martedì 21 ottobre 2014

BACOLI Cento cani prigionieri nell'allevamento degli orrori. Incatenati in gabbie sporche, alcuni feriti o ciechi. Nutriti con carcasse di animali morti

Pubblicato su Il Mattino del 15 ottobre 2014

di Alessandro Napolitano 



BACOLI Il latrato dei cani lo si sente ben prima di varcare la soglia di quella che sembra una innocua tenuta di campagna. Ma a tradire ciò che invece si cela dietro un piccolo orto è l'irrespirabile aria che proviene da quelle decine di gabbie. Al loro interno centinaia di animali. Quasi tutti in pessime condizioni di salute, malnutriti. Alcuni persino feriti o ciechi. Le loro zampe si muovono tra le feci mai ripulite, i loro movimenti limitati dalle catene. Un vero e proprio allevamento-lager quello scoperto dalla polizia di Stato a Bacoli. In via Silio Italico, però, ci era arrivato prima di tutti Antonio Colonna. Da 13 anni nell'Eital, l'Ente italiano per la tutela degli animali e del lupo. Da anni impegnato nella lotta contro le zoomafie. E' stato lui a denunciare l'inferno nel quale vivono quasi cento cani, oltre a capre, fagiani, faraoni, maiali, tartarughe e persino galli da combattimento. Tutto intorno un'insopportabile aria nauseabonda. Tra vermi, deiezioni ed insetti che si appiccicano addosso. Ad entrare per primi sono stati gli agenti del commissariato di Pozzuoli, guidati dal vice-questore aggiunto Pasquale Toscano. Una scena a dir poco agghiacciante quella che i poliziotti si trovano davanti ai loro occhi. In anguste gabbie cuccioli di cane di poche settimane. Tra questi piccoli di Yorkshire, spitz, chihuahua, volpini e pinscher. E poi ancora cinque mastini napoletani. Alcuni cuccioli sono legati a catene cortissime. Possono solo uscire ed entrare dalle loro gabbiette. Il loro sguardo tradisce la profonda sofferenza con la quale convivono fin dalla nascita. Nessuno tra questi animali, infatti, ha mai visto altro. Ad ogni metro un'agghiacciante scoperta. Sempre peggiore della precedente. Un percorso tra il sudiciume che finisce davanti a due grossi frigoriferi. Sono spenti e al loro interno un'altra raccapricciante scoperta. Carcasse di altri animali ricoperti di vermi. Probabilmente destinate a «nutrire» chi è ancora in vita. A pochi metri una vasca con del pane spugnato in acqua putrida. «Per me è solo una passione, non ci guadagno nulla» ha provato a difendersi il proprietario della struttura, un pensionato deferito all'autorità giudiziaria assieme alla moglie e ai due figli. Dovranno rispondere di pesanti accuse: maltrattamenti di animali, allevamento abusivo, commercializzazione e detenzione di fauna protetta e violazione delle norme igienico-sanitarie. Contro l'uomo, però, pesano altre due denunce. Come quella di somministrazione e detenzione di farmaci scaduti. Enorme la quantità di medicinali di ogni tipo rinvenuti all'interno di un sacco di plastica, tra i quali sono spuntati anche anabolizzanti e steroidi. E poi ancora armi. Cinque fucili ed una pistola detenuti nonostante le autorizzazioni non rinnovate. I guai per l'allevatore potrebbero non finire qui. La polizia municipale di Bacoli, infatti, controllerà l'intera area di circa 2mila metri quadrati. Alla ricerca di eventuali abusi edilizi. Sotto la lente alcune strutture ancora in costruzione. Non lontano, in un piccolo recinto, due tartarughe «testudo hermanni». Intanto è ancora incerto il destino dei tantissimi animali trovati nell'allevamento-lager. «In tanti anni di esperienza non mi era mai capitato di vedere nulla del genere - commenta amaramente Antonio Colonna dell'Eital - Il difficile, però, arriva ora. Gli animali chiusi qua dentro sono tantissimi, difficile trovare una sistemazione per tutti. Al momento non sappiamo dove collocarli. Probabilmente saremo costretti a trasferirli al Centro Italia. Qui,infatti, mancano strutture idonee». 

lunedì 16 dicembre 2013

Pacchi di Natale con droga: due arresti. Incensurati di 19 e 20 anni presi mentre fuggivano in scooter

(Pubblicato su Il Mattino del 14 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
Nella busta circa un chilogrammo di hashish

