lunedì 17 dicembre 2012

"Lucrino, una vendita abusiva". Il lago scippato torna al demanio. Nullo il titolo di proprietà esibito da un privato: acquirente risarcito

(Pubblicato su Il Mattino del 15 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano E' stata scritta molto probabilmente la parola «fine» sulla lunga vicenda riguardante la proprietà del lago Lucrino. Lo specchio d'acqua è dello Stato. Lo hanno ribadito i giudici del Tribunale superiore delle acque pubbliche, bocciando di fatto il ricorso in appello presentato dalla ex proprietaria del minore dei quattro laghi flegrei, Clotilde Schiano. La donna lo aveva venduto ad una società per 845mila euro. Ad acquistarlo la Elgea, nel settembre del 2005. Quel lago, però, non poteva essere oggetto di compravendita in quanto appartenente al demanio. Un'operazione di compravendita che aveva fatto scattare l'attenzione del Ministero per i beni e le attività culturali e della Provincia di Napoli. Meno di un milione di euro per acquistare un lago nato 4000 anni fa. In primo grado la sentenza era stata perentoria: il lago è di proprietà demaniale. A carico di colei che l'aveva venduto  era arrivato l'obbligo della restituzione della somma incassata dalla Elgea. Clotilde Schiano, però, non si era arresa, dedcidendo di continuare la sua battaglia legale. Conclusasi però con la conferma della decisione del Tribunale regionale delle acque pubbliche. La Elgea - che nel frattempo aveva effettuato diverse operazioni di bonifica del lago, con la rimozione di rifiuti e di scarichi abusivi - vedrà tornare nelle sue mani gli 845mila euro. Non avrà più il lago, però. Entrambe le parti arrivate l'una contro l'altra a «duellare» in tribunale avevano cercato di far dichiarare incompetente il Tribunale delle acque. Fu il sale presente nel lago, poi, a creare nuovi dubbi, soprattutto in merito all'applicazione delle leggi in materia. Non si trattava di uno specchio d'acqua dolce, ma di natura marina. A fare ulteriormente chiarezza era arrivata già da tempo la così detta «legge Galli», con una vera e propria pietra miliare sulla vicenda: «Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà». La sentenza che ora chiude definitivamente la questione arriva dopo anni di diatribe giudiziarie su un quanto meno «strano» caso di proprietà privata di un lago. Il Lucrino apparteneva alla famiglia Schiano di Bacoli da decenni. Nel 1961 e poi ancora nel 1972, 1976 e 1979, era stata però sottolineata dai giudici ordinari la proprietà privata dello specchio d'acqua, arrivando fino al giudizio della Corte di cassazione. Nel 1997, due anni dopo l'acquisto da parte della Elgea, la decisione viene confermata nuovamente. Ed invece tutto verrà ribaltato dal Tribunale regionale delle acque pubbliche, due anni fa. Cui è seguita l'ultima pronuncia. All'orizzonte, però, anche un ricorso in Cassazione.

Le reazioni

Il Wwf: "Giusto verdetto, ma ora lo Stato se ne prenda cura"

Per anni ha comunque beneficiato delle bonifiche della società che di fatto ne era diventata proprietaria, la Elgea. Per il lago Lucrino, da oggi, inizia però una nuova storia. Sarà lo Stato e prendersene cura. Questo è anche l'auspicio del mondo ambientalista. «La nostra speranza è che lo Stato non si dimentichi di questo importante lago - spiega Giovanni La Magna, assistente regionale del Wwf Campania - La proprietà pubblica è un impegno serio. E' bene infatti ricordare come il Lucrino sia una risosrsa enorme per la biodiversità, caratteristica che lo accomuna agli altri laghi dell'area flegrea (Averno, Miseno e Fusaro, ndr) Il lago in questione ha un valore inestimabile per ciò che riguarda l'habitat per tante specie animali e vegetali e lo è ancora di più per gli uccelli che qui vivono importanti fasi legate allo svernamento, alla migrazione e soprattutto alla riproduzione. Ciò che è stato fatto negli ultimi anni non basta. Tocca evitare che si ripetano i tristemente noti episodi di abbandono di rifiuti o di sversamenti abusivi di liquami. Questo è ciò che speriamo: che la proprietà pubblica del lago tenga al riparo questa risorsa da tutti i pericoli appena elencati».  A fare da «guardiano» negli ultimi anni ci aveva pensato proprio la Elgea, società privata. Una fortuna per un'area, quella flegrea, spesso finta proprio vittima dei privati «che hanno speculato non poco - aggiunge La Magna - attraverso l'abusivismo edilizio e altro». Una sorta di appello allo Stato affinchè la proprietà demaniale sappia essere all'altezza della situazaione, dunque, quella espressa dal Wwf Campania.

