mercoledì 29 febbraio 2012

Rapinata di un chilo d'oro in casa e molestata. Ma era tutto inventato

(Pubblicato su Cronache di Napoli del 29 febbraio 2012)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Si è inventata tutto. Un'irruzione in casa da parte di balordi, il furto di un chilo d'oro, la violenza sessuale subita. Quella che poteva essere un'orribile vicenda consumatasi tra le mura domestiche non era altro che una bufala inventata di sana pianta. A raccontare  le due verità – quella iniziale che ha fatto scattare l'allarme e l'altra, successiva, nella quale ha ammesso di aver inventato tutto – una donna di 44 anni, residente nella zona “alta” di Pozzuoli. Per lei è scattata ovviamente una denuncia penale per simulazione di reato. Tutto ha avuto inizio con una telefonata alla polizia. La 44enne ha raccontato che mentre si trovava in casa, tre uomini erano riusciti ad entrarvi. Erano violenti. Dopo aver rovistato tra i mobili dell'abitazione, i tre malviventi erano riusciti a trovare ciò che più aveva valore e che aveva ben nascosto: un lingotto d'oro del peso di un chilogrammo che, se rivenduto, avrebbe potuto fare “incassare” poco meno di 40mila euro. Non solo la donna aveva subito una rapina in casa, ma era stata anche violentata. Per rendere la sua storia più credibile, la 44enne non ha esitato a farsi vedere da una vicina di casa in forte stato di ansia. All'arrivo della polizia nei pressi della sua abitazione, la 44enne sembrava davvero aver subito tali angherie. Ha raccontato anche che le erano stati strappati via i vestiti da dosso. Gli agenti, però, dopo pochi minuti dall'inizio di quello che sembrava un atroce racconto, iniziano a sospettare che nemmeno una parola di ciò che la 44enne aveva raccontato corrispondesse a verità. I vestiti che diceva le fossero stati strappati via, infatti, erano ben riposti nella camera da letto. Dinamica dell'irruzione, comportamento dei tre “presunti” balordi. Tutto era colmo di incongruenze. Una storia, dunque, che faceva acqua da tutte le parti. C'era poi da stabilire come mai la 44enne custodisse in casa un lingotto d'oro, con il rischio – poi ben simulato – che qualcuno avrebbe potuto portarglielo via. Gli agenti hanno iniziato a dare una “controllatina” all'appartamento. Dopo poco è spuntato anche l'oggetto misterioso: il chilo d'oro massiccio, tra l'altro nascosto in un mobile. “Signora, ma lei ci sta raccontando la verità o si sta inventando tutto?” Una domanda ovvia quella che i poliziotti le hanno rivolto alla quale, dopo poco, è seguita l'ammissione. Era tutto falso. Sul perché si fosse comportata in quel modo, facendo scattare volanti della polizia precipitosamente corse verso la sua abitazione, la donna non ha saputo o forse voluto rispondere. La 44enne vive da sola, nonostante sia sposata. Potrebbe essere stata un irrefrenabile istinto di protagonismo o, peggio ancora, un modo come un altro per riempire la sua esistenza solitaria, magari movimentando un po' la sua giornata. Come detto, per la 44enne è scattata una denuncia per simulazione di reato. Quando il giudice la interrogherà, però, terrà senz altro conto anche della sua rapida ritrattazione. 

martedì 28 febbraio 2012

Spuntano i coltelli in discoteca, quattro feriti al Golden Gate di Pozzuoli

L'ingresso della discoteca Golden Gate
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 28 febbraio 2012) 

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) - E' di quattro feriti e sei denunciati il bilancio della rissa scoppiata al termine di una serata alla discoteca Golden Gate di via Campana. I motivi che hanno portato al ferimento di quattro persone sono ancora tutti da chiarire. Sul grave episodio stanno indagando gli uomini del commissariato di polizia di piazza Italo Balbo. Fortunatamente le persone coinvolte non hanno riportato ferite gravi. Il referto medico più "pesante" riporta una prognosi di 20 giorni. I sei denunciati per rissa aggravata sono di Marano, Secondigliano, Quarto e Pozzuoli. Hanno tutti un'eta compresa tra i 26 ed i 31 anni. Tra di loro ci sono anche due pregiudicati. Le indagini cercheranno di stabilire cosa ha fatto scattare la violenza all'interno di una delle discoteche più grandi della provincia. Sulla vicenda sarà ascoltato anche il gestore del locale notturno, così come al vaglio degli inquirenti passeranno le eventuali immagini riprese dalla telecamere a circuito chiuso installate all'interno e all'esterno della discoteca. Le volanti della polizia sono giunte in via Campana intorno alle 5,30 del mattino di domenica. Tre dei feriti, tutti di Marano ed incensurati, sono stati medicati all'ospedale Santa Maria delle Grazie. Le prognosi vanno dai 3 ai 20 giorni. Il più grave ha riportato una doppia ferita da arma da taglio all'addome e ad una spalla. Gli altri coinvolti, invece, sono stati colpiti agli arti inferiori e ad un braccio. Nessuno dei denunciati sembra aver fornito una versione dei fatti “convincente”. Mancano riferimenti a chi e perché abbia impugnato un coltello con il quale ferire altri coetanei. L'ipotesi fino ad ora più accreditata è quella più “classica” dello sguardo di troppo ad una ragazza facente parte di uno dei due gruppi che sono poi giunti allo scontro. Pare, inoltre, che da un iniziale diverbio tra le persone coinvolte, si sia passati alle lame quando però tutto sembrava essere terminato. Da chiarire, inoltre, se gli accoltellamenti siano iniziati all'interno della discoteca o nell'area parcheggio. La violenta scena difficilmente sarebbe passata inosservata, visto il gran numero di avventori che sabato scorso avevano deciso di trascorre la serata al Golden Gate. Alla polizia, però, pare che nessuno abbia raccontato particolari utili alle indagini. Potrebbero essere determinati, dunque, le immagini delle telecamere di sicurezza per l'individuazione di chi ha sferrato diversi fendenti alle vittime. Uno dei feriti, noto pregiudicato di Secondigliano, è stato individuato diverse ore dopo, mentre si accingeva a tornare presso la sua abitazione. Una volante ha notato l'uomo che aveva macchie di sangue sui pantaloni. Interrogato ha poi ammesso di aver trascorso la serata a Pozzuoli in discoteca. Tutti i feriti sono stati dimessi alcune ore dopo l'aver ricevuto le cure dei medici. Nessuno, dunque, è mai stato in pericolo di vita. Sono in fase di accertamento eventuali irregolarità amministrative del locale notturno.  


