Da sinistra: il maggiore D'Aloia, il procuratore Lepore e il colonnello Cinque |
(Pubblicato su Cronache di Napoli il 5 maggio 2011)
QUARTO (Alessandro
Napolitano) – Due clan in teoria contrapposti che avrebbero fatto affari sul medesimo territorio, ma che invece hanno mostrato di
nutrire un forte rispetto reciproco, finendo anche con l’accordarsi
nei casi in cui gli interessi cozzavano tra loro. Tra il clan
Polverino e quello dei Longobardi-Beneduce, dunque, i rapporti
sarebbero sempre stati ottimi, anche lì dove l’occasione avrebbe
potuto aprire una seria “crisi diplomatica”. Emerge dalle carte
dell’inchiesta “Polvere” che ha visto finire in manette decine
di presunti fiancheggiatori del clan di Marano, con numerosi arresti
compiuti anche a Quarto, da sempre territorio “spartito” tra i
due gruppi malavitosi. Gennaro Testa, ritenuto uomo dei
Longobardi-Beneduce e collaboratore di giustizia dal 2010, racconta
ad esempio di una vicenda in cui i due clan si sarebbero messi
d’accordo su un’estorsione da compiere ai danni di un
imprenditore che stava effettuando lavori a Pozzuoli, ma vicino al
clan Polverino: "In una circostanza, ad esempio commentando la
situazione che si era creata per la presenza anche del gruppo di
Pagliuca e in particolare delle richieste del suo gruppo di soldi ad
imprenditori già sottoposti ad estorsione da parte di Beneduce,
riferirono di un'imbasciata che un imprenditore edile di Quarto [...]
aveva mandato a Liccardi Salvatore, detto pataniello persona legata a
Perrone Roberto. In particolare questo costruttore che stava
eseguendo dei lavori su Pozzuoli [...] aveva avuto richieste di
tangenti dal gruppo Pagliuca e pertanto aveva mandato a dire a quelli
di Quarto che non avrebbe più pagato se non avessero sistemato fra
di loro i contrasti in quanto non poteva pagare a clan diversi. Di
questo fatto fu informato appunto il Beneduce Gaetano in una di
queste riunioni e secondo quanto sentii dire dai tre dopo la
riunione, il Beneduce aveva ordinato a Lello o pollo di parlare con
questo Liccardo e dirgli che dovevano met-tersi d’accordo con gli
uomini di Longobardi per trovare un accordo su come spartire i
proventi delle estorsioni, altrimenti si rompeva l’accordo preso in
precedenza di dividere comunque al 50% gli introiti". Ci sono
poi le congetture di un altro pentito, Francesco De Felice che disse
di essere sicuro che l’allora latitante Gaetano Beneduce si
nascondeva proprio a Marano. A rafforzare la tesi dell’esistenza di
ottimi rapporti tra i due clan, poi, c’è la stessa Antimafia
partenopea: "Giova ribadire l’esistenza di un’alleanza
criminale o, quantomeno, rapporto di ottima convivenza sul territorio
di Quarto tra il clan Polverino e gli uomini del clan
Beneduce-Longobardi tra i quali Carmine Riccio”.
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