lunedì 16 dicembre 2013

Pacchi di Natale con droga: due arresti. Incensurati di 19 e 20 anni presi mentre fuggivano in scooter

(Pubblicato su Il Mattino del 14 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
Nella busta circa un chilogrammo di hashish

POZZUOLI Un trasporto a dir poco «eccezionale» quello che stavano per effettuare due giovani in sella ad uno scooter. Una busta di cartone, di quelle con disegni in stile natalizio. All'interno però non c'era alcun dono. Ma ben un chilogrammo di hashish, diviso in panetti di un etto ciascuno. A finire in manette e successivamente rinchiusi nel carcere di Poggioreale due incensurati, Luigi La Rota di 19 anni e Vincenzo Salvo di 20. L'accusa nei loro confronti è di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. A bloccarli sono stati gli agenti del commissariato di polizia di Pozzuoli. Dopo aver notato un'andatura spericolata dei due, all'esterno dell'ospedale San Paolo di via Terracina, i poliziotti sono intervenuti per fermare la loro corsa. Al passeggero, Luigi La Rota, non è rimasto che un tentativo disperato di evitare guai: gettare via la busta, convinto che i poliziotti non se ne accorgessero. Tutto inutile. Il «pacco» è stato infatti prontamente recuperato e una volta aperto si è capito che di natalizio c'era ben poco al suo interno. I due sono stati portati al commissariato puteolano, nel frattempo è iniziata la perquisizione domiciliare nelle due abitazioni dei fermati. A casa del più giovane, sempre nel quartiere di Fuorigrotta, gli agenti hanno rinvenuto altra droga. Ancora nove grammi di marijuana conservati in singole «dosi». I due, dopo aver espletato le formalità di rito a Pozzuoli, sono stati portati a Poggioreale. Mentre l'intero quantitativo di stupefacente è stato sottoposto a sequestro. Ma i guai non sarebbero finiti qui. Dai controlli effettuati sullo scooter è infatti emerso che questo era stato sottoposto anche ad un fermo amministrativo. Per il guidatore, Vincenzo Salvo, è scattata anche un deferimento per violazione del Codice della strada. 

Pane e farmaci, giro d'usura sui disperati. Sette arresti a Pozzuoli. Donne al vertice, mini-prestiti da 500 euro e tassi fino al 60 per cento




(Pubblicato su Il Mattino del 14 dicembre 2013)


di Alessandro Napolitano 

POZZUOLI Soldi per riuscire ad arrivare a fine mese. Per poter mettere un piatto a tavola. Erano queste le richieste di coloro che si sono rivolti a Lia o Nunzia. Nomi comuni, conosciuti e temuti nella zona, quella dei «600 alloggi», nel quartiere di Monterusciello. E' dalla periferia della periferia che arriva una nuova e drammatica storia di usura. E soprattutto di povertà. I carabinieri della compagnia di Pozzuoli, agli ordini del comandante Elio Norino, hanno eseguito ieri mattina all'alba sette ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Pasqualina Paola Laviano. Cinque riguardano donne. Si tratta di Purificata Avallone di 59 anni; Francesca Cuordifede di 38; Attilia Iovene di 58; Immacolata Varriale di 40 e Luisa Varriale di 28 (quest'ultima ai domiciliari) Con loro sono finiti in manette Gennaro Cuordifede di 63 anni e Gennaro Mele, 49. Devono rispondere di concorso in usura, aggravata dallo stato di bisogno delle vittime. Tra queste soprattutto casalinghe, spesso con coniugi senza un lavoro stabile e figli a carico. Prestiti di cinquecento euro, da restituire con interessi che arrivavano al sessanta per cento. Nel caso in cui la vittima avesse pagato in ritardo avrebbe dovuto versare altri trenta euro al mese «a perdere». A capo dell'organizzazione, secondo la Procura di Napoli, due delle donne finite in carcere: Purificata Avallone e Attilia Iovine, considerate le finanziatrici. A loro si sarebbero rivolte «casalinghe disperate», ma anche pensionate e commercianti in gravi difficoltà economiche. C'era persino chi si era rivolta agli usurai perchè oramai angosciata. Con tre figli da mantenere, uno dei quali anche disabile. E un marito che non  riusciva a portare a casa abbastanza soldi per tutti. Nella stessa rete era finita che un'altra donna che sognava un viaggio religioso, a Medjugorje. Ma una volta ottenuto il prestito, i soldi li avrebbe spesi invece per le cure mediche non più rimandabili. E poi ancora chi era in attesa della pensione e non sapeva più come tirare avanti. Le modalità erano sempre le stesse. Sei mesi di tempo per restituire le somme oltre gli interessi. Altrimenti scattava la «piazzata». Sarebbe stata soprattutto la Avallone, detta Nunzia, che se ne sarebbe occupata. Urlando il nome del «cattivo pagatore» in prossimità della sua abitazione. In modo che tutti potessero ascoltare. Le indagini subirono un'impennata quando i carabinieri perquisirono le abitazioni delle due coppie di coniugi arrestati: quella dei Mele-Cuordifede e dei Cuordifede-Iovine. In totale soldi contanti per oltre 20mila euro,libretti postali, assegni e soprattutto «pizzini» sui quali erano annotati i dati dei debitori. In totale oltre 40mila euro di «capitale» a disposizione. Le persone finite nelle rete degli usurai vennero ascoltate dai carabinieri. Inizialmente riluttanti, raccontarono poi le loro storie. Ieri mattina il blitz, conclusosi non solo con gli arresti, ma anche con il sequestro di automobili, moto e conti correnti. Così il sindaco Figliolia: «Disperazione e povertà rendono ancora più odioso il reato di usura».

La storia - In carcere i familiari dell'idraulico che morì salvando sue ragazzi

Al civico numero 3 di via Carlo Carrà abitava Ernesto Cuordifede, l'idraulico che nel luglio del 2012 si tuffò in mare per salvare due giovani in difficoltà. L'uomo morì annegato, davanti agli occhi della nipotina di pochi anni. Un eroe per l'intera città la cui figura, sperano tutti, non dovrà essere offuscata. Tra gli arrestati ci sono i suoi genitori, Gennaro Cuordifede e Attilia Iovine, la sorella Francesca ed il cognato Gennaro Mele. 



giovedì 12 dicembre 2013

il Comune contrae un mutuo per buttare giù immobili abusivi. Un capannone e una villetta, proprietari condannati. Costo dei lavori: 110mila euro. I fondi della Cassa depositi e prestiti. Poi pagheranno i proprietari. Il precedente un anno fa

(Pubblicato su Il Mattino del 11 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 