Questo il testo della richiesta di rettifica (ex art. 8 L. 47/48) che il legale del gestore del locale Golden Gate ha inviato alla redazione di Cronache di Napoli in data 14 marzo 2012, in merito ad un altro articolo sullo stesso argomento:  "La descrizione dei fatti ivi riportata non corrisponde a quanto effettivamente accaduto e rilevato. Ed infatti, l’estensore, dopo aver ripreso l’informativa del Commissariato di Polizia di Pozzuoli, aggiunge particolari e giudizi non veritieri. In particolare, preme rilevare che la rissa si è sviluppata sulla strada pubblica, in particolare tra la via principale - via Campana - ed il viale privato. Non corrisponde al vero, pertanto, che l’accaduto si è verificato all’interno dell’area di parcheggio del locale. Sia il documentale della video sorveglianza che quello fotografico confermano la erroneità dell"affermazione contenuta nell’articolo in questione. Peraltro, non risulta in alcun modo provato che tutti i soggetti coinvolti nella rissa descritta siano stati nella serata del 25.02.12 all'interno della discoteca Golden Gate ovvero in altro locale limitrofo (è noto infatti che via Campana ospita almeno 6 locali notturni) né tampoco che la Stessa rissa sia iniziata proprio all’interno del predetto locale. Quest’ultimo è un giudizio deir estensore che non rinviene conferma negli atti degli agenti intervenuti". 

lunedì 27 febbraio 2012

Monitor, alimenti per i poveri e persino tombini. Notte di razzia tra le strade di Pozzuoli

Scuola Pergolesi II, La porta "blindata" del laboratorio di informatica
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 25 febbraio 2012)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – L'ultima “visita” l'avevano fatta poco più di un mese fa. Questa volta, però, il danno economico è ingente. Dalla scuola media Pergolesi 2 di Monterusciello sono spariti nella notte ben 12 monitor a cristalli liquidi, la maggiorparte dei quali custoditi nel laboratorio di informatica. E' l'ennesimo furto registrato in una scuola di Pozzuoli negli ultimi mesi. Per il plesso di via Marotta è il quinto episodio del genere in sette mesi. Oltre ai monitor lcd, i ladri hanno portato via anche un videoproiettore ad alta definizione, acquistato di recente dopo il furto subito dalla scuola il 5 dicembre scorso. Danni per almeno 4mila euro questa volta. La scoperta è avvenuta ieri mattina, quando il personale amministrativo si è recato come ogni giorno alla scuola che ospita oltre 400 alunni. I malviventi sono entrati dall'ingresso principale, dopo aver letteralmente strappato una serratura blindata. Come primo obiettivo i ladri hanno avuto lo stanzino all'interno del quale si trovano i distributori di bevande. Anche qui via la serratura. Subito dopo sono entrati persino negli uffici della presidenza, rovistando tra gli armadietti chiusi a chiave e le scrivanie. Forse per la fretta i ladri hanno lasciato monitor, computer ed un fax per terra, ma il “colpo grosso” è stato messo a segno al secondo piano, sede del laboratorio informatico. La serratura era stata cambiata lo scorso 20 gennaio, in occasione del colpo non andato a segno,ma che comunque fece registrare la forzatura del cancello blindato. Da tutte le postazioni sono stati presi i monitor lcd ed un videoproiettore. I ladri hanno cercato anche di forzare le porte anti-panico della palestra, ma si sono dovuti arrendere. Il personale tecnico, infatti, memore di quanto avvenuto in passato, ha deciso di chiuderle mediante catene messe dall'interno.  Il 5 dicembre scorso, dopo aver divelto un'inferriata esterna, i ladri riuscirono a portare via ben 19 computer, tutti acquistati poco prima. L'8 febbraio era toccato alla Pergolesi I di via Annecchino, ad Arco Felice. Attrezzatura multimediale e personal computer. Era la terza volta dall'inizio dell'anno. Per tutte le scuole di Pozzuoli l'allarme lanciato dai dirigenti scolastici è lo stesso: servono fondi per l'installazione di sistemi antifurto e di videosorveglianza. Dal comune, però, pare che l'appello lanciato negli ultimi anni non abbia mai ricevuto tanta attenzione. Contemporaneamente al furto ai danni della Pergolesi 2, a poca distanza i ladri riuscivano ad entrare nella sede della Caritas, attigua alla chiesa Santa Maria degli Angeli. Il bottino ha riguardato gli alimenti stoccati in magazzino e destinati alle famiglie meno abbienti. Come se non bastasse dalla strada che porta all'ingresso della Caritas venivano rimossi ben dici “tombini” in ghisa, di quelli per l'acqua piovana. Una notte di furti di ogni genere, dunque, per il quartiere di Monterusciello, proprio come accaduto a gennaio per le scuole di Arco Felice. 