domenica 9 dicembre 2012

Bomba Maya, un Capodanno da fine del mondo. Maxisequestro della Finanza. Pozzuoli, in un capannone a poca distanza da abitazioni nascosti petardi micidiali

(Pubblicato su Il Mattino del 7 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano La sua esplosione non solo avrebbe ridotto in un ammasso di lamiere il capannone nella quale era stata realizzata, ma addirittura denneggiato le abitazioni vicine. E' la «bomba Maya», l'ultima invenzione pirotecnica che sarebbe finita sul mercato clandestino dei botti di fine anno. A scoprire la fabbrica è stata la Guardia di Finanza di Pozzuoli, al termine di un'indagine che aveva portato due settimane fa ad un altro rinvenimento simile, nel giuglianese. I militari del capitano Michele Ciarla hanno proseguito le loro ricerche, con appostamenti e pedinamenti. Fino a giungere in via Maria Goretti, stradina al confine tra Pozzuoli e Varcaturo. E' qui che un 42enne puteolano, S.L. sfruttava il capannone che originariamente utilizzava per conservare gli attrezzi e i macchinari per la sua attività di agricoltore. Di aratri e trattori, però, nemmeno l'ombra. Al loro posto tutto il necessario per la fabbricazione di botti proibiti, ma anche tanta marijuana. Una doppia attività per l'uomo poi finito in manette. Il 42enne è stato sorpreso mentre confezionava l'ultima «bomba». Poco prima aveva terminato quella pesante due chili, con un potenziale esplosivo impressionante. Bilancini, cartoni sagomati e cilindretti di plastica erano sparso ovunque. Oltre un quintale il peso complessivo dei botti sequestrati dalle fiamme gialle, per un valore di mercato di circa 50mila euro. Tra questi 15 esemplari di diverso peso di micidiali botti. E' quanto chiede il mercato clandestino: formati differenti a prezzi diversi a seconda della capacità esplosiva. La più leggera pesava mezzo chilo. Nulla a confronto alla «bomba Maya» che se esplosa avrebbe portato ad un effetto a catena devastante,  colpendo anche le abitazioni nelle quali vivono diversi parenti del 42enne arrestato in flagranza. In un sacco erano custoditi 13 chilogrammi di miscela esplodente, composta principalmente da cloruro di alluminio. All'interno del capannone non è stato trovato nemmeno un estintore che avrebbe potuto evitare il peggio in caso di principio di incendio. Nessuna misura di sicurezza, dunque, ma tante altre «sorprese» per i finanzieri. Come gli oltre due chilogrammi di marijuana già essiccata e nascosta in un sacco di plastica. Della stessa natura anche lo stupefacente ritrovato a casa del 42enne, assieme ad altri 116 grammi di hashish già incellophanato. La marijuana sarebbe stata messa ad essiccare nei mesi scorsi nel capannone poi finito nella rete della Guardia di Finanza. Una doppia attività illecita, dunque, per l'uomo che davanti ai finanzieri si è così giustificato: «Lo faccio solamente per vivere». Una dato che sta emergendo con sempre maggiore frequenza. Agricoltori che si prestano alla coltivazione di marijuana sui propri terreni. Come il contadino che a settembre finì in manette dopo che i finanzieri avevano scoperto che nel suo appezzamento di Monterusciello coltivava cannabis. Pesavano oltre un quintale le piante sequestrate e poi distrutte. Identico quanto scoperto a Torre Poerio e a via Campiglione, con il rinvenimento record si un fusto pesante 50 chili.