QUARTO Sono rimasti in piedi per anni nonostante fossero abusivi. Ma tra non molto entreranno in funzione le ruspe per il loro abbattimento. Sono due importanti manufatti realizzati senza alcuna concessione edilizia i cui proprietari sono stati condannati dal tribunale di Napoli. Il Comune di Quarto ha chiesto un mutuo per poter provvedere alla loro demolizione. Una cifra record per la cittadina flegrea. Alla Cassa depositi e prestiti è arrivata una richiesta di ben 110mila euro. Soldi che proverranno dal Fondo per la demolizione di manufatti abusivi ed utilizzati per il pagamento dell'azienda specializzata che si occuperà di ridurli in macerie. Ma i costi, in realtà, ricadranno tutti sulle spalle dei proprietari che dovranno restituirli una volta terminati i lavori. Tra le opere da abbattere c'è un capannone realizzato in una cava tufacea di via Spinelli. I carabinieri la sequestrarono già nel febbraio del 2006. All'interno i militari trovarono un grosso impianto industriale per la frantumazione di rifiuti speciali, come mattoni e altri scarti di lavorazioni edilizie. Sotto sequestro finì anche una pala meccanica e soprattutto una cospicua documentazione che accertò lo smaltimento abusivo dei rifiuti. Il titolare, un puteolano di 40 anni, è stato condannato dalla Sesta sezione penale di Napoli che ha disposto l'abbattimento della struttura. Serviranno 25mila euro. Ben maggiore, invece, è l'importo per la demolizione di una villetta abusiva in via Cupa Reginelle, realizzata da una donna di 53 anni. Due abitazioni su altrettanti livelli, oltre ad una cantina seminterrata su una superficie totale di oltre trecento metri quadrati. Di euro per l'abbattimento ne serviranno in questo caso 85mila. Come detto si tratta del più importante mutuo che il Comune di Quarto abbia mai chiesto per l'abbattimento di opere abusive. Il precedente record risale ad un anno fa e riguardava l'importo per abbattere una palazzina di via Cupa Monteleone: 80mila euro. L'opera venne realizzata da un 37enne ritenuto tra l'altro vicino al clan Polverino. Secondo i magistrati dell'Antimafia di Napoli, l'uomo avrebbe intrattenuto rapporti con personaggi di spicco dell'organizzazione criminale. Ed in più sarebbe un vero e proprio prestanome del clan, essendosi intestato un'auto di lusso riconducibile ad un altro affiliato storico dei Polverino. 

In agenzia vendute polizze taroccate. La truffa assicurazioni. A gestire era una donna incensurata di 38 anni. Perquisizione dei carabinieri. Denuncia di un automobilista. Usati marchi di note società

(Pubblicato su Il Mattino del 11 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
L'agenzia si trova a Licola

POZZUOLI Vendeva polizze assicurative false ed è stata sorpresa mentre ne stava per rifilarne un'altra ad un nuovo automobilista. Ad essere denunciata per truffa e ricettazione è stata una donna di 38 anni. Un'insospettabile, che mai fino ad ora aveva avuto guai con la giustizia e che gestisce un'agenzia di pratiche auto a Licola. Agenzia ora chiusa, dopo l'intervento dei carabinieri della stazione locale e della compagnia di Pozzuoli. Tutto era partito dalla denuncia di un automobilista che poco dopo l'acquisto di una polizza aveva iniziato a nutrire alcuni dubbi. Il guidatore si era così recato dai carabinieri, dando di fatto il via alle indagini. I militari, dopo aver accertato che il contratto assicurativo ed il relativo tagliando da apporre sul parabrezza fossero irregolari, hanno fatto «visita» all'interno dell'agenzia di Licola. Proprio nel momento in cui un'altra pratica stava per essere conclusa. Immediatamente è scattata la perquisizione nei locali. Non è servito molto tempo ai carabinieri per scoprire altre polizze «tarocche». In particolare si tratta di coperture assicurative temporanee. Di quelle della durata di cinque giorni. Nelle intestazioni diversi marchi di note società di assicurazioni auto e moto. Alcune di queste sono pubblicizzate su radio e tv come assicurazioni on-line. Con offerte vantaggiose rispetto a quelle classiche. Ed invece i vantaggi sarebbero stati tutti esclusivamente per la titolare dell'agenzia ora finita sotto sequestro. Le «case madri» sarebbero all'oscuro di tutto. I documenti, simili in tutto e per tutto a quelli originali, sono risultati senza alcuna copertura. In caso di sinistri, dunque, non ci sarebbe stato alcun indennizzo. Nel corso della perquisizione i militari hanno rinvenuto altre sei assicurazioni temporanee fasulle. Mentre altre 29 pratiche, ritrovate sempre all'interno della stessa agenzia, sono ancora al vaglio. Sotto sequestro anche una stampante e timbri che sarebbero stati utilizzati per «confezionare» le assicurazioni taroccate. Le indagini dei militari continuano. Ad essere ascoltati saranno i titolari delle altre assicurazioni false ritrovate negli uffici di Licola. Si spera così che altri acquirenti, ignari della truffa subita, possano rivelare altri particolari interessanti ed incastrare così la presunta falsaria. Indagini che inoltre potrebbero allargarsi a macchia d'olio, proprio come avvenuto nel recente passato. Un giro d'affari difficilmente stimabile quello che ruota attorno al falso documentale in ambito assicurativo. E che ha visto, in special modo a Pozzuoli, un aumento esponenziale dei casi poi scoperti dalle forze dell'ordine. In particolare dalla polizia municipale. A parlare sono i numeri. Nel solo 2013 le false assicurazioni scoperte sono state oltre 600. Nel 2011 erano state meno di 200. Un fenomeno in continua ascesa, così come ad evolversi sono state nel corso degli anni le tecniche utilizzate dai falsari. Dalla più rudimentale stampa dei documenti «fatta in casa», alla contraffazione dei documenti di base da inviare alle case madri. Indicanti residenze non veritiere, in modo da poter ottenere premi assicurativi notevolmente più bassi, e stampati su documenti originali. Ad insospettire una valanga di false residenze, concentrate in piccoli centri di Molise, Toscana, Veneto e Friuli. 