sabato 25 febbraio 2012

Droga, gettata dall'auto in corsa per sfuggire all'arresto. La storia della "bella" Marta

Marta Agnieszka  Kaczor
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 19 febbraio 2012) 

MARANO (Alessandro Napolitano) – Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite ieri, c'è anche Marta Agnieszka  Kaczor, una donna polacca di 31 anni il cui nome era già diventato noto per un episodio avvenuto nell'ottobre del 2009. La donna si trovava in auto con un suo connazionale, Rafal Strzalka, viaggiando nei pressi di Sinalunga, in provincia di Siena. Non si trattava di un viaggio normale. L'auto, infatti, era stata imbottita di hashish. Quando Rafal Strzalka capisce di essere inseguito dai carabinieri aprirà lo sportello dell'auto, facendo carambolare sull'asfalto la donna. Un tentativo per evitare l'arresto, costringendo i militari a  fermare la loro corsa. Non servirà. Il polacco verrà arrestato. Oltre al reato di traffico di stupefacenti, per l'uomo scatteranno anche le pesanti accuse di tentato omicidio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. L'uomo era entrato in un'area di servizio, nei pressi di Badia del Panio. Dopo aver scaraventato la donna fuori dall'auto iniziò una folle corsa sull'autostrada A1. La sua vettura, una potente Toyota, sfiorò i 200 chilometri orari. I carabinieri, dopo un lungo e difficile inseguimento, riuscirono ugualmente a bloccare il polacco. Nell'auto erano nascosti quattro borsoni contenenti circa 170 chilogrammi di hashish. La donna, dopo aver ricevuto le cure mediche, venne arrestata e rinchiusa in carcere. Il primo ottobre del 2010 i due vennero condannati dal tribunale di Sanremo.  Marta Agnieszka  Kaczor rimediò quattro anni di carcere, mentre  Rafal Strzalka quattro anni e cinque mesi. Secondo i magistrati dell'Antimafia l'operazione per l'importazione di quella partita di hashish avrebbe visto avere un ruolo fondamentale anche di altre due persone di Marano, tra cui Vincenzo Marzocchi, di 42 anni. "E stato dimostrato come i polacchi e il duo[...] abbiano dormito nello stesso albergo in Spagna e condotto insieme le trattative con soggetti marocchini stanziati in Spagna, per l’acquisto  dell'hashish - spiegano i magistrati - Infatti è stato accertato che [...] dopo aver concluso positivamente la trattativa, sono rientrati in anticipo a Marano di  Napoli per evitare qualsiasi tipo di coinvolgimento con il gruppo di polacchi, delegati al trasporto del narcotico in Italia. I puntuali e incontrovertibili elementi delle intercettazioni telefoniche sono riscontrati fedelmente dall’arresto dei due corriere polacchi con a bordo i 171,700  Kg di hashish". Gli inquirenti, poi, spiegano anche le modalità d'azione precedenti alla spedizione, con incontri durante i quali  "sono stati raggiunti gli accordi preliminari sulla nuova importazione da effettuare tra l'organizzazione magrebina, stanziata nel territorio iberico, e quella dei maranesi, come riscontrato sia dalle successive telefonate intercettate tra i vari indagati, sia dal positivo sequestro di 171,700 chilogrammi di hashish effettuato proprio ai corrieri polacchi". 

domenica 19 febbraio 2012

La Guardia di Finanza di Pozzuoli su Rai Tre. Puntata dedicata ad una delle più importanti operazioni contro la contraffazione di permessi di soggiorno

Guarda la puntata di "Sirene" del 9 febbraio 2012 dedicata all'operazione effettuata delle "fiamme gialle" di Pozzuoli. Indagini, intuizioni, appostamenti. Tutto seguito dalle telecamere di Rai Tre. Nel mirino una stamperia di falsi permessi di soggiorno

