domenica 24 novembre 2013

Arrestato 19enne. Rapinò farmacia. Insospettabile, fedina penale pulita. Ad incastrarlo il test del Dna. Bottino di mille euro

Pubblicato su Il Mattino del 23 novembre 2013 


di Alessandro Napolitano

POZZUOLI Insospettabile, dalla fedina penale immacolata. Ma ad incastrarlo è stato il test del Dna. Secondo i magistrati di Napoli è stato lui a rapinare una farmacia assieme ad un complice. In manette è finito Giuseppe Carnevale, appena 19 anni, residente nel quartiere di Monterusciello. L'arresto è avvenuto ieri mattina, eseguito dai carabinieri della compagnia di Pozzuoli. Gli stessi che da tempo indagavano sull'ennesimo «colpo» ad una farmacia della cittadina flegrea. Durante la fuga il giovane si era disfatto del passamontagna, poi raccolto dai militari. Il Dna prelevato dalla saliva del 19enne è risultato compatibie con quello rilevato sullo stesso passamontagna. Il giovane ora si trova rinchiuso nel carcere di Poggioreale. L'accusa è di concorso in rapina aggravata. I fatti risalgono allo scorso 30 aprile. Intorno alle 13, poco prima della pausa, un rapinatore fa irruzione all'interno della farmacia «Altavista» di via Miliscola, con il volto coperto. In mano impugna una pistola. Alla titolare, una donna di 43 anni, non resta che consegnare l'incasso della mezza giornata lavorativa. Il «bottino» sarà di circa mille euro. Il giovane rapinatore è atteso all'esterno da un complice in sella ad uno scooter. I due malviventi faranno però soltanto pochi metri. Il mezzo a due ruote infatti è in panne. Verrà abbandonato lungo la strada. Risulterà rubato ad un puteolano il giorno prima. Intanto i carabinieri iniziano la caccia all'uomo, perlustrando il dedalo di vicoli di Arco Felice che si diramano fino allo stadio Domenico Conte. I militari controlleranno anche la struttura sportiva, ma senza risultati. Intanto raccolgono quel passamontagna. La saliva lasciata tra le trame di lana sarà la prova schiacciate. Tanto da far scattare la misura restrittiva nei suoi confronti. Ora l'attenzione dei carabinieri è ovviamente tutta rivolta alla cattura del suo complice. Per la farmacia «Altavista» si trattava della terza rapina subita in un anno. E toccò in uno dei giorni più neri per Pozzuoli sotto questo aspetto. Poche ore prima, infatti, un negozio di telefonia nella centralissima piazza della Repubblica venne ripulito dai ladri. Portarono via merce per oltre 30mila euro.  

Doppio raid di vandali nelle scuole. I danni maggiori nel plesso elementare: rubati 20 computer, valore 15mila euro. Due incursioni in 24 ore