Rapinano camionista. Esplosa una fucilata

(Pubblicato su Il Mattino del 6 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 


QUARTO Avevano con loro anche un fucile che non hanno esitato ad usare. Un colpo sparato in aria, in pieno giorno. E' accaduto in via Masullo, dove una banda di rapinatori ha seminato il panico tra commercianti e automobilisti. Vittima del colpo un autotrasportatore. All'uomo hanno portato via i soldi appena da poco incassati, circa tremila euro. E' ancora spaventato l'autista del grosso mezzo quando racconta del grave episodio di cui è stato vittima. Non gli era mai accaduto prima d'ora di essere preso di mira dai rapinatori. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri sulla base della testimonianza rilasciata dalla vittima, ad agire sarebbero stati quattro malviventi. E' quasi terminata la giornata lavorativa quando l'autotrasportatore sta per salire sul suo mezzo. E' diretto ad Isernia. Qui ha il suo deposito di elettrodomestici. La stessa merce che ha da poco scaricato in un negozio di via Masullo. Tutto intorno altri esercizi commerciali. Ed il traffico sostenuto di ogni giorno. L'uomo fa appena in tempo a salire il primo «scalino» del suo camion. Ma un attimo prima di entrare nella cabina viene strattonato e trascinato giù. In due, con il volto travisato da berretti di lana e sciarpe, gli intimano di consegnare i soldi che ha con lui. Il camionista tenta di resistere per pochi secondi. Il comportamento della vittima mette in allerta altri due complici. Uno di questi imbraccia un fucile. L'arma viene puntata prima contro l'autotrasportatore e subito verso l'alto. Il rapinatore armato fa partire un colpo il cui boato viene sentito anche a centinaia di metri di distanza. Non tutti capiscono che si tratti di una rapina. C'è invece chi vede la scena con i propri occhi. Ma la vista dell'arma lo paralizza. In pochi istanti la banda arraffa il «bottino» e scappa via, con due automobili differenti. Non lontano ci sono vie valide di fuga, come la tangenziale e la statale 7 quater. Pochi gli elementi in mano ai militari. Nessuna telecamera installata all'esterno dei negozi della zona. Così come nessun bossolo. Il colpo di fucile, infatti, non ne lascia cadere. Di altre testimonianze utili alle indagini i carabinieri non sembrano averne. E nessuno pare abbia appuntato un solo numero di targa delle auto dei malviventi. 

Investito da scooter, muore dopo 24 ore. Alla guida del motorino una postina

(Pubblicato su Il Mattino del 5 dicembre 2013)

di Alessandro Napolitano 
L'incidente in via Solfatara

POZZUOLI E' morto ieri in tarda mattinata, dopo quasi 24 ore di agonia. I medici non hanno potuto fare nulla di più per salvare il 72enne Luigi Castellano, centrato in pieno da uno scooter guidato da una postina nel primo pomeriggio di martedì. Con lui, ad attravresare la strada sulle strisce pedonali, il nipotino di appena due anni. Il piccolo se la caverà in meno di una settimana. Ha riportato solo qualche ferita lieve alla testa, curata all'ospedale Santo Bono. Sull'incidente, verificatosi in via Solfatara al di sotto del ponte delle linea metropolitana, indaga la polizia municipale. Gli agenti agli ordini del comandante Carlo Pubblico hanno effettuato i primi rilievi e ieri, immediatamente dopo il decesso dell'uomo, hanno ricevuto l'ordine di sequestrare le due cartelle cliniche del pensionato. La prima all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, dove la vittima è stata trasportata in un primo momento. La seconda presso l'ospedale Pellegrini di Napoli, dove il 72enne è stato successivamente trasferito. La decisione di portarlo in altro nosocomio è stata presa dai medici dopo il repentino peggioramento delle sue condizioni. In un primo momento, infatti, non sembrava che il pensionato rischiasse la vita. Ma con il passare delle ore il quadro clinico è andato sensibilmente aggravandosi. Fino al decesso. L'uomo centrato dallo scooter è stato il primo a mettersi in contatto con i familiari, residenti a pochissima distanza. La moglie è corsa sul posto, trovandosi davanti agli occhi la drammatica scena. Il marito riverso sull'asfalto, dolorante e in stato confusionale ed il nipotino in lacrime in braccio ad una passante che continuava a ripetere il nome del nonno. Ferita anche la donna che era in sella allo scooter, ma fuori pericolo. Il mezzo a due ruote sul quale viaggiava l'addetta alla consegna della corrispondenza - un Piaggio Liberty 125 - è stato anch'esso sottoposto a sequestro mentre per la donna è oramai scontata l'iscrizione nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di omicidio colposo. Cordoglio ai familiari della vittima è stato espresso dalle Poste: «Si è trattato di una tragica fatalità. Aspettiamo che le indagini facciano il loro corso. Siamo vicini alla famiglia dell’anziano deceduto, ed anche alla dipendente». Indagini che permetteranno di far luce sull'esatta dinamica dell'incidente. La strada era perfettamente asciutta. Ma anche molto trafficata, visto l'orario di fine lezione delle scuole vicine. Inoltre, a poca distanza, era ferma una pattuglia della municipale intenta a dirigere il traffico e alla quale si sono aggiunti altri agenti. Sono stati questi a dirigere le operazioni in condizioni per nulla facili. 

Picchiata in strada per 50euro. Nel mirino di un rapinatore una 28enne americana impiegata a Gricignano. La donna aveva tentato di resistere all'uomo mascherato con la sciarpa

(Pubblicato su Il Mattino del 27 novembre 2013)

di Alessandro Napolitano  
Via Carlo Rosini, luogo dell'aggressione

POZZUOLI Presa a calci e schiaffi da uno rapinatore mentre passeggiava da sola. Tutto per un bottino di appena 50 euro. E' accaduto lungo una delle strade più «in» della città, via Carlo Rosini. Vittima della violenta aggressione una donna americana di 28 anni. Fortunatamente per lei le conseguenze sono state lievi. Solo qualche escoriazione. La paura però è stata molta. E il timore che con l'approssimarsi delle festività natalizie episodi del genere possano ripetersi aleggia anche tra residenti e commercianti della zona. La stessa strada, nel recente passato, è stata infatti più volte teatro di numerose altre rapine. Ma anche di interventi decisivi da parte di polizia e carabinieri. L'ultimo caso è avvenuto in pieno giorno. Erano circa le 15 quando la donna - residente a Pozzuoli e impiegata tra il personale civile nella base Nato di Gricignano di Aversa - si trova in via Rosini, non lontano dalla sua abitazione. Con lei il suo cane tenuto al guinzaglio. A quell'ora la strada è praticamente deserta. Poche le auto di passaggio, quasi nessuna persona in giro. La donna viene avvicinata da un uomo. Ha il volto coperto da una sciarpa. Un «metodo» tanto efficace quanto semplice per evitare di insospettire qualcuno una volta in fuga. Il malvivente urla alla donna di consegnare il portafogli. Al primo timido tentativo di resistere alla rapina, scatta la violenza. Prima spintoni, poi addirittura calci e schiaffi alla povera malcapitata che finisce per terra senza poter chiedere aiuto a nessuno. L'uomo, dopo aver arraffato il bottino, fa perdere le proprie tracce. Sembra scendendo lungo una delle rampe di scale che collegano la parte alta della città al lungomare. Intanto la notizia del pestaggio e della rapina arriva a chi abita lì da sempre, nonchè ai commercianti della zona. Si dicono non poco preoccupati per ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane. Soprattutto con l'avvicinarsi delle feste di Natale. E' purtroppo un dato di fatto che in questo periodo aumentino casi di microcriminalità. E Pozzuoli non è estranea al fenomeno. Via Carlo Rosini, d'altronde, è stata negli ultimi anni presa di mira in tante occasioni da scippatori e rapinatori. Nonostante sia tra le strade più esclusive della città e sede di storiche realtà. Come Villa Avellino ed il cinema Sofia. E' «strategicamente perfetta» per i malviventi che grazie alle diverse rampe laterali permette di far perdere le tracce ai malintenzionati senza troppe difficoltà. Spesso anche minorenni e studenti sono stati vittime dei rapinatori. A finire nelle loro mani innanzitutto telefoni cellulari di ultima generazione. Ed è stato proprio il tentativo di impossessarsi di uno smartphone dalle mani di due giovanissimi, che la polizia riuscì ad arrestare un uomo lo scorso aprile. In manette finì un 28enne che proprio in via Carlo Rosini aveva tentato il colpo. Gli agenti in borghese, appostati da tempo, lo bloccarono. E sempre in via Rosini i carabinieri arrestarono due scippatori immediatamente dopo aver violentemente scaraventato per terra un'anziana donna. La vittima aveva appena prelevato del denaro in via Terracciano, ma una volta raggiunta via Rosini finì nel mirino dei malviventi. Non manca, dunque, la presenza delle forze dell'ordine. Ma le azioni di rapinatori e scippatori sono fulminee. E difficilmente prevedibili. 