venerdì 7 dicembre 2012

Abbattuta terrazza abusiva nel ristorante preferito di Walter Mazzarri

(Pubblicato su Il Mattino del 5 dicembre 2012)

di Alessandro Napolitano  La prossima volta che Walter Mazzarri deciderà di godersi la cucina flegrea nel suo ristorante preferito potrà accomodarsi solamente nella sala interna. Da ieri mattina, infatti, è iniziato l'abbattimento della veranda del ristorante Europa Gambero Rosso. E' qui che l'allenatore del Napoli torna sempre volentieri. «Mi porta fortuna» ha sempre ripetuto il mister che a pochi metri dal porto è venuto a mangiare anche assieme all'intera squadra. Dopo anni di battaglie legali combattute a colpi di carte bollate, per la struttura è arrivato l'ordine perentorio di abbattimento della veranda. La struttura esterna che può ospitare 125 coperti è abusiva e va buttata giù. «Mi dispiace molto per ciò che il comune ha deciso, ma non posso farci nulla - racconta il titolare, Procolo Lubrano - Era stata realizzata 20 anni fa, su suolo che all'epoca era considerato demanio marittimo. Dopo il passaggio delle competenze al comune, però, mi è stato chiesto di sanare la situazione. Ho cercato di fare tutto il possibile contro la contestazione che mi era stata mossa, ma alla fine è andata così. A nulla sono valsi domande e progetti alternativi presentati al municipio. Il problema serio, però, è che ora dovrò mandare a casa anche quattro camerieri e un cuoco e tutto mentre stiamo combattendo anche questa crisi economica. Mazzarri? Lui viene da sempre qui e continuerà a farlo». Un'occupazione di suolo pubblico che sarebbe stata possibile sanare solo dietro il pagamento di una considerevole cifra economica, di oltre 120mila euro. Il comune, però (che ha ordinato lo smontaggio di una struttura anche in un altro ristorante del porto) sta portando avanti da tempo la «sua» battaglia contro gli abusi e le occupazioni di suolo pubblico non autorizzate. E' senza dubbio il lungomare di via Napoli la zona della città dove è stato riscontrato il maggior numero di irregolarità. L'ultimo blitz della polizia municipale ha permesso di «smascherare» ben dieci esercizi commerciali che avevano occupato con tavolini e sedie i marciapiedi antistanti le loro strutture. In molti erano recidivi. Oltre alla chiusura del locale per un minimo di tre giorni, per i trasgressori sono arrivate anche salate sanzioni pecuniarie, calcolate su un numero presunto di giorni di durata dell'abuso. In meno di tre mesi sono stati circa 90 i verbali elevati dai caschi bianchi. Oltre i due terzi dei gestori finiti nella rete dei controlli erano già stati multati in precedenza. Soddisfatti coloro che regolarmente avevano pagato la Tosap, la tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche, sentitisi in qualche modo danneggiati da una forma di concorrenza sleale. C'è poi il capitolo, ben più importante, degli abusi edilizi riguardanti edifici anche di grosse dimensioni realizzati in difformità alle licenze rilasciate o addirittura eretti senza alcun permesso a costruire. In questo caso i risultati maggiori arrivano dai controlli dei carabinieri. Cigliano, Cuma e le sponde dei laghi flegrei. E' qui che sono giunte con maggiore frequenza le ruspe per gli abbattimenti coatti che spesso hanno riguardato ristoranti, ma anche capannoni industriali di notevole importanza. Su suoli destinati esclusivamente all'uso agricolo, in tanti hanno realizzato abitazioni da rivendere. Operazioni poi bloccate appena in tempo dall'arrivo dei militari. Non mancano poi casi-limite, come quello che ha visto un'intera famiglia ritrovarsi - una volta rientrata dalle vacanze - con una costruzione abusiva a pochi metri dalla loro abitazione. Un'opera realizzata in pochissimi giorni, approfittando dell'assenza dei «vicini» e al riparo da occhi indiscreti grazie alla fitta vegetazione.