POZZUOLI Un trasporto a dir poco «eccezionale» quello che stavano per effettuare due giovani in sella ad uno scooter. Una busta di cartone, di quelle con disegni in stile natalizio. All'interno però non c'era alcun dono. Ma ben un chilogrammo di hashish, diviso in panetti di un etto ciascuno. A finire in manette e successivamente rinchiusi nel carcere di Poggioreale due incensurati, Luigi La Rota di 19 anni e Vincenzo Salvo di 20. L'accusa nei loro confronti è di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. A bloccarli sono stati gli agenti del commissariato di polizia di Pozzuoli. Dopo aver notato un'andatura spericolata dei due, all'esterno dell'ospedale San Paolo di via Terracina, i poliziotti sono intervenuti per fermare la loro corsa. Al passeggero, Luigi La Rota, non è rimasto che un tentativo disperato di evitare guai: gettare via la busta, convinto che i poliziotti non se ne accorgessero. Tutto inutile. Il «pacco» è stato infatti prontamente recuperato e una volta aperto si è capito che di natalizio c'era ben poco al suo interno. I due sono stati portati al commissariato puteolano, nel frattempo è iniziata la perquisizione domiciliare nelle due abitazioni dei fermati. A casa del più giovane, sempre nel quartiere di Fuorigrotta, gli agenti hanno rinvenuto altra droga. Ancora nove grammi di marijuana conservati in singole «dosi». I due, dopo aver espletato le formalità di rito a Pozzuoli, sono stati portati a Poggioreale. Mentre l'intero quantitativo di stupefacente è stato sottoposto a sequestro. Ma i guai non sarebbero finiti qui. Dai controlli effettuati sullo scooter è infatti emerso che questo era stato sottoposto anche ad un fermo amministrativo. Per il guidatore, Vincenzo Salvo, è scattata anche un deferimento per violazione del Codice della strada. 

Pane e farmaci, giro d'usura sui disperati. Sette arresti a Pozzuoli. Donne al vertice, mini-prestiti da 500 euro e tassi fino al 60 per cento




(Pubblicato su Il Mattino del 14 dicembre 2013)


di Alessandro Napolitano 

POZZUOLI Soldi per riuscire ad arrivare a fine mese. Per poter mettere un piatto a tavola. Erano queste le richieste di coloro che si sono rivolti a Lia o Nunzia. Nomi comuni, conosciuti e temuti nella zona, quella dei «600 alloggi», nel quartiere di Monterusciello. E' dalla periferia della periferia che arriva una nuova e drammatica storia di usura. E soprattutto di povertà. I carabinieri della compagnia di Pozzuoli, agli ordini del comandante Elio Norino, hanno eseguito ieri mattina all'alba sette ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Pasqualina Paola Laviano. Cinque riguardano donne. Si tratta di Purificata Avallone di 59 anni; Francesca Cuordifede di 38; Attilia Iovene di 58; Immacolata Varriale di 40 e Luisa Varriale di 28 (quest'ultima ai domiciliari) Con loro sono finiti in manette Gennaro Cuordifede di 63 anni e Gennaro Mele, 49. Devono rispondere di concorso in usura, aggravata dallo stato di bisogno delle vittime. Tra queste soprattutto casalinghe, spesso con coniugi senza un lavoro stabile e figli a carico. Prestiti di cinquecento euro, da restituire con interessi che arrivavano al sessanta per cento. Nel caso in cui la vittima avesse pagato in ritardo avrebbe dovuto versare altri trenta euro al mese «a perdere». A capo dell'organizzazione, secondo la Procura di Napoli, due delle donne finite in carcere: Purificata Avallone e Attilia Iovine, considerate le finanziatrici. A loro si sarebbero rivolte «casalinghe disperate», ma anche pensionate e commercianti in gravi difficoltà economiche. C'era persino chi si era rivolta agli usurai perchè oramai angosciata. Con tre figli da mantenere, uno dei quali anche disabile. E un marito che non  riusciva a portare a casa abbastanza soldi per tutti. Nella stessa rete era finita che un'altra donna che sognava un viaggio religioso, a Medjugorje. Ma una volta ottenuto il prestito, i soldi li avrebbe spesi invece per le cure mediche non più rimandabili. E poi ancora chi era in attesa della pensione e non sapeva più come tirare avanti. Le modalità erano sempre le stesse. Sei mesi di tempo per restituire le somme oltre gli interessi. Altrimenti scattava la «piazzata». Sarebbe stata soprattutto la Avallone, detta Nunzia, che se ne sarebbe occupata. Urlando il nome del «cattivo pagatore» in prossimità della sua abitazione. In modo che tutti potessero ascoltare. Le indagini subirono un'impennata quando i carabinieri perquisirono le abitazioni delle due coppie di coniugi arrestati: quella dei Mele-Cuordifede e dei Cuordifede-Iovine. In totale soldi contanti per oltre 20mila euro,libretti postali, assegni e soprattutto «pizzini» sui quali erano annotati i dati dei debitori. In totale oltre 40mila euro di «capitale» a disposizione. Le persone finite nelle rete degli usurai vennero ascoltate dai carabinieri. Inizialmente riluttanti, raccontarono poi le loro storie. Ieri mattina il blitz, conclusosi non solo con gli arresti, ma anche con il sequestro di automobili, moto e conti correnti. Così il sindaco Figliolia: «Disperazione e povertà rendono ancora più odioso il reato di usura».