domenica 24 novembre 2013

Arrestato 19enne. Rapinò farmacia. Insospettabile, fedina penale pulita. Ad incastrarlo il test del Dna. Bottino di mille euro

Pubblicato su Il Mattino del 23 novembre 2013 


di Alessandro Napolitano

POZZUOLI Insospettabile, dalla fedina penale immacolata. Ma ad incastrarlo è stato il test del Dna. Secondo i magistrati di Napoli è stato lui a rapinare una farmacia assieme ad un complice. In manette è finito Giuseppe Carnevale, appena 19 anni, residente nel quartiere di Monterusciello. L'arresto è avvenuto ieri mattina, eseguito dai carabinieri della compagnia di Pozzuoli. Gli stessi che da tempo indagavano sull'ennesimo «colpo» ad una farmacia della cittadina flegrea. Durante la fuga il giovane si era disfatto del passamontagna, poi raccolto dai militari. Il Dna prelevato dalla saliva del 19enne è risultato compatibie con quello rilevato sullo stesso passamontagna. Il giovane ora si trova rinchiuso nel carcere di Poggioreale. L'accusa è di concorso in rapina aggravata. I fatti risalgono allo scorso 30 aprile. Intorno alle 13, poco prima della pausa, un rapinatore fa irruzione all'interno della farmacia «Altavista» di via Miliscola, con il volto coperto. In mano impugna una pistola. Alla titolare, una donna di 43 anni, non resta che consegnare l'incasso della mezza giornata lavorativa. Il «bottino» sarà di circa mille euro. Il giovane rapinatore è atteso all'esterno da un complice in sella ad uno scooter. I due malviventi faranno però soltanto pochi metri. Il mezzo a due ruote infatti è in panne. Verrà abbandonato lungo la strada. Risulterà rubato ad un puteolano il giorno prima. Intanto i carabinieri iniziano la caccia all'uomo, perlustrando il dedalo di vicoli di Arco Felice che si diramano fino allo stadio Domenico Conte. I militari controlleranno anche la struttura sportiva, ma senza risultati. Intanto raccolgono quel passamontagna. La saliva lasciata tra le trame di lana sarà la prova schiacciate. Tanto da far scattare la misura restrittiva nei suoi confronti. Ora l'attenzione dei carabinieri è ovviamente tutta rivolta alla cattura del suo complice. Per la farmacia «Altavista» si trattava della terza rapina subita in un anno. E toccò in uno dei giorni più neri per Pozzuoli sotto questo aspetto. Poche ore prima, infatti, un negozio di telefonia nella centralissima piazza della Repubblica venne ripulito dai ladri. Portarono via merce per oltre 30mila euro.  

Doppio raid di vandali nelle scuole. I danni maggiori nel plesso elementare: rubati 20 computer, valore 15mila euro. Due incursioni in 24 ore

Pubblicato su Il Mattino del 22 novembre 2013

di Alessandro Napolitano 


POZZUOLI Porte forzate, vetri infranti, computer trafugati. E danni per migliaia di euro. E' di nuovo emergenza per la sicurezza delle scuole della città. A distanza di appena 24 ore, ben due plessi sono stati «visitati» da ladri e vandali. Il danno maggiore è quello registrato all'interno della scuola elementare e media Salvatore Quasimodo, nel rione Toiano. Oltre venti computer portatili sono stati portati via dal laboratorio. La stima dei danni è di circa 15mila euro. Nella notte tra mercoledì e giovedì è toccato poi al liceo scientifico Ettore Majorana di via Gatto, a Monterusciello. Questa volta i malviventi si sono «accontentati» di vandalizzare il piano terra dell'istituto. Spargendo la polvere estinguente lungo il corridoio principale del piano. Un'azione a quanto pare ad opera di «professionisti» dello scasso. Sarebbe infatti stato utilizzato una sega elettrica per tagliare le protezioni in ferro di uno degli ingressi. Poi è stata infranta una spessa lastra di vetro. Il sospetto è che si tratti di qualcuno che ben conosce la scuola e i suoi punti deboli. Ad essere sfondato, infatti, è stato l'unico ingresso dell'intera struttura privo di sistema antifurto. «Sono più che sicura che i miei studenti non c'entrino nulla» ha ripetuto più volte il dirigente scolastico del liceo Majorana. Niente lezioni ieri per gli oltre 400 studenti che si sono riuniti in assemblea straordinaria. Lo stesso istituto è stato teatro di innmurevoli altri atti vandalici nel recente passato. Uno dei quali finito con l'individuazione degli autori da parte dei carabinieri dopo un'indagine lampo. L'augurio che anche in questo caso si possa giungere all'identificazione dei vandali arriva anche dall'amministrazione comunale. «Esprimiamo la nostra solidarietà ai dirigenti scolastici - dichiarano il sindaco Vincenzo Figliolia e l'assessore alla Pubblica istruzione Alfonso Trincone - Purtroppo questi balordi, oltre a fare un danno economico, anche all'amministrazione comunale che è chiamata in causa con interventi di manutenzione, mettono a repentaglio la stessa attività didattica. Ci auguriamo che i responsabili siano individuati e giustamente puniti». Una sequenza infinita di atti vandalici e furti negli ultimi anni ai danni delle scuole puteolane. Tra i principali quello all'interno della scuola dell'infanzia Montessori, sempre a Monterusciello, lo scorso agosto. L'intero impianto elettrico, infissi, porte e rubinetteria per un valore di oltre 250mila euro vennero portati via. La scuola è tuttora chiusa. 