sabato 1 dicembre 2012

Pescatore abusivo in fuga, sequestrato un mini-pontile

(Pubblicato su Il Mattino del 29 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) Resistenza a pubblico ufficiale e usurpazione di posto di comando. Sono queste le pesanti accuse mosse nei confronti di un pescatore abusivo di 65 anni che, non appena saputo che la sua barca gli sarebbe stata sequestrata di lì a poco, non ha esitato a scappare. Prima per via mare e poi a piedi. Ad attenderlo sulla terraferma, però, c'erano non solo gli uomini della capitaneria di porto, ma anche la polizia e i carabinieri. L'operazione di contrasto alla pesca illegale di mitili era iniziata diversi giorni prima. Nel tratto di mare antistante via Matteotti un'intera famiglia di pescatori -  senza alcuna licenza - era stata vista utilizzare più volte una piattaforma realizzata in calcestruzzo. Una sorta di mini-pontile per poter raggiungere le imbarcazioni dirette alle zone di pesca. La capitaneria aveva ricevuto diverse segnalazioni da parte dei residenti della zona. Alcuni militari in abiti borghesi si erano appostati per poter meglio osservare le operazioni dei pescatori di frodo. Tre di questi sono stati subito individuati e segnalati all'autorità giudiziaria. Il capofamiglia, però, si è subito mostrato poco «collaborativo» con gli uomini del comandante Andrea Pellegrino. Su una delle sue barche - tra l'altro non segnalata negli appositi registri navali e quindi abusiva - c'era tutto il necessario per la pesca di frutti di mare. Attrezzature, ovviamente, detenute senza alcun permesso. Mentre al pontile illegale venivano apposti i sigilli, dal magistrato di turno arrivava l'ordine di sequestrare anche l'imbarcazione del 65enne. L'abusivo non ci pensa due volte. Sale sulla barca e cerca di raggiungere la zona del porto distante appena un miglio. Troppo pericoloso, però, approdare proprio a due passi dalla sede della capitaneria. Il pescatore si spinge fino ad Arco Felice. Ma intanto sono stati già «sguinzagliate» motovedette e pattuglie di carabinieri e polizia. Dalla spiaggia delle «Monachelle» il pescatore abusivo tenta la fuga a piedi, ma sarà tutto vano. L'uomo viene bloccato e portato al comando della capitaneria. Lo attendono i sui figli con i quali condivide la «passione» per la pesca di frodo. Un fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso quello della pesca abusiva, a Pozzuoli, nonostante i continui interventi della capitaneria. Nel mirino c'è l'intera filiera dell'abusivismo che comprende anche alcuni commercianti. L'ultima operazione ha visto il sequestro di tre quintali di mitili venduti illegalmente, poi donati al convento dei frati cappuccini.   

Tenta di violentare la vicina di casa: preso

(Pubblicato su Il Mattino del 29 novembre 2012) 

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) Lo hanno bloccato mentre scappava a piedi lungo via Campana. Pochi minuti prima aveva cercato di violentare una sua vicina di casa con cui voleva dare inizio ad una relazione sentimentale. E' finito in carcere e ora dovrà rispondere di tentata violenza sessuale. Per la vittima, fortunatamente soltanto alcuni traumi alla mano destra, ma anche un forte stato di choc per quanto aveva subito. L'autore della violenza è un 32enne ghanese, J.A. in Italia da diverso tempo, ma senza permesso di soggiorno. Sbarcava il lunario con lavori manuali e temporanei. A poche decine di metri dal luogo in cui andava a dormire la sera abita una donna di 39 anni. Tra i due soltanto una superficiale conoscenza, al massimo qualche saluto e uno scambio di battute di tanto in tanto. La donna, però, non sa ancora che il suo vicino di casa ha ben altre intenzioni. Vorrebbe approfondire quel rapporto, mai andato oltre quello di buon vicinato. La donna però non ne vuole sapere. Il corteggiamento da parte del 32enne va avanti lo stesso, nonostante i continui rifiuti da parte di lei. Martedì, intorno alle 19, l'uomo chiama dal cortile la sua «amica». Vuole incontrarla e scambiare solo qualche parola. Lei accetta, ma insieme non si allontaneranno di molto. Giusto qualche metro per sfuggire a occhi indiscreti. L'insistenza dell'uomo non piace alla 39enne che però non riesce a divincolarsi. Viene afferrata per i polsi e bloccata. Gli attimi successivi saranno un incubo. Viene palpeggiata ripetutamente, inizia ad urlare. Tanto che le sue grida giungono alle orecchie di altri due vicini di casa. Saranno questi ad accorgersi della violenza che si stava consumando. Il 32enne capisce che è meglio fuggire. Lo farà a piedi, tra le auto che sfrecciano lungo via Campana. I carabinieri, allertati da una telefonata, lo bloccano poco dopo. E' visivamente nervoso, sa di averla fatta grossa, ma si lascia ammanettare senza reagire. Per la vittima, invece, «solo» 10 giorni di prognosi e tanta paura.