La storia - In carcere i familiari dell'idraulico che morì salvando sue ragazzi

Al civico numero 3 di via Carlo Carrà abitava Ernesto Cuordifede, l'idraulico che nel luglio del 2012 si tuffò in mare per salvare due giovani in difficoltà. L'uomo morì annegato, davanti agli occhi della nipotina di pochi anni. Un eroe per l'intera città la cui figura, sperano tutti, non dovrà essere offuscata. Tra gli arrestati ci sono i suoi genitori, Gennaro Cuordifede e Attilia Iovine, la sorella Francesca ed il cognato Gennaro Mele. 



giovedì 12 dicembre 2013

il Comune contrae un mutuo per buttare giù immobili abusivi. Un capannone e una villetta, proprietari condannati. Costo dei lavori: 110mila euro. I fondi della Cassa depositi e prestiti. Poi pagheranno i proprietari. Il precedente un anno fa

(Pubblicato su Il Mattino del 11 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 


QUARTO Sono rimasti in piedi per anni nonostante fossero abusivi. Ma tra non molto entreranno in funzione le ruspe per il loro abbattimento. Sono due importanti manufatti realizzati senza alcuna concessione edilizia i cui proprietari sono stati condannati dal tribunale di Napoli. Il Comune di Quarto ha chiesto un mutuo per poter provvedere alla loro demolizione. Una cifra record per la cittadina flegrea. Alla Cassa depositi e prestiti è arrivata una richiesta di ben 110mila euro. Soldi che proverranno dal Fondo per la demolizione di manufatti abusivi ed utilizzati per il pagamento dell'azienda specializzata che si occuperà di ridurli in macerie. Ma i costi, in realtà, ricadranno tutti sulle spalle dei proprietari che dovranno restituirli una volta terminati i lavori. Tra le opere da abbattere c'è un capannone realizzato in una cava tufacea di via Spinelli. I carabinieri la sequestrarono già nel febbraio del 2006. All'interno i militari trovarono un grosso impianto industriale per la frantumazione di rifiuti speciali, come mattoni e altri scarti di lavorazioni edilizie. Sotto sequestro finì anche una pala meccanica e soprattutto una cospicua documentazione che accertò lo smaltimento abusivo dei rifiuti. Il titolare, un puteolano di 40 anni, è stato condannato dalla Sesta sezione penale di Napoli che ha disposto l'abbattimento della struttura. Serviranno 25mila euro. Ben maggiore, invece, è l'importo per la demolizione di una villetta abusiva in via Cupa Reginelle, realizzata da una donna di 53 anni. Due abitazioni su altrettanti livelli, oltre ad una cantina seminterrata su una superficie totale di oltre trecento metri quadrati. Di euro per l'abbattimento ne serviranno in questo caso 85mila. Come detto si tratta del più importante mutuo che il Comune di Quarto abbia mai chiesto per l'abbattimento di opere abusive. Il precedente record risale ad un anno fa e riguardava l'importo per abbattere una palazzina di via Cupa Monteleone: 80mila euro. L'opera venne realizzata da un 37enne ritenuto tra l'altro vicino al clan Polverino. Secondo i magistrati dell'Antimafia di Napoli, l'uomo avrebbe intrattenuto rapporti con personaggi di spicco dell'organizzazione criminale. Ed in più sarebbe un vero e proprio prestanome del clan, essendosi intestato un'auto di lusso riconducibile ad un altro affiliato storico dei Polverino. 