venerdì 22 novembre 2013

Gira filmino hard e il fidanzato lo diffonde in rete. Lei voleva fargli un regalo, lui pensa a un tradimento e pensa di punirla

Pubblicato su Il Mattino del 16 novembre 2013

di Alessandro Napolitano 



Un regalo per il suo fidanzato, qualcosa di olto speciale che sarebbe dovuto rimanere riservatissimo. Un video porno girato con il telefonino, a casa sua. Qualcosa però va storto e quei minuti di intimità finiscono sulla «rete». Un furto che la protagonista della vicenda e dello stesso filmino non sa spiegarsi. In poco tempo il video viene visto da decine, forse centinaia di studenti che frequentano la stessa sua scuola. Rabbia e imbarazzo è il minimo che può provare. Nulla però al confronto dei sentimenti provati quando scopre chi ha rubato quel video. E' stato il suo stesso fidanzato. Il motivo? Aveva sospettato di un tradimento ed aveva così deciso di vendicarsi. Ma sottovalutando ogni conseguenza, anche dal punto di vista giudiziario. Giovanissimi i due. Lei 19 anni, lui appena 18. Vanno a scuola assieme, uno degli istituti più frequentati della città. Di mattina tra i banchi di scuola e la sera, nei fine settimana, si esce con gli amici. Una vita come quella di tutti gli altri loro coetanei. Vissuta tra chat, social network e smartphone. E proprio con uno di questi ultimi lei decide di diventare la protagonista di un video di quelli vietati ai minorenni. Ma solo per la Legge, non per quella di internet dove invece spopolano siti porno del tutto gratuiti e fruibili da chiunque. Quei pochi minuti girati tra le mura di casa finiranno sul più popolare dei siti hard. La notizia inizia a circolare tra i banchi di scuola. In pochi giorni è già di pubblico dominio. La ragazza decide ovviamente di denunciare il tutto alle forze dell'ordine. Con lei, a seguirla, c'è il fidanzato. Assieme, anche in questa occasione. Dal cellulare qualcuno ha portato via la memoria esterna. Sul supporto digitale il video dello scandalo. Soltanto chi era a conoscenza del suo contenuto avrebbe rubato la sola memoria. Un ladro qualunque avrebbe portato via l'intero telefono. Tra gli studenti qualcuno capisce che la storia si sta mettendo male. E vuota il sacco. Il video hard c'è chi lo ha visto ben prima che finisse su un sito internet. Il cerchio si chiude. A trafugare le scheda di memoria il fidanzato di lei. Ad alimentarla altre voci, su un presunto tradimento. Lo ammetterà egli stesso. Quando oramai era troppo tardi.

Cinque donne nella banda degli usurai. Prestavano denaro a tassi impossibili, poi minacce e aggressioni. Nove gli arresti dei carabinieri

Pubblicato su Il Mattino del 20 novembre 2013  



di Alessandro Napolitano

Vera De Mari, ritenuta il capo della banda 
POZZUOLI A capo dell'organizzazione una donna. Con lei altre quattro che assieme a fratelli e cugini avrebbero approfittato delle disgrazie economiche di piccoli imprenditori, commercianti e persino disoccupati. Prestando loro somme di denaro che nel giro di pochi mesi e grazie agli interessi praticati, avrebbero assunto dimensioni tali da rendere impossibile la loro restituzione. A fare da cornice anche i legami di parentela con personaggi di spicco del clan Longobardi-Beneduce. Sono nove le persone arrestate ieri dai carabinieri di Pozzuoli. A guidare la banda di usurai Vera De Mari, 56 anni, cognata di Umberto De Simone, considerato dai pm dell'Antimafia di Napoli storico affiliato alla mala flegrea. In carcere sono finiti anche Silvio De Mari di 53; Gennaro De Simone, 38; Benedetta Pezzini, 55; Patrizia Auricchio, 54 e Donatella Savarese di 50. Agli arresti domiciliari si trovano Gustavo ed Emanuela De Mari, rispettivamente di 27 e 31 anni e Antonio De Simone, 59 anni. Minacce verbali, aggressioni e persino la richiesta di «accomodare» alcune delle rate in cambio di prestazioni sessuali. Auto di famiglia portate via con la forza così come telefoni cellulari, telefonate a qualsiasi ora, ma anche pestaggi. Tutti i mezzi erano utili ai componenti della banda per costringere le loro vittime a pagare in tempo e soprattutto a tassi di interesse che in alcuni casi erano del cento per cento. Le indagini - coordinate dalla Dda di Napoli - sono partite nell'autunno del 2012. Quando una delle vittime, stanca delle sempre più pressanti richieste di denaro, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri. Ne è nata un'indagine ancora più complessa e dall'effetto a catena. Durante la quale sono emerse nuove vittime da tempo finite nel giro di usura. E anche la particolare spregiudicatezza e violenza del presunto capo dell'organizzazione, Vera De Mari, che avrebbe addirittura urlato ad una delle vittime, dopo averla schiaffeggiata «Dì a questi bastardi dei tuoi amici carabinieri che io li tengo sotto le scarpe mie e che ho gente dietro di me. Non mi fanno paura, mi acchiappano: io nego tutto e tu vai in galera». C'era chi aveva chiesto piccole somme, poi lievitate enormemente. Chi, a fronte di un prestito di 40mila euro, dopo anni di pagamenti mensili, se ne ritrovava ancora altri 30mila da dover restituire. A finire nella rete anche imprenditori. Se non avessero pagato avrebbe perso i loro mezzi da lavoro. C'è anche chi è dovuto scappare dai parenti in Nord Italia per paura di ulteriori intimidazioni. Ognuno nella banda aveva un ruolo preciso. Gli ordini del «capo» arrivavano a chi doveva occuparsi del recupero del denaro e chi invece aveva il compito di spaventare le vittime. «Un giorno  importante» l'ha definito il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia ricordando proprio la nascita in città dello sportello antiracket e antiusura di Sos Impresa. Il cui coordinatore regionale dell'associazione, Luigi Cuomo, ha posto l'accento sulla «collaborazione delle vittime con le forze dell'ordine» che «aiuta gli inquirenti a fare prima e meglio il loro lavoro».

venerdì 8 novembre 2013

Assicurazioni, le false triplicate in due anni. Tagliandi ritoccati esposti sul parabrezza. Sistema con i tipografi. I truffatori scelgono piccoli centri e finti domicili. Già avviate altre inchieste e processi