Di seguito l'articolo pubblicato su Cronache di Napoli il 19 novembre 2012 

I finanzieri nella tipografia di Pozzuoli

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Avevano messo su una stamperia clandestina nella quale venivano riprodotti con qualità eccellente falsi permessi si soggiorno, praticamente identici a quelli originali stampati dall'Istituto Poligrafico della Zecca dello Stato. In manette sono finiti Alessandro Monastero, tipografo puteolano di 35 anni e Giovanni Pullo, 33 anni, anch'egli residente a Pozzuoli ed impiegato presso l'ufficio postale di via Terracciano. Denunciato a piede libero anche un 58enne di Castelvolturno, F.R., ritenuto il committente dell'organizzazione. Ad eseguire l'operazione sono stati i militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Napoli, assieme ai colleghi del comando di Pozzuoli, guidati dal capitano Michele Ciarla. Quando le fiamme gialle hanno fatto irruzione nella tipografia clandestina, hanno sorpreso Alessandro Monastero in flagranza. L'uomo era alle prese con la stampa di migliaia di falsi permessi di soggiorno. 1282 erano già pronti e completati in ogni parte, mentre altri 2406 erano ancora in fase di stampa, ma di lì a poco sarebbero finiti sul mercato illegale, venduti anche a 5mila euro ciascuno. Secondo gli inquirenti, i falsi permessi di soggiorno stampati a Pozzuoli erano destinati a cittadini extracomunitari della provincia di Napoli e Caserta. Con i circa 4mila permessi di soggiorno pronti ad essere venduti, sarebbero stati ricavati oltre 18 milioni di euro, una cifra irrisoria, però, se confrontata alla “commessa” che la banda aveva appena ricevuto: ben 20mila permessi di soggiorno che una volta messi sul mercato avrebbero fruttato circa 100 milioni di euro. Un giro d'affari esorbitante, dunque, quello scoperto dalla Guardia di Finanza. Impressionanti, poi, sono state ritenute le tecnologie utilizzate all'interno della tipografia per poter riprodurre perfettamente i finti permessi si soggiorno. Oltre a macchinari  di stampa di altissima precisione, le fiamme gialle hanno ritrovato diversi barattoli di vernice “di sicurezza”, uno smalto particolare e costosissimo sensibile ai raggi Uva, ed utilizzato prettamente in ambito industriale o, appunto, nelle stamperie dello Stato. Praticamente impossibile, dunque, distinguere i falsi permessi di soggiorno stampati a Pozzuoli da quelli originali, anche all'occhio più attento. Determinante, dunque, è stata la tempistica dei militari, riuscendo a sorprendere il falsario in flagranza di reato e dunque prima che i finti documenti finissero nelle mani sbagliate. Complice di Alessandro Monastero è stato ritenuto un impiegato delle Poste, Giovanni Pullo. Nell'abitazione di questi i militari hanno trovato altri permessi di soggiorno fasulli e 140 marche da bollo “taroccate”. Non solo. Nel corso della perquisizione domiciliare sono spuntate fuori quattro scatole con il logo delle Poste e contenenti oltre 35 chilogrammi di corrispondenza mai inviata ai destinatari. Molte lettere, inoltre, erano state stracciate. Per Giovanni Pullo è scatta anche l'accusa di “sottrazione e soppressione di corrispondenza da persone addetta al servizio postale”. Giovanni Pullo e Alessandro Monastero sono stati tradotti nel carcere di Poggioreale, mentre il 58enne di Castelvolturno, colui che secondo la Guardia di Finanza, avrebbe svolto il ruolo di “procacciatore” di clienti, resta l'iscrizione nel registro degli indagati. Sotto sequestro è finita la tipografia di 60 metri quadrati nella quale venivano stampati i documenti falsi, le vernici speciali, quattro macchinari per la stampa e sette cliché in alluminio utilizzati per la riproduzione praticamente perfetta dei permessi di soggiorno.

L'impero dell'hashish e i suoi servitori. L'identikit del corriere perfetto

Il ritrovamento di oltre 200 kg di hashish al confine con la Francia
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 19 febbraio 2012)