In agenzia vendute polizze taroccate. La truffa assicurazioni. A gestire era una donna incensurata di 38 anni. Perquisizione dei carabinieri. Denuncia di un automobilista. Usati marchi di note società

(Pubblicato su Il Mattino del 11 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
L'agenzia si trova a Licola

POZZUOLI Vendeva polizze assicurative false ed è stata sorpresa mentre ne stava per rifilarne un'altra ad un nuovo automobilista. Ad essere denunciata per truffa e ricettazione è stata una donna di 38 anni. Un'insospettabile, che mai fino ad ora aveva avuto guai con la giustizia e che gestisce un'agenzia di pratiche auto a Licola. Agenzia ora chiusa, dopo l'intervento dei carabinieri della stazione locale e della compagnia di Pozzuoli. Tutto era partito dalla denuncia di un automobilista che poco dopo l'acquisto di una polizza aveva iniziato a nutrire alcuni dubbi. Il guidatore si era così recato dai carabinieri, dando di fatto il via alle indagini. I militari, dopo aver accertato che il contratto assicurativo ed il relativo tagliando da apporre sul parabrezza fossero irregolari, hanno fatto «visita» all'interno dell'agenzia di Licola. Proprio nel momento in cui un'altra pratica stava per essere conclusa. Immediatamente è scattata la perquisizione nei locali. Non è servito molto tempo ai carabinieri per scoprire altre polizze «tarocche». In particolare si tratta di coperture assicurative temporanee. Di quelle della durata di cinque giorni. Nelle intestazioni diversi marchi di note società di assicurazioni auto e moto. Alcune di queste sono pubblicizzate su radio e tv come assicurazioni on-line. Con offerte vantaggiose rispetto a quelle classiche. Ed invece i vantaggi sarebbero stati tutti esclusivamente per la titolare dell'agenzia ora finita sotto sequestro. Le «case madri» sarebbero all'oscuro di tutto. I documenti, simili in tutto e per tutto a quelli originali, sono risultati senza alcuna copertura. In caso di sinistri, dunque, non ci sarebbe stato alcun indennizzo. Nel corso della perquisizione i militari hanno rinvenuto altre sei assicurazioni temporanee fasulle. Mentre altre 29 pratiche, ritrovate sempre all'interno della stessa agenzia, sono ancora al vaglio. Sotto sequestro anche una stampante e timbri che sarebbero stati utilizzati per «confezionare» le assicurazioni taroccate. Le indagini dei militari continuano. Ad essere ascoltati saranno i titolari delle altre assicurazioni false ritrovate negli uffici di Licola. Si spera così che altri acquirenti, ignari della truffa subita, possano rivelare altri particolari interessanti ed incastrare così la presunta falsaria. Indagini che inoltre potrebbero allargarsi a macchia d'olio, proprio come avvenuto nel recente passato. Un giro d'affari difficilmente stimabile quello che ruota attorno al falso documentale in ambito assicurativo. E che ha visto, in special modo a Pozzuoli, un aumento esponenziale dei casi poi scoperti dalle forze dell'ordine. In particolare dalla polizia municipale. A parlare sono i numeri. Nel solo 2013 le false assicurazioni scoperte sono state oltre 600. Nel 2011 erano state meno di 200. Un fenomeno in continua ascesa, così come ad evolversi sono state nel corso degli anni le tecniche utilizzate dai falsari. Dalla più rudimentale stampa dei documenti «fatta in casa», alla contraffazione dei documenti di base da inviare alle case madri. Indicanti residenze non veritiere, in modo da poter ottenere premi assicurativi notevolmente più bassi, e stampati su documenti originali. Ad insospettire una valanga di false residenze, concentrate in piccoli centri di Molise, Toscana, Veneto e Friuli. 

Rapinano camionista. Esplosa una fucilata

(Pubblicato su Il Mattino del 6 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 