Pubblicato su Il Mattino del 6 novembre 2013

di Alessandro Napolitano


POZZUOLI Più che raddoppiate rispetto ad un anno fa, oltre il triplo se confrontate al 2011. Sono impressionanti i numeri riguardanti le false coperture assicurative per i veicoli. Se l'anno scorso a Pozzuoli la polizia municipale aveva scoperto meno di 300 casi, nel corso di quest'anno i «furbetti» scovati sono già oltre 600. Un aumento esponenziale che fa riflettere. Da un lato un numero sempre crescente  di automobilisti che per risparmiare sui premi annui appongono falsi tagliandi ai parabrezza. Dall'altro le sempre più accurate indagini dei caschi bianchi che portano all'individuazione di falsi documentali in sempre minor tempo. Ad affinarsi, però, anche le tecniche dei truffatori. Tra questi anche brokers e in alcuni casi tipografi compiacenti inseriti e pieno titolo nel «sistema», così come già era emerso durante le indagini dei mesi scorsi. Tra i 600 automobilisti «beccati» dalla municipale a circolare con false assicurazioni, quasi tutti sono risultati residenti nella cittadina flegrea. Non per le compagnie assicurative però. A modificare i dati ci sarebbero i «tramiti». Tra questi piccole agenzie ed i loro intermediatori. Dopo aver scannerizzato i documenti del titolare della futura polizza - carta di circolazione e carta d'identità - questi verrebbero poi modificati ad arte. Mediante l'utilizzo di software per il fotoritocco. E così dalle documentazioni spariscono tutti i riferimenti alla provincia di residenza, Napoli, tra le più care d'Europa in fatto di assicurazioni auto. Molise, Toscana, Veneto e Friuli. Queste le regioni più «gettonate». Piccoli centri scelti dai truffatori come nuove e finte residenze. Dati che vengono poi forniti alle grandi compagnie assicurative che emettono le polizze. A prezzi notevolmente più bassi rispetto a quelli che verrebbero praticati se venisse indicato il capoluogo partenopeo come residenza. Il certificato assicurativo ed il talloncino da esporre sul parabrezza arrivano poi nelle mani degli automobilisti. Che però devono fare i conti con controlli stradali sempre più accurati da parte dei caschi bianchi. Dai meno di duecento casi riscontrati nel 2011 si è così arrivati agli oltre 600 nei primi dieci mesi del 2013. La media è di due «furbetti» al giorno scovati mentre sono al volante della propria auto. Ma ci sarebbero «vittime» persino tra gli stessi automobilisti. Certo la parte di gran lunga minoritaria tra quelli scoperti. Si sono affidati ad agenzie che a loro volta avrebbero operato nel modo appena descritto. Ma all'insaputa del cliente. Tra questi chi ha sborsato quasi duemila euro per ritrovarsi con una assicurazione del tutto fasulla. Salvo poi «rifarsi» nei confronti della stessa agenzia denunciando il tutto alle autorità. Le conseguenze per chi viene scoperto a circolare con assicurazioni taroccate sono pesantissime. Ad iniziare dal sequestro del veicolo, che rischia anche la confisca. C'è poi da aggiungere il ritiro della patente di guida per almeno 12 mesi ed il deferimento all'autorità giudiziaria. Falso documentale e truffa. Queste le ipotesi di reato contro cui devono difendersi i furbetti del talloncino. Alcuni sono già finiti sotto processo. Come i 18 rinviati a giudizio dopo le indagini condotte assieme al compartimento di polizia stradale della Campania e del Molise. Perquisizioni svoltesi anche in Molise e Toscana che portarono alla scoperta di società fittizie e di ben 4mila certificati di assicurazione «in bianco» con i loghi di diverse compagnie. Altri 400 coperture assicurative, invece, erano già state stipulate. Un filone d'inchiesta a cui ne sono seguiti altri. E che nel tempo ha visto finire sul taccuino casi che hanno anche fatto sorridere. Come il camionista che, fermato ad un posto di blocco senza avere esposto il talloncino, provvedeva ad inviarne uno al Comando nei giorni seguenti. Ovviamente falso. 

martedì 1 ottobre 2013

Quarto. Nuova emergenza, rifiuti in strada. Differenziata Ko. Il servizio porta a porta è fermo oramai da giorni. 24 ore per sversare

Pubblicato su Il Mattino 
del 30 settembre 2013
Oltre 20 tonnellate i rifiuti giacenti in strada

di Alessandro Napolitano 

Enormi cumuli di rifiuti lungo le strade, servizio di raccolta «porta a porta» fermo da giorni e zone periferiche prese d'assalto da chi getta spazzatura senza temere di essere scoperto. Nella cittadina flegrea l'emergenza rifiuti sembra non essere mai passata. Negli ultimi mesi la situazione è andata man mano peggiorando. Con picchi che si ripetono ad ogni fine settimana. Intanto crolla anche il dato riguardante la raccolta differenziata, passata dal 45 per cento dello scorso giugno a circa il 20. Diverse le cause che hanno portato all'attuale situazione. Ad iniziare, ovviamente, dalla Quarto Multiservizi, società a socio unico (lo stesso Comune) finita sotto la curatela fallimentare. Conseguenza diretta è stato il blocco per tutti i mezzi meccanici utilizzati dai dipendenti per la gestione del servizio di igiene urbana. Quattro grossi autocompattatori e sei mezzi più piccoli non possono ancora circolare. Si attende dallo scorso mese di agosto che arrivi la liberatoria che permetta di effettuare il servizio con regolarità. Attualmente la raccolta di rifiuti è gestito da un'altra azienda - la Alba Paciello di Casagiove, in provincia di Caserta - a cui lo scorso 31 luglio la commissione straordinaria ha affidato l'incarico, per quattro mesi. Non avendo a disposizione quanto invece era nelle possibilità della Multiservizi, la nuova ditta starebbe già lavorando al limite. A peggiorare la situazione, poi, anche il blocco dell'impianto Cdr di Giugliano che si trascina da due settimane. Con mezzi fermi anche per 24 ore, in attesa di poter sversare. Sottraendo risorse sul territorio che patisce sempre di più. Inoltre, così come venne deciso dalla ex amministrazione della Multiservizi, l'attuale «calendarizzazione» della raccolta si traduce nei fatti in continui accumuli di rifiuti. E' la domenica il giorno in cui Quarto torna a sprofondare tra i rifiuti. In via Campana e corso Italia le montagne di sacchetti raggiungono anche i venti metri di estensione e i due di altezza. Attualmente sono oltre 20mila i chilogrammi di spazzatura giacente in strada. E le alte temperature che si sono avute in questo colpo di coda dell'estate, non hanno fatto altro che aumentare i miasmi. A tutto ciò si aggiunge un altro fardello al già pesante carico che la cittadina flegrea sta trascinando: lo sversamento di rifiuti da parte dei non residenti. Approfittano della totale mancanza di controlli per gettare in strada e a qualuque ora sacchetti e rifiuti ingombranti. In alcuni casi i rifiuti «forestieri» sarebbero oltre la metà di quelli gettati dai residenti. E sempre alla mancanza di controlli (il comando della municipale ha da anni solamente 20 unità su cui poter contare, «spalmate» su più turni) è imputabile quanto si verifica nelle strade al confine con i comuni di Giugliano e Marano. Diventate oramai ad una sola corsia di marcia per la presenza di rifiuti lungo la careggiata. Contro il malcostume il Comune aveva provveduto ad installare telecamere a circuito chiuso, come in via Maranese. Ma nessun collegamento con la municipale è mai stato completato. 