MARANO
(Alessandro Napolitano) – Persone “pulite”, senza alcun precedente penale e disposte a guadagnare denaro trasportando quintali di droga nelle proprie auto. E' questo l'identikit dei corrieri utilizzati dal clan Polverino per il traffico internazionale di hashish. Un mercato con un giro di affari milionario e che ha permesso al clan guidato dal boss Giuseppe Polverino di creare un vero e proprio impero. Introiti incalcolabili reinvestiti poi in attività economiche, come negozi, bar, imprese edili. L'impero dell'hashish dei Polverino non sembra avere pari nel resto d'Europa, come entità. Da Marano alla Spagna, andata e ritorno. Non sempre però i “viaggi” finiscono bene per i corrieri ingaggiati dall'organizzazione. Polizia e carabinieri, infatti, nel tempo hanno messo a segno con successo operazioni che hanno portato ad arresti e a scoperte sensazionali. Come quella che nell'aprile del 2009 al confine tra Italia e Francia, quando furono scoperto oltre due quintali di hashish nel doppiofondo di un'automobile guidata da sue “insospettabili”, Domenico e Vincenzo Ruffano, nipote e zio e residenti a Pozzuoli e Quarto. La mattina del 7 aprile di tre anni fa i due uomini vennero bloccati dai carabinieri a Sanremo. Dopo aver notato che la ruota di scorta era stata posizionata direttamente sui sedili posteriori, i carabinieri decisero di portare la vettura in caserma. Qui, con l'ausilio dei vigili del fuoco, venne recisa una barriera di metallo che fungeva da nascondiglio nel quale erano stipati 225,72 chilogrammi di “fumo”. Dagli atti dell'inchiesta che ha portato all'emissione di nuove misure cautelari, in cui tra i destinatari ci sono anche gli stessi  Domenico e Vincenzo Ruffano, emergono nuovi particolari su quell'operazione. I due credevano di poter bypassare i controlli stradali attraverso diversi escamotage e di riuscire a farla franca. I corrieri dei Polverino, invece, erano finiti già nel mirino dei carabinieri che li stavano pedinando. Le indagini erano iniziate ben sei giorni prima dell'arresto. Il primo aprile 2009 i carabinieri iniziano a seguire un gruppo di quattro persone che dall'area flegrea viaggiano in direzione della Spagna, passando dalla Francia.  Domenico e Vincenzo Ruffano viaggiano su una Skoda. Come “staffetta” viene utilizzata una Mercedes con il compito di individuare eventuali posti di blocco, soprattutto al confine italo-francese. Al posto passeggero è seduto Pietro Zannella, anch'egli destinatario di una misura cautelare. L'auto di rientro dalla Spagna e imbottita di hashish inizia a percorrere strade provinciali e secondarie, per evitare i controlli stradali piuttosto frequenti sulle autostrade. L'auto staffetta oltrepassa più volte il confine, ripetendo sempre lo stesso giro. Il tutto avviene sotto gli occhi dei carabinieri in borghese che stanno seguendo le “mosse” dei corrieri. Dal finestrino passeggeri qualcuno cerca di capire se tra diverse auto in sosta possano esserci anche vetture “civetta” della forze dell'ordine. Sarà tutto inutile. Non appena la Skoda si fermerà in un parcheggio, i carabinieri interverranno circondandola e scortandola poi in caserma, dove verrà ispezionata con cura. Al suo interno, come detto, oltre due quintali di hashish nascosti in un doppiofondo. Era lo stupefacente destinato al clan Polverino che poi lo avrebbe distribuito a tutte le piazze di spaccio di Marano e Quarto, attraverso i suoi uomini. 

Clan Longobardi, "Quelli del Bivio" attendono la sentenza. Le richieste di condanna dei pm

Biagio Fruttaldo. Per lui i pm hanno chiesto 14 anni di carcere
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 18 febbraio 2012)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Dopo un anno di processo sono arrivate le richieste di condanna per cinque presunti estorsori legati al clan Longobardi-Beneduce, accusati di aver taglieggiato per anni un imprenditore di Bacoli, Maurizio I., testimone di giustizia. Gli imputati sono Carmine Riccio, Marcello Moio, Silvio De Luca, Ferdinando Marcellino e Biagio Fruttaldo. Le richieste dei pubblici ministeri sono pesanti. Per Biagio Fruttaldo la richiesta è stata di 14 anni di reclusione; per Riccio, detto “Peppe faccia verde” 12 anni; Per Moio 8 anni e 6 mesi; per  De Luca 12 anni e 6 mesi ed infine 6 anni per Ferdinando Marcellino. Secondo l'accusa i cinque avrebbero, ognuno con un ruolo differente, costretto l'imprenditore bacolese, titolare di un'autofficina per mezzi pesanti, a pagare diverse somme di denaro durante un lungo periodo, dal 2005 al 2009. Sarebbero state di circa mille euro le somme che l'imprenditore avrebbe dovuto versare agli uomini del clan, alle “canoniche” scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto. Questo sarebbe avvenuto fino al 2008. Nell'ultimo periodo, però, le richieste estorsive sarebbero raddoppiate, fino ad arrivare a 2mila euro. Nel processo che si sta avviando alla fase conclusiva e che si sta celebrando davanti ai giudici della Nona Sezione Penale Collegio A del Tribunale di Napoli, si sono costituiti parte civile lo stesso imprenditore, il comune di Bacoli, quello di Pozzuoli  e l'associazione antiracket “Sos Impresa”, tutti rappresentati agli avvocati Alessandro Motta e Alfredo Nello. Nell'ottobre del 2010 Carmine Riccio venne già condannato per associazione di stampo mafioso a 11 anni di reclusione, assieme ad altri sei affiliati all'ala quartese del clan, denominati “Quelli di fuori al Bivio”

venerdì 10 febbraio 2012

"Qualcosa a piacere", ma per il boss. Parcheggiatori, un altro affare per il clan

Il boss Salvatore Pagliuca
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 10 febbraio 2012) 

