminale a Pozzuoli. Pasquale Di Costanzo, 36 anni, è stato arrestato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. E' uno dei figli di Giovanni Di Costanzo, «storico» boss barbaramente ucciso nel 1989 all'interno del Circolo Canottieri di Posillipo, nella così detta «strage del Molosiglio». Pasquale Di Costanzo aveva appena 13 anni quando è rimasto senza il padre. I precedenti e gli arresti non sarebbero mancati nella sua «carriera», fino all'ultimo arresto compiuto dalla polizia. Il 36enne si era recato presso un cantiere edile di Pozzuoli. Qui avrebbe chiesto di incontrare  chi dirigeva i lavori. La «richiesta» sarebbe stata fin troppo esplicita. O si pagava o il cantiere non sarebbe potuto rimanere aperto. Pasquale Di Costanzo avrebbe parlato a nome «degli amici di Pozzuoli», il più classico dei biglietti da visita della criminalità organizzata quando sta per scattare il tentativo di estorsione. Le indagini della Squadra Mobile sono arrivate all'individuazione dell'uomo, finito poi in manette e trasferito in cella. Non è la prima volta che Pasquale Di Costanzo entra in carcere. Diversi i precedenti del 36enne, tra cui l'arresto subito assieme allo zio Gennaro, oggi 43enne. I due finirono in manette dopo l'ultima rapina ai danni di un benzinaio di via Solfatara. Rapina aggravata a e continuata. Questa l'accusa per i due. Una famiglia nota soprattutto per il «potere» sul lungomare di via Napoli quella dei Di Costanzo, mai più ai vertici del clan dalla morte del padre Giovanni, ma sempre ritenuta influente. Rapine ed estorsioni. Queste le «specialità» dei componenti della famiglia. E poi fiumi di cocaina. Non da spacciare, ma da assumere. Arresti eclatanti quelli nei confronti della miriade di parenti di Pasquale Di Costanzo, tra cui quello per un'estorsione all'interno del cimitero di Pozzuoli. Nella rete finì la ditta che gestisce il servizio per l'illuminazione votiva. In manette Gennaro Di Costanzo. E poi ancora il controllo degli abusivi della sosta, sempre sul lungomare, così come quello dei lidi non autorizzati. Una «terra di confine» che negli ultimi mesi ha visto anche diversi ferimenti e gambizzazioni quella di via Napoli. Giovanni Ruro e Crescenzo Di Lauro, le ultime due «vittime», feriti entrambi alle gambe da diversi colpi di pistola esplosi da ignoti. Hanno raccontato di essere stati vittime di rapine, ma le loro versioni non hanno mai convinto del tutto le forze dell'ordine. Il lungomare di Pozzuoli, dunque, come cartina di tornasole dei mutati equilibri criminali in città. 

mercoledì 29 agosto 2012

Torna dalle vacanze e si ritrova villa abusiva nel giardino

(Pubblicato su Il Mattino del 26 agosto 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO - Vengono tirate su nello spazio di poche notti, al riparo da occhi indiscreti e soprattutto senza alcun permesso a costruire. Sono le tante abitazioni abusive che continuano a spuntare un po' ovunque, nonostante i controlli ed i sequestri da parte delle forze dell'ordine. Quarto torna a fare i conti con l'abusivismo edilizio, quello più «strisciante» e meno individuabile. In pochi giorni, però, ben cinque diverse strutture sono state scoperte e poste sotto sequestro dagli agenti della polizia muncipale, guidati dal comandante Castrese Fruttaldo. Durante i roventi giorni della settimana di ferragosto i caschi bianchi hanno setacciato le zone più impervie della città, scovando diverse strutture erette in pochissimo tempo. E' questa, infatti, la tecnica più collaudata dei «furbetti del mattone». La più imponente è stata individuata in via Russolillo. Una palazzina di due piani era stata realizzata senza alcuna licenza rilasciata dall'Ufficio Tecnico Comunale e pronta ad ospitare diverse abitazioni su una superficie di oltre 300 metri quadrati. Denunciata la proprietaria, B.G. 45enne quartese. Le operazioni di contrasto all'abusivismo edilizio erano iniziate con la scoperta di un villino unifamiliare realizzato con cemento e legno. Una sorta di baita da 100 metri quadrati, anche questa fatta realizzare da una donna, C.A. 63 anni, poi denunciata. In via Giorgio De Falco, in piena zona residenziale, una 36enne aveva addirittura aggiunto un piano all'abitazione che occupava, ricoprendo di cemento altri 60 metri quadrati di superficie. Gli agenti della municipale, poi, hanno fermato poco prima che entrasse in funzione un grosso forno a legna, realizzato di fianco ad un'altra abitazione e destinato alla panificazione abusiva, dal momento che licenze in tal senso non ne erano mai state rilasciate. Altri 40 metri quadrati di cemento finiti sotto i sigilli. In via Paratine, al confine tra Quarto e Marano, altra zona martoriata negli anni dall'abusivismo edilizio, il caso più estremo. Un uomo, di ritorno dalle vacanze assieme alla sua famiglia, si è ritrovato con un vicino di casa in più: a pochi metri dalla sua abitazione era stata realizzata, nei pochi giorni di assenza per le ferie, una casa di circa 100 metri quadrati, con tetto spiovente e pronta ad accogliere nuovi inquilini. Erano stati già realizzati gli allacciamenti alle reti idrica ed elettrica. Ovviamente in maniera del tutto abusiva. Un'estate all'insegna dei controlli e delle denunce, dunque. Un rientro «amaro» per alcuni dei denunciati che troveranno all'esterno delle abitazioni fatte erigere senza alcuna licenza soltanto i sigilli e una denuncia penale, con il rischio di dover pagare oltre 10mila euro di multa per ogni violazione.