giovedì 18 luglio 2013

Furto d'arte in casa, rubati quattro dipinti. Nel Mirino un collezionista. Trafugate opere di Notte, Vitagliano e Catelli

(Pubblicato su Il Mattino del 11 luglio 2013) 

Rubato anche un autoritratto di Emilio Notte


di Alessandro Napolitano

Si tratta con ogni probabilità di un furto mirato, ben ideato e messo a segno con una tempistica perfetta. Nelle mani dei ladri sono finiti quattro dipinti del valore complessivo di oltre 20mila euro, portati via dall'abitazione di un collezionista che ha anche accusato un malore dopo l'amara scoperta. Nelle mani dei ladri d'arte sono finite opere di Emilio Notte, Salvatore Vitagliano e Camillo Catelli, acquistate all'asta oltre 20 anni fa ed il cui valore sarà senz'altro andato crescendo nel tempo. Chi ha trafugato i quadri non si è limitato alle opere dei maestri del '900. I ladri sono andati via portando via anche gioielli, soldi in contanti e un personal computer. E' il tempismo scelto dai malviventi, però, a far nascere più di un sospetto. Hanno atteso che l'unico occupante dell'abitazione uscisse di casa poco più di mezz'ora. Gli altri due, tra cui lo stesso collezionista, avevano già lasciato casa. La scoperta intorno alle 15, dunque in pieno giorno. Poco prima la moglie dell'amante d'arte si era allontanata di poco, spostandosi in uno stabile vicino. Tanto è bastato ai ladri per entrare in casa forzando la finestra di una camera da letto. In pochi minuti dalle pareti sono sparite le opere più importanti e costose e solo quelle. Quattro dipinti, tra cui un autoritratto a matita di Emilio Notte, esponente del movimento Futurista. Ad essere portati via anche due quadri del pittore napoletano Camillo Catelli realizzati oltre 40 anni fa. Infine un quadro di Salvatore Vitagliano, anch'egli napoletano, non solo pittore ma anche scultore. Il collezionista d'arte aveva realizzato uno dei suoi sogni durante un'asta. Per oltre due decenni le opere le aveva tenute esposte in casa, assieme ad altri oggetti di antiquariato. Un'abitazione di certo non fastosa, in via Luciano, mai «visitata» dai ladri da quando l'uomo - 63 anni, agente della polizia municipale in servizio tra i quartieri di Chiaia e Mergellina - si era trasferito assieme alla famiglia a Pozzuoli. Il collezionista è dovuto ricorrere anche alle cure dei medici dell'ospedale Santa Maria delle Grazie dopo aver accusato un malore. Fortunatamente è fuori pericolo. Troppo breve il lasso di tempo sfruttato dai ladri per portare vie le opere d'arte, tra l'altro durante il giorno. Non si esclude che il furto possa essere collegato ad un episodio avvenuto appena 24 ore prima. Gli pneumatici dell'auto privata del collezionista erano state forate all'esterno della sua abitazione di Pozzuoli. 

domenica 7 luglio 2013

Libri scolastici, fondi già bloccati. Il sindaco Figliolia attacca: "Non abbiamo certezza sull'importo nè sui tempi"

(Pubblicato su Il Mattino del 5 luglio 2013)



di Alessandro Napolitano

Mancano i soldi per pagare i buoni libro, così come già era accaduto un anno fa. E ancora una volta la responsabilità ricade sulla Regione. Palazzo Santa Lucia, infatti, non ha ancora messo a disposizione i fondi necessari per coprire la spesa per i testi scolastici degli studenti delle scuole medie inferiori e superiori. A complicare la situazione anche la difficile previsione non solo dei tempi entro i quali tutto potrebbe risolversi. Ma anche riguardo la quantificazione dei fondi che la Regione avrà a disposizione. La conseguenza diretta è tutta per il Comune, impossibilitato ad anticipare alcuna somma. Così come aveva invece fatto al termine dell'anno scolastico 2011/2012, quando via Tito Livio anticipò i fondi. Di quei soldi però l'ente locale non ne ha saputo più nulla. Ed ora i crediti vantati verso la Regione sono cresciuti ancora di più. «I ritardi fatti registrare dalla giunta regionale – spiegano il sindaco Vincenzo Figliolia e l'assessore alla Pubblica Istruzione, Alfonso Trincone – allo stato non consentono né di conoscere la somma che sarà assegnata al Comune di Pozzuoli, né quindi di poter ipotizzare una seconda, eventuale anticipazione». Incessante il lavoro di sprono dell'ente locale nei confronti di Palazzo Santa Lucia. La speranza dell'amministrazione è che «in tempi brevi, o quantomeno per l’inizio del prossimo anno scolastico, le giuste aspettative dei cittadini aventi diritto potranno essere soddisfatte». I guai per la pubblica istruzione del comune flegreo non finiscono qui. A mancare sono anche i fondi per le borse di studio dello scorso anno scolastico, circa 360mila euro. La Regione non ha infatti adottato il decreto di assegnazione in materia. Tanto che il Comune flegreo non è stato ancora in grado di stilare la graduatoria per la ripartizione delle borse agli studenti più meritevoli. Oltre 3500 studenti con le rispettive famiglie restano quindi in attesa di una risposta. L'unica giunta fino ad ora dalla Regione non fa cenno alcuno ai tempi circa la soluzione positiva della vertenza. In tanti hanno chiesto spiegazioni direttamente al sindaco Figliolia e all'assessorato. In ballo ci sono circa 316mila euro. Cifra simile a quella per l'anno scolastico precedente. C'è però chi ha pensato a soluzioni alternative per sfuggire all'estrema lentezza burocratica dei trasferimenti. «Ci sono molti genitori che stringono una sorta di accordo con i titolari delle librerie - spiega Maria Di Porzio, genitrice di uno studente delle superiori, già presidente del consiglio di circolo della scuola Vittorio Emanuele - In pratica, non avendo rassicurazioni sul pagamento dei buoni libro, chiedono un'anticipazione direttamente ai rivenditori. Non appena i fondi sono disponibili, muniti di cedola tornano nelle librerie e poi decidono come usare il rimborso: per un acquisto immediato o addirittura un'apertura di credito per l'anno successivo». Una soluzione «fai da te», dunque, per i genitori degli studenti di Pozzuoli, già alle prese con sempre crescenti difficoltà economiche. «Temo che l'abbandono scolastico da parte di molti studenti possa crescere ancora di più nei prossimi anni - aggiunge la Di Porzio - Le famiglie non ce la fanno a sostenere i costi dell'istruzione dei propri figli, soprattutto quelle meno abbienti e residenti nelle periferie della città. Fino a pochi anni fa non era così». 