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Non solo la totalità di loro non paga mai un solo centesimo delle multe comminategli, ma alcuni sarebbero persino al soldo della camorra. Pagano per poter “lavorare” in determinati luoghi strategici della città, mentre altri sarebbero vere e proprie “pedine” messe in campo direttamente dai boss locali. A svelarlo sono alcuni collaboratori di giustizia, una volta appartenenti al clan Longobardi-Beneduce. Le loro dichiarazioni rese davanti ai magistrati sono molto dettagliate e offrono un quadro esauriente per poter affermare con certezza che l'affare della soste abusiva ha da sempre avuto un capitolo nei bilanci della malavita organizzata. Uffici pubblici, strade particolarmente affollate e persino ospedali. Il clan sa bene dove piazzare i suoi uomini che dietro quella che potrebbe apparire una semplice ed innocua richiesta di denaro, nascondono invece una vera e propria entrata di denaro per le casse dell'organizzazione criminale. Francesco De Felice, pentito del clan che dal 2009 ha iniziato a collaborare con la giustizia, ha raccontato che alcuni parcheggiatori di Pozzuoli erano "vicini e comunque imparentati con Partorina Arcone". La donna è la moglie del boss Salvatore Pagliuca, condannata lo scorso 21 settembre a 18 anni di carcere per associazione di stampo mafioso. Il marito, nella stessa occasione, ne ha rimediato 20. Lo stesso pentito, poi, parla di un altro parcheggiatore che lavorava nello spazzo antistante la sede dell'Inps di via Campana, il quale dava "100 euro a settimana a Salvatore Pagliuca, per essere autorizzato a fare il parcheggiatore lì". Successivamente, racconta sempre il collaboratore di giustizia, altri due affiliati al clan, i fratellastri Ferdinando Aulitto e Gennaro Sannino (condannati rispettivamente a 20 e 8 anni di carcere) hanno messo presso tali parcheggi persone di loro fiducia". Lo stesso pentito, poi, fa il nome di un altro presunto affiliato, pluripregiudicato "che era l’effettivo destinatario dei 100 euro per conto del Pagliuca Salvatore”. Il collaboratore spiega anche come gli uomini del clan abbiano "messo presso tali parcheggi persone di loro fiducia". Il pentito Antonio Perrotta fa invece riferimento al mercato ittico all'ingrosso, già finito nell'inchiesta del 2003 per le tangenti che gli operatori versavano al clan Longobardi-Beneduce. Nel piazzale del mercato un altro abusivo della sosta "faceva il parcheggiatore all'interno del mercato ittico". Questo "pagava una quota dei suoi introiti a Ferdinando Longobardo (fratello del boss Gennaro, ndr) e, qualche volta, dava anche a me circa un milione a settimana e qualche volta anche due". Altra zona “calda” per quanto riguarda la presenza dei parcheggiatori abusivi è quella all'ingresso del vulcano Solfatara. Il pentito Perrotta ha raccontato di un abusivo che "aveva fatto più di venti anni di carcere. Egli faceva il parcheggiatore sopra la solfatara ed è sempre stato un rapinatore". In pratica, a Pozzuoli, ma non solo, sarebbero numerosissimi i parcheggiatori abusivi che lavorano per conto della camorra. 

mercoledì 8 febbraio 2012

Ipercoop, sospeso il direttore. La direzione centrale:"Pronti a sanzionarlo con la massima severità"

(Pubblicato su Cronache di Napoli del 7 febbraio 2012) 

QUARTO (Alessandro Napolitano) - "Per il momento la conduzione dell’ipermercato di Quarto è stata affidata all’Amministratore Delegato di Ipercoop Tirreno". Ad annunciare il cambio di direzione dell'ipermercato di via Masullo chiuso sabato scorso dai carabinieri, è la direzione centrale dell'importante marchio della grande distribuzione, la quale non risparmia toni duri per una vicenda che rischia di rovinare l'immagine dell'azienda cooperativa. "In merito alla chiusura dell’Ipercoop di Quarto da parte dell’Autorità, Ipercoop Tirreno esprime innanzitutto il proprio rammarico per l’accaduto, per i disagi creati ai soci della cooperativa e ai consumatori, per il danno d’immagine che questa vicenda genera - dichiarano i vertici - Ipercoop Tirreno è parte del Gruppo Unicoop Tirreno che da sempre fa dell’attenzione alla sicurezza dei prodotti (riferita sia alla fase di produzione sia a quella degli ambienti di vendita) uno dei tratti distintivi del proprio modo di operare. Sono infatti numerosi e ripetuti nel tempo i riconoscimenti ottenuti dal Gruppo su questo fronte. Il primo impegno di Ipercoop Tirreno è ora quello di adoperarsi, in accordo con le autorità competenti, per la rapida riapertura dell’ipermercato. Ovviamente, nel caso in cui all’esito degli accertamenti ancora in corso, avessero a manifestarsi inadempienze o comportamenti soggettivi non conformi alle regole aziendali, gli stessi saranno sanzionati con estrema severità. Ciò al fine di riconfermare la tutela di valori per noi fondanti come la sicurezza alimentare e il rispetto delle regole aziendali". Estrema severità, dunque. E' ciò che promettono i piani alti dell'Ipercoop Tirreno, facendo implicito riferimento al comportamento del direttore 53enne della struttura quartese che, dopo che i carabinieri della tenenza di corso Italia gli avevano intimato di sospendere la vendita al pubblico degli alimenti “a rischio” in quanto insudiciati dalla presenza di alcuni gatti, ha violato i sigilli e permesso che centinaia di persone acquistassero i prodotti. Una sospensione dall'incarico, quindi, per il direttore che ora dovrà rispondere anche di un reato penale quale quello della violazione dei sigilli. Da una “semplice” interdizione parziale alla vendita si è passati alla chiusura totale dell'ipermercato, con un danno economico per l'azienda ancora non calcolato e con ripercussioni anche sugli altri operatori commerciali presenti nella così detta “galleria” del centro commerciale Quarto Nuovo. Da sabato, infatti, si è registrato un brusco calo di presenze dei visitatori, disincentivati a recarsi al centro commerciale proprio per la chiusura dell'Ipercoop, cuore del complesso commerciale. Ieri mattina alcuni lavoratori  impiegati all'interno dell'ipermercato hanno organizzato un sit-in, chiedendo ai vertici aziendali certezze circa la data di riapertura. L'intera vicenda, però, è ancora al vaglio della Procura di Napoli, la stessa che ha deciso per l'apposizione dei sigilli, sabato mattina. 