Pubblicato su Il Mattino del 22 novembre 2013

di Alessandro Napolitano 


POZZUOLI Porte forzate, vetri infranti, computer trafugati. E danni per migliaia di euro. E' di nuovo emergenza per la sicurezza delle scuole della città. A distanza di appena 24 ore, ben due plessi sono stati «visitati» da ladri e vandali. Il danno maggiore è quello registrato all'interno della scuola elementare e media Salvatore Quasimodo, nel rione Toiano. Oltre venti computer portatili sono stati portati via dal laboratorio. La stima dei danni è di circa 15mila euro. Nella notte tra mercoledì e giovedì è toccato poi al liceo scientifico Ettore Majorana di via Gatto, a Monterusciello. Questa volta i malviventi si sono «accontentati» di vandalizzare il piano terra dell'istituto. Spargendo la polvere estinguente lungo il corridoio principale del piano. Un'azione a quanto pare ad opera di «professionisti» dello scasso. Sarebbe infatti stato utilizzato una sega elettrica per tagliare le protezioni in ferro di uno degli ingressi. Poi è stata infranta una spessa lastra di vetro. Il sospetto è che si tratti di qualcuno che ben conosce la scuola e i suoi punti deboli. Ad essere sfondato, infatti, è stato l'unico ingresso dell'intera struttura privo di sistema antifurto. «Sono più che sicura che i miei studenti non c'entrino nulla» ha ripetuto più volte il dirigente scolastico del liceo Majorana. Niente lezioni ieri per gli oltre 400 studenti che si sono riuniti in assemblea straordinaria. Lo stesso istituto è stato teatro di innmurevoli altri atti vandalici nel recente passato. Uno dei quali finito con l'individuazione degli autori da parte dei carabinieri dopo un'indagine lampo. L'augurio che anche in questo caso si possa giungere all'identificazione dei vandali arriva anche dall'amministrazione comunale. «Esprimiamo la nostra solidarietà ai dirigenti scolastici - dichiarano il sindaco Vincenzo Figliolia e l'assessore alla Pubblica istruzione Alfonso Trincone - Purtroppo questi balordi, oltre a fare un danno economico, anche all'amministrazione comunale che è chiamata in causa con interventi di manutenzione, mettono a repentaglio la stessa attività didattica. Ci auguriamo che i responsabili siano individuati e giustamente puniti». Una sequenza infinita di atti vandalici e furti negli ultimi anni ai danni delle scuole puteolane. Tra i principali quello all'interno della scuola dell'infanzia Montessori, sempre a Monterusciello, lo scorso agosto. L'intero impianto elettrico, infissi, porte e rubinetteria per un valore di oltre 250mila euro vennero portati via. La scuola è tuttora chiusa. 

venerdì 22 novembre 2013

Gira filmino hard e il fidanzato lo diffonde in rete. Lei voleva fargli un regalo, lui pensa a un tradimento e pensa di punirla

Pubblicato su Il Mattino del 16 novembre 2013

di Alessandro Napolitano 



Un regalo per il suo fidanzato, qualcosa di olto speciale che sarebbe dovuto rimanere riservatissimo. Un video porno girato con il telefonino, a casa sua. Qualcosa però va storto e quei minuti di intimità finiscono sulla «rete». Un furto che la protagonista della vicenda e dello stesso filmino non sa spiegarsi. In poco tempo il video viene visto da decine, forse centinaia di studenti che frequentano la stessa sua scuola. Rabbia e imbarazzo è il minimo che può provare. Nulla però al confronto dei sentimenti provati quando scopre chi ha rubato quel video. E' stato il suo stesso fidanzato. Il motivo? Aveva sospettato di un tradimento ed aveva così deciso di vendicarsi. Ma sottovalutando ogni conseguenza, anche dal punto di vista giudiziario. Giovanissimi i due. Lei 19 anni, lui appena 18. Vanno a scuola assieme, uno degli istituti più frequentati della città. Di mattina tra i banchi di scuola e la sera, nei fine settimana, si esce con gli amici. Una vita come quella di tutti gli altri loro coetanei. Vissuta tra chat, social network e smartphone. E proprio con uno di questi ultimi lei decide di diventare la protagonista di un video di quelli vietati ai minorenni. Ma solo per la Legge, non per quella di internet dove invece spopolano siti porno del tutto gratuiti e fruibili da chiunque. Quei pochi minuti girati tra le mura di casa finiranno sul più popolare dei siti hard. La notizia inizia a circolare tra i banchi di scuola. In pochi giorni è già di pubblico dominio. La ragazza decide ovviamente di denunciare il tutto alle forze dell'ordine. Con lei, a seguirla, c'è il fidanzato. Assieme, anche in questa occasione. Dal cellulare qualcuno ha portato via la memoria esterna. Sul supporto digitale il video dello scandalo. Soltanto chi era a conoscenza del suo contenuto avrebbe rubato la sola memoria. Un ladro qualunque avrebbe portato via l'intero telefono. Tra gli studenti qualcuno capisce che la storia si sta mettendo male. E vuota il sacco. Il video hard c'è chi lo ha visto ben prima che finisse su un sito internet. Il cerchio si chiude. A trafugare le scheda di memoria il fidanzato di lei. Ad alimentarla altre voci, su un presunto tradimento. Lo ammetterà egli stesso. Quando oramai era troppo tardi.