QUARTO Avevano con loro anche un fucile che non hanno esitato ad usare. Un colpo sparato in aria, in pieno giorno. E' accaduto in via Masullo, dove una banda di rapinatori ha seminato il panico tra commercianti e automobilisti. Vittima del colpo un autotrasportatore. All'uomo hanno portato via i soldi appena da poco incassati, circa tremila euro. E' ancora spaventato l'autista del grosso mezzo quando racconta del grave episodio di cui è stato vittima. Non gli era mai accaduto prima d'ora di essere preso di mira dai rapinatori. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri sulla base della testimonianza rilasciata dalla vittima, ad agire sarebbero stati quattro malviventi. E' quasi terminata la giornata lavorativa quando l'autotrasportatore sta per salire sul suo mezzo. E' diretto ad Isernia. Qui ha il suo deposito di elettrodomestici. La stessa merce che ha da poco scaricato in un negozio di via Masullo. Tutto intorno altri esercizi commerciali. Ed il traffico sostenuto di ogni giorno. L'uomo fa appena in tempo a salire il primo «scalino» del suo camion. Ma un attimo prima di entrare nella cabina viene strattonato e trascinato giù. In due, con il volto travisato da berretti di lana e sciarpe, gli intimano di consegnare i soldi che ha con lui. Il camionista tenta di resistere per pochi secondi. Il comportamento della vittima mette in allerta altri due complici. Uno di questi imbraccia un fucile. L'arma viene puntata prima contro l'autotrasportatore e subito verso l'alto. Il rapinatore armato fa partire un colpo il cui boato viene sentito anche a centinaia di metri di distanza. Non tutti capiscono che si tratti di una rapina. C'è invece chi vede la scena con i propri occhi. Ma la vista dell'arma lo paralizza. In pochi istanti la banda arraffa il «bottino» e scappa via, con due automobili differenti. Non lontano ci sono vie valide di fuga, come la tangenziale e la statale 7 quater. Pochi gli elementi in mano ai militari. Nessuna telecamera installata all'esterno dei negozi della zona. Così come nessun bossolo. Il colpo di fucile, infatti, non ne lascia cadere. Di altre testimonianze utili alle indagini i carabinieri non sembrano averne. E nessuno pare abbia appuntato un solo numero di targa delle auto dei malviventi. 

Investito da scooter, muore dopo 24 ore. Alla guida del motorino una postina

(Pubblicato su Il Mattino del 5 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
L'incidente in via Solfatara

POZZUOLI E' morto ieri in tarda mattinata, dopo quasi 24 ore di agonia. I medici non hanno potuto fare nulla di più per salvare il 72enne Luigi Castellano, centrato in pieno da uno scooter guidato da una postina nel primo pomeriggio di martedì. Con lui, ad attravresare la strada sulle strisce pedonali, il nipotino di appena due anni. Il piccolo se la caverà in meno di una settimana. Ha riportato solo qualche ferita lieve alla testa, curata all'ospedale Santo Bono. Sull'incidente, verificatosi in via Solfatara al di sotto del ponte delle linea metropolitana, indaga la polizia municipale. Gli agenti agli ordini del comandante Carlo Pubblico hanno effettuato i primi rilievi e ieri, immediatamente dopo il decesso dell'uomo, hanno ricevuto l'ordine di sequestrare le due cartelle cliniche del pensionato. La prima all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, dove la vittima è stata trasportata in un primo momento. La seconda presso l'ospedale Pellegrini di Napoli, dove il 72enne è stato successivamente trasferito. La decisione di portarlo in altro nosocomio è stata presa dai medici dopo il repentino peggioramento delle sue condizioni. In un primo momento, infatti, non sembrava che il pensionato rischiasse la vita. Ma con il passare delle ore il quadro clinico è andato sensibilmente aggravandosi. Fino al decesso. L'uomo centrato dallo scooter è stato il primo a mettersi in contatto con i familiari, residenti a pochissima distanza. La moglie è corsa sul posto, trovandosi davanti agli occhi la drammatica scena. Il marito riverso sull'asfalto, dolorante e in stato confusionale ed il nipotino in lacrime in braccio ad una passante che continuava a ripetere il nome del nonno. Ferita anche la donna che era in sella allo scooter, ma fuori pericolo. Il mezzo a due ruote sul quale viaggiava l'addetta alla consegna della corrispondenza - un Piaggio Liberty 125 - è stato anch'esso sottoposto a sequestro mentre per la donna è oramai scontata l'iscrizione nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di omicidio colposo. Cordoglio ai familiari della vittima è stato espresso dalle Poste: «Si è trattato di una tragica fatalità. Aspettiamo che le indagini facciano il loro corso. Siamo vicini alla famiglia dell’anziano deceduto, ed anche alla dipendente». Indagini che permetteranno di far luce sull'esatta dinamica dell'incidente. La strada era perfettamente asciutta. Ma anche molto trafficata, visto l'orario di fine lezione delle scuole vicine. Inoltre, a poca distanza, era ferma una pattuglia della municipale intenta a dirigere il traffico e alla quale si sono aggiunti altri agenti. Sono stati questi a dirigere le operazioni in condizioni per nulla facili.