martedì 7 febbraio 2012

"Mi multi? E chi se ne frega!". Ecco perché i parcheggiatori abusivi possono ciò che vogliono

(Pubblicato su Cronache di Napoli del 3 febbraio 2012)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Una lotta impari, contro un “nemico” che non solo torna sempre al suo posto, ma non paga mai i verbali che collezione inesorabilmente. E' quella tra forze dell'ordine e parcheggiatori abusivi, tornati padroni in città dopo le campagne repressive dei mesi scorsi. A dir poco sconcertanti i dati riguardanti le loro morosità. Di tutti i verbali elevati nei loro confronti, in particolare dalla polizia municipale, per l'intero 2011 e in questo inizio di 2012,  nessuno di loro ha mai pagato un solo centesimo. In pratica lo zero per cento delle sanzioni amministrative emesse contro gli abusivi della sosta sono state assolte. Un'illegalità diffusa, dunque, che continua anche dopo che i caschi bianchi li hanno (temporaneamente) bloccati. Di poco inferiori alle 800 euro, le sanzioni amministrative elevate negli ultimi 13 mesi sono state di poco superiore a 40. In alcuni casi, però, c'è chi ne ha “collezionato” più di una. A conti fatti sono poco meno di 32mila euro che il comune di Pozzuoli avrebbe potuto incassare, ma che probabilmente non vedrà mai. Contro gli abusivi, dunque, solo armi spuntate in mano alle forze dell'ordine. Dopo averli individuati e sorpresi in flagrante, in fatti, agli abusivi della sosta può essere elevata soltanto una multa prevista dal Codice della Strada e nulla di più. Nessuno di loro, però, ha mai pagato alcun verbale, ma non solo. Pochi minuti dopo la contravvenzione, tutti gli abusivi tornano tranquillamente al loro “sposto di lavoro”, senza alcun timore di essere nuovamente “beccati”. Le sanzioni amministrative restano carta straccia. Non sono mancati, poi, casi estremi come quello riguardante un parcheggiatore che in passato era riuscito a farsi multare per ben 17 volte. Alla 18esima volta imprecò i vigili di non sanzionarlo, anche se le ragioni di una simile “preghiera” non sono mai state chiarite: non aveva mai pagato. Come detto, i parcheggiatori abusivi sono tornati ad invadere le strade della città. Dove la loro “pressione” è sempre più intollerabile da parte degli automobilisti è sul lungomare di via Napoli e nella zona del porto. Nei pressi del largo Cristoforo Colombo non è difficile imbattersi in vere e proprie squadre di abusivi che letteralmente circondano chi è intento a parcheggiare la propria vettura per raggiungere i numerosi ristoranti e locali notturni della zona. Una battaglia, persa, in partenza, dunque. A favorire il fenomeno, poi, un contributo fondamentale lo danno gli stessi automobilisti che, senza battere ciglio, continuano a pagare agli abusivi per la sosta, spesso preoccupati per eventuali danni alle auto che potrebbero essere arrecati se la “gabella” non fosse pagata nelle mani giuste. 

domenica 5 febbraio 2012

Violati sigilli e messi in vendita alimenti "a rischio". Ipercoop chiuso dai carabinieri

Ipercoop chiuso a tempo indeterminato
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 5 febbraio 2012)