Cinque donne nella banda degli usurai. Prestavano denaro a tassi impossibili, poi minacce e aggressioni. Nove gli arresti dei carabinieri

Pubblicato su Il Mattino del 20 novembre 2013  



di Alessandro Napolitano

Vera De Mari, ritenuta il capo della banda 
POZZUOLI A capo dell'organizzazione una donna. Con lei altre quattro che assieme a fratelli e cugini avrebbero approfittato delle disgrazie economiche di piccoli imprenditori, commercianti e persino disoccupati. Prestando loro somme di denaro che nel giro di pochi mesi e grazie agli interessi praticati, avrebbero assunto dimensioni tali da rendere impossibile la loro restituzione. A fare da cornice anche i legami di parentela con personaggi di spicco del clan Longobardi-Beneduce. Sono nove le persone arrestate ieri dai carabinieri di Pozzuoli. A guidare la banda di usurai Vera De Mari, 56 anni, cognata di Umberto De Simone, considerato dai pm dell'Antimafia di Napoli storico affiliato alla mala flegrea. In carcere sono finiti anche Silvio De Mari di 53; Gennaro De Simone, 38; Benedetta Pezzini, 55; Patrizia Auricchio, 54 e Donatella Savarese di 50. Agli arresti domiciliari si trovano Gustavo ed Emanuela De Mari, rispettivamente di 27 e 31 anni e Antonio De Simone, 59 anni. Minacce verbali, aggressioni e persino la richiesta di «accomodare» alcune delle rate in cambio di prestazioni sessuali. Auto di famiglia portate via con la forza così come telefoni cellulari, telefonate a qualsiasi ora, ma anche pestaggi. Tutti i mezzi erano utili ai componenti della banda per costringere le loro vittime a pagare in tempo e soprattutto a tassi di interesse che in alcuni casi erano del cento per cento. Le indagini - coordinate dalla Dda di Napoli - sono partite nell'autunno del 2012. Quando una delle vittime, stanca delle sempre più pressanti richieste di denaro, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri. Ne è nata un'indagine ancora più complessa e dall'effetto a catena. Durante la quale sono emerse nuove vittime da tempo finite nel giro di usura. E anche la particolare spregiudicatezza e violenza del presunto capo dell'organizzazione, Vera De Mari, che avrebbe addirittura urlato ad una delle vittime, dopo averla schiaffeggiata «Dì a questi bastardi dei tuoi amici carabinieri che io li tengo sotto le scarpe mie e che ho gente dietro di me. Non mi fanno paura, mi acchiappano: io nego tutto e tu vai in galera». C'era chi aveva chiesto piccole somme, poi lievitate enormemente. Chi, a fronte di un prestito di 40mila euro, dopo anni di pagamenti mensili, se ne ritrovava ancora altri 30mila da dover restituire. A finire nella rete anche imprenditori. Se non avessero pagato avrebbe perso i loro mezzi da lavoro. C'è anche chi è dovuto scappare dai parenti in Nord Italia per paura di ulteriori intimidazioni. Ognuno nella banda aveva un ruolo preciso. Gli ordini del «capo» arrivavano a chi doveva occuparsi del recupero del denaro e chi invece aveva il compito di spaventare le vittime. «Un giorno  importante» l'ha definito il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia ricordando proprio la nascita in città dello sportello antiracket e antiusura di Sos Impresa. Il cui coordinatore regionale dell'associazione, Luigi Cuomo, ha posto l'accento sulla «collaborazione delle vittime con le forze dell'ordine» che «aiuta gli inquirenti a fare prima e meglio il loro lavoro».

venerdì 8 novembre 2013

Assicurazioni, le false triplicate in due anni. Tagliandi ritoccati esposti sul parabrezza. Sistema con i tipografi. I truffatori scelgono piccoli centri e finti domicili. Già avviate altre inchieste e processi