Un "amico" per dire no alla camorra. Inaugurato lo sportello antiracket. Sede nel mercato ittico. L'appello: "Collaborate, non la città non è ancora libera"

(Pubblicato su Il Mattino del 27 novembre 2012)

di ALESSANDRO NAPOLITANO (POZZUOLI) E' stato inaugurato all'interno di uno dei luoghi simbolo della camorra puteolana, il mercato ittico all'ingrosso. Da ieri mattina è ufficialmente aperto lo sportello antiracket e antiusura «L'amico giusto». A fare da padrone di casa il sindaco della città Vincenzo Figliolia, che ha aperto la cerimonia a cui hanno preso parte numerosi rappresentanti delle istituzioni come il presidente della commissione regionale antiracket Fraco Malvano; il presidente nazionale della «Rete per la Legalità» Lorenzo Diana; il dirigente del Servizio Ordine e Sicurezza della Prefettura di Napoli Gabriella D'Orso; il coordinatore nazionale di Sos Impresa Luigi Cuomo e, in rappresentanza della Diocesi di Pozzuoli, il vicario episcopale don Ferdinando Carannante. «E' soltanto un primo passo per la lotta alla criminalità organizzata - ha sottolineato il primo cittadino - e non a caso sarà questo posto ad ospitare lo sportello, luogo che anni fa finì all'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura. Da quel giorno per Pozzuoli è iniziata una nuova storia». L'imperativo è non abbassare la guardia. Proprio ora che sono in ballo finanziamenti per circa 60 milioni di euro per importanti infrastrutture: «Dobbiamo fare in modo che gli interessi della criminalità - ha aggiunto Figiolia - siano tenuti lontani da questi finanziamenti». Luigi Cuomo, ponendo l'accento sull'importanza del numero verde al quale denunciare episodi di usura e racket, sottolinea però «che da solo questo non basta, serve una reazione da parte dei cittadini. Quella che non ci è stata all'epoca del blitz di due anni fa e che spinse il vescovo monsignor Pascarella a scrivere una lettera aperta per sollecitare uno scatto in avanti da parte della cittadinanza. La città non è stata ancora del tutto liberata dalla camorra. Fino ad ora le reazioni sono state timide e incerte». Un'incertezza che di sicuro non appartiene, come visto, alla curia di Pozzuoli. Determinante l'apporto della chiesa, come ha spiegato don Carannante che ha ricordato come anni fa persino un cantiere per la realizzazione di una chiesa a Monterusciello venne preso di mira dalla camorra con una richiesta di tangente: Il clan Longobardi-Beneduce continuerebbe dunque a godere di «buona salute» nonostante la maggiorparte dei capi e gregari si trovi in carcere. Da «mantenere» non ci sono soltanto i detenuti, ma anche il piccolo esercito composto dai loro familiari. Ne è convinta la Procura Antimafia di Napoli. Il pm Antonello Ardituro, titolare dell'inchiesta «Penelope» culminata nel 2010 con l'arresto di 84 persone, parte da un dato preciso: la mancanza di nuovi pentiti. «Quando un clan della camorra è in difficoltà economica il primo dato che emerge riguarda i collaboratori di giustizia. Questi aumentano se l'organizzazione si ritrova indebolita. Al contrario, se gli introiti illeciti continuano a riempire le casse del clan, solitamente non ci sono nuovi pentiti. E' ciò che riguarda il clan Longobardi-Beneducela cui ultima decisione di un affiliato di collaborare con la giustizia riguarda Francesco De Felice». Bisogna quindi risalire al gennaio del 2009. E' da questa data, infatti, che l'affiliato inizia a rilasciare dichiarazioni che poi risulteranno determinanti per le indagini. In quasi quattro anni nessun altro affiliato al clan si è più pentito.