QUARTO (Alessandro Napolitano) – Gli era stato intimato di sospendere la vendita di prodotti alimentari, dopo aver scoperto che alcuni gatti randagi si erano intrufolati nel deposito, mangiandone. Ma, nonostante il divieto, hanno consentito ugualmente che i clienti se ne approvvigionassero. E' accaduto all'Iperccop del centro commerciale Quarto Nuovo di via Masullo. I carabinieri della tenenza di Quarto hanno denunciato in stato di libertà il direttore della struttura commerciale “per aver messo in vendita sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione”, ma soprattutto per violazione dei sigilli. Da ieri mattina l'Ipercoop è chiuso al pubblico. Ancora incerta la data della riapertura. Tutto ha avuto inizio nella mattinata di venerdì, quando i carabinieri guidati dal maresciallo Antonio Flore, assieme al personale dell'Asl Napoli 2 Nord, avevano appurato che nella notte almeno cinque gatti erano riusciti ad intrufolarsi nei magazzini della struttura. I felini avrebbero preso d'assalto diversi alimenti conservati, per poi dirigersi direttamente ai banconi per il pubblico. Reparto carni, latticini, salumi e prodotti ittici. I gatti non avevano risparmiato nulla. Così come prescrive la legge, i carabinieri hanno disposto l'isolamento della zona di vendita di questi prodotti, mediante una banda bicolore e, contestualmente, vietato la vendita degli alimenti a scopo precauzionale. Nello stesso momento venivano sottoposti a sequestro preventivo circa 3 quintali di carne. Ciò avveniva intorno alle 12 di venerdì. Tutto sarebbe durato il tempo necessario alla così detta “sanificazione”, sie dei depositi che degli stessi banconi in cui sarebbero stati messi in vendita i prodotti. In pratica l'interdizione alla vendita si sarebbe risolta in una giornata, nulla di più.  Pare invece che già poche ore dopo l'operazione dei carabinieri, le bande bicolore fossero state tolte, permettendo così alla clientela di acquistare liberamente i prodotti alimentari “a rischio”. Prove schiaccianti dell'avvenuta messa in vendita dei prodotti e della riapertura al pubblico dei banconi frigo sono state le immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso dell'Ipercoop, acquisite il giorno dopo dai carabinieri, ma anche gli scontrini relativi alla vendita di carne, pari a circa 30mila euro. I carabinieri della tenenza di Quarto, a questo punto, sono tornati presso l'Ipercoop, sempre assieme al personale sanitario, appurando che le bande bicolore erano state ripristinate. Un tentativo, questo, probabilmente teso a nascondere che l'attività di vendita dei prodotti a rischio era stata messa in atto nonostante il divieto. Per il direttore dell'Ipercoop è quindi scattata una seconda denuncia, questa volta penale: violazione di sigilli, che si andava a sommare a quella del giorno precedente per la “messa vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione”. Di stucco sono rimasti in centinaia, tra i clienti che ieri mattina si sono trovati le saracinesche abbassate della struttura e di una rosticceria attigua. 





mercoledì 1 febbraio 2012

Polverino e Longobardi-Beneduce, patto d'amicizia tra i due clan?

Da sinistra: il maggiore D'Aloia, il procuratore Lepore e il colonnello Cinque

(Pubblicato su Cronache di Napoli il 5 maggio 2011) 

QUARTO (Alessandro Napolitano) – Due clan in teoria contrapposti che avrebbero fatto affari sul medesimo territorio, ma che invece hanno mostrato di nutrire un forte rispetto reciproco, finendo anche con l’accordarsi nei casi in cui gli interessi cozzavano tra loro. Tra il clan Polverino e quello dei Longobardi-Beneduce, dunque, i rapporti sarebbero sempre stati ottimi, anche lì dove l’occasione avrebbe potuto aprire una seria “crisi diplomatica”. Emerge dalle carte dell’inchiesta “Polvere” che ha visto finire in manette decine di presunti fiancheggiatori del clan di Marano, con numerosi arresti compiuti anche a Quarto, da sempre territorio “spartito” tra i due gruppi malavitosi. Gennaro Testa, ritenuto uomo dei Longobardi-Beneduce e collaboratore di giustizia dal 2010, racconta ad esempio di una vicenda in cui i due clan si sarebbero messi d’accordo su un’estorsione da compiere ai danni di un imprenditore che stava effettuando lavori a Pozzuoli, ma vicino al clan Polverino: "In una circostanza, ad esempio commentando la situazione che si era creata per la presenza anche del gruppo di Pagliuca e in particolare delle richieste del suo gruppo di soldi ad imprenditori già sottoposti ad estorsione da parte di Beneduce, riferirono di un'imbasciata che un imprenditore edile di Quarto [...] aveva mandato a Liccardi Salvatore, detto pataniello persona legata a Perrone Roberto. In particolare questo costruttore che stava eseguendo dei lavori su Pozzuoli [...] aveva avuto richieste di tangenti dal gruppo Pagliuca e pertanto aveva mandato a dire a quelli di Quarto che non avrebbe più pagato se non avessero sistemato fra di loro i contrasti in quanto non poteva pagare a clan diversi. Di questo fatto fu informato appunto il Beneduce Gaetano in una di queste riunioni e secondo quanto sentii dire dai tre dopo la riunione, il Beneduce aveva ordinato a Lello o pollo di parlare con questo Liccardo e dirgli che dovevano met-tersi d’accordo con gli uomini di Longobardi per trovare un accordo su come spartire i proventi delle estorsioni, altrimenti si rompeva l’accordo preso in precedenza di dividere comunque al 50% gli introiti". Ci sono poi le congetture di un altro pentito, Francesco De Felice che disse di essere sicuro che l’allora latitante Gaetano Beneduce si nascondeva proprio a Marano. A rafforzare la tesi dell’esistenza di ottimi rapporti tra i due clan, poi, c’è la stessa Antimafia partenopea: "Giova ribadire l’esistenza di un’alleanza criminale o, quantomeno, rapporto di ottima convivenza sul territorio di Quarto tra il clan Polverino e gli uomini del clan Beneduce-Longobardi tra i quali Carmine Riccio”.