Pubblicato su Il Mattino del 6 novembre 2013

di Alessandro Napolitano


POZZUOLI Più che raddoppiate rispetto ad un anno fa, oltre il triplo se confrontate al 2011. Sono impressionanti i numeri riguardanti le false coperture assicurative per i veicoli. Se l'anno scorso a Pozzuoli la polizia municipale aveva scoperto meno di 300 casi, nel corso di quest'anno i «furbetti» scovati sono già oltre 600. Un aumento esponenziale che fa riflettere. Da un lato un numero sempre crescente  di automobilisti che per risparmiare sui premi annui appongono falsi tagliandi ai parabrezza. Dall'altro le sempre più accurate indagini dei caschi bianchi che portano all'individuazione di falsi documentali in sempre minor tempo. Ad affinarsi, però, anche le tecniche dei truffatori. Tra questi anche brokers e in alcuni casi tipografi compiacenti inseriti e pieno titolo nel «sistema», così come già era emerso durante le indagini dei mesi scorsi. Tra i 600 automobilisti «beccati» dalla municipale a circolare con false assicurazioni, quasi tutti sono risultati residenti nella cittadina flegrea. Non per le compagnie assicurative però. A modificare i dati ci sarebbero i «tramiti». Tra questi piccole agenzie ed i loro intermediatori. Dopo aver scannerizzato i documenti del titolare della futura polizza - carta di circolazione e carta d'identità - questi verrebbero poi modificati ad arte. Mediante l'utilizzo di software per il fotoritocco. E così dalle documentazioni spariscono tutti i riferimenti alla provincia di residenza, Napoli, tra le più care d'Europa in fatto di assicurazioni auto. Molise, Toscana, Veneto e Friuli. Queste le regioni più «gettonate». Piccoli centri scelti dai truffatori come nuove e finte residenze. Dati che vengono poi forniti alle grandi compagnie assicurative che emettono le polizze. A prezzi notevolmente più bassi rispetto a quelli che verrebbero praticati se venisse indicato il capoluogo partenopeo come residenza. Il certificato assicurativo ed il talloncino da esporre sul parabrezza arrivano poi nelle mani degli automobilisti. Che però devono fare i conti con controlli stradali sempre più accurati da parte dei caschi bianchi. Dai meno di duecento casi riscontrati nel 2011 si è così arrivati agli oltre 600 nei primi dieci mesi del 2013. La media è di due «furbetti» al giorno scovati mentre sono al volante della propria auto. Ma ci sarebbero «vittime» persino tra gli stessi automobilisti. Certo la parte di gran lunga minoritaria tra quelli scoperti. Si sono affidati ad agenzie che a loro volta avrebbero operato nel modo appena descritto. Ma all'insaputa del cliente. Tra questi chi ha sborsato quasi duemila euro per ritrovarsi con una assicurazione del tutto fasulla. Salvo poi «rifarsi» nei confronti della stessa agenzia denunciando il tutto alle autorità. Le conseguenze per chi viene scoperto a circolare con assicurazioni taroccate sono pesantissime. Ad iniziare dal sequestro del veicolo, che rischia anche la confisca. C'è poi da aggiungere il ritiro della patente di guida per almeno 12 mesi ed il deferimento all'autorità giudiziaria. Falso documentale e truffa. Queste le ipotesi di reato contro cui devono difendersi i furbetti del talloncino. Alcuni sono già finiti sotto processo. Come i 18 rinviati a giudizio dopo le indagini condotte assieme al compartimento di polizia stradale della Campania e del Molise. Perquisizioni svoltesi anche in Molise e Toscana che portarono alla scoperta di società fittizie e di ben 4mila certificati di assicurazione «in bianco» con i loghi di diverse compagnie. Altri 400 coperture assicurative, invece, erano già state stipulate. Un filone d'inchiesta a cui ne sono seguiti altri. E che nel tempo ha visto finire sul taccuino casi che hanno anche fatto sorridere. Come il camionista che, fermato ad un posto di blocco senza avere esposto il talloncino, provvedeva ad inviarne uno al Comando nei giorni seguenti. Ovviamente falso.