mercoledì 6 marzo 2013

La storia. Da Pozzuoli in Serbia per girare un horror

Nel cast Milorad Kapor, reduce da 007 Skyfall
(Pubblicato su Il Mattino del 28 febbraio 2013)

di Alessandro Napolitano Partiranno in estate le riprese del film horror «6Dana66Godina», ideato, scritto e diretto da una coppia di filmmakers napoletani, Alex Madia Levi e Germano Nappo. La pellicola verrà girata quasi interamente in Serbia e avrà nel cast Milorad Kapor, reduce dal successo di botteghino e di critica dell'ultimo 007 «Skyfall». A recitare ci sarà anche una vecchia conoscenza dei B-movie degli anni '70 e '80, come Bobby Rhodes. Una storia ambientata nei Balcani, ma che affonda le radici durante una delle fasi più cruente della Seconda guerra mondiale. Un mix perfetto tra storia vera, riti satanici e psicologia quello ideato dalla coppia Levi-Nappo. Il primo vive da anni a Londra dove dirige la casa di produzione cinematografica Mew Productions; il secondo, di Pozzuoli, è un grafico pubblicitario. Budget ridotto per la pellicola, ma non mancheranno effetti speciali di sicuro impatto (affidati al talentuoso Miroslav Lakobrija) e alta tecnologia sul set, con l'utilizzo di una telecamera speciale, la Arri Alexa dal costo di oltre 100mila dollari. Sasha, interpretato da Milorad Kapor, è nato In Serbia, in una piccola città che durante l'ultimo conflitto mondiale fu teatro di una strage di innocenti ad opera di sei gerarchi nazisti. Vissuto fin da piccolo negli Stati Uniti sarà costretto a tornare nella sua terra d'origine per una questione di eredità. Sarà qui che Sasha porterà alla luce, suo malgrado, una storia terrificante. Ecco spiegato il titolo «6Dana66Godina», che in italiano si traduce in «6Giorni66Anni». E' il tempo trascorso dal giorno in cui i nazisti - nel frattempo trasformatisi in entità maligne -che si resero protagonisti dell'eccidio di 300 fra studenti e insegnanti serbi, hanno iniziato a ricordare quella data. Attraverso riti satanici e misteriosi uccisioni ripetuti a loro volta ogni sei anni, il 6 di giugno e sempre nello stesso bosco. «Durante la seconda guerra mondiale, la Serbia è stata seconda, riguardo al massacro della popolazione, solo alla Polonia - spiega Alex Levi - Ho cominciato così una ricerca di dati storici, visitato luoghi speciali come Kragliuevac, ascoltato racconti degli anziani del luogo e leggende urbane di fantasmi di soldati nazisti. Era impossibile non sentirsi ispirati da tante informazioni e quindi ne ho parlato con Bobby Rhodes e subito mi sono messo al lavoro». Secondo Germano Nappo «La sceneggiatura scritta da Alex credo sia veramente eccezionale, penso possa apportare una piacevole inversione di tendenza per questo genere, anche se si tratta di una produzione low budget».

sabato 26 gennaio 2013

Rottweiler abbandonato azzanna due passanti

(Pubblicato su Il Mattino del 20 gennaio 2013)

di Alessandro Napolitano  Hanno riportato ferite in tutto il corpo, dovute ai morsi di un rottweiler randagio che gli si è scagliato contro. Una coppia, marito e moglie di 50 e 43 anni, è dovuta ricorrere alle cure del pronto soccorso. Ne avranno almeno per dieci giorni. Il cane, accalappiato dai veterinari dell'Asl, ora si trova rinchiuso in un canile pubblico. I due, in pieno giorno, erano appena scesi dall'auto quando hanno visto avvicinarsi il cane. Nulla lasciava presagire quale reazione avrebbe avuto l'esemplare di rottweiler. «Inizialmente il cane ha anche scodinzolato - racconta uno dei due feriti - ma subito dopo c'è stata l'aggressione, inspiegabile. Non abbiamo fatto alcun gesto particolare o avuto un atteggiamento tale da indurre l'animale ad attaccarci». Il primo ad essere aggredito è stato il 50enne. Morsi ad entrambe le gambe, ma anche alle braccia. La donna, che sembrava non essere nelle mire del cane, ha avuto addirittura la peggio. Dopo aver visto sanguinare suo marito è stata aggredita alle spalle. Profonde le ferite riportate alle natiche. I due, soccorsi da diversi passanti intervenuti per placare la violenza del rottweiler, sono stati poi accompagnati all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli. La prognosi più lunga è quella riguardante la donna a cui i medici del pronto soccorso hanno dovuto applicare dieci punti di sutura. Suo marito, oltre a diverse ferite alle gambe, si ritrova ad avere entrambe le braccia fasciate per i numerosi morsi subiti. Lavoro non facile, inoltre, per gli esperti dell'Asl Napoli 2 Nord. Il cane, infatti, prima di essere accalappiato, ha dato filo da torcere. Ora è rinchiuso nel canile pubblico nel quale vengono trasferiti i randagi da parte dell'azienda sanitaria, a Qualiano. Nessun collare, targhetta o microchip per il rottweiler. L'ipotesi più accreditata è che l'animale sia stato recentemente abbandonato. Difficilmente infatti animali di questa razza, tra l'altro molto costosi, si trovano tra branchi di cani randagi. Pare inoltre che il cane, prima dell'aggressione ai danni della coppia di coniugi, non sia mai stato visto in giro nella zona. Visto la mancata individuazione del proprietario, la polizia municipale ha fatto partire una denuncia d'ufficio a carico di ignoti per «abbandono di animale». Sono tantissimi, in città, i branchi di cani randagi che si aggirano tra i passanti. Soltanto in pochi casi, però, è accaduto che persone siano state attaccate. Mai prima d'ora, però, si era vista un'aggressione così violenta, tra l'altro nei confronti di due persone. Nei mesi scorsi, a Pozzuoli, un uomo aveva trascinato in tribunale sia l'azienda sanitaria che il Comune, dopo essere stato ferito da un randagio. L'Asl, condannata al risarcimento, è ricorsa in appello ritenendo l'ente locale il solo responsabile del fenomeno del randagismo.

Scarcerato Palumbo, il ras delle estorsioni. Dopo aver scontato 10 anni di carcere per appartenenza al clan Longobardi-Beneduce

(Pubblicato su Il Mattino del 23 gennaio 2013) 

di Alessandro Napolitano Nicola Palumbo è tornato libero. Il 48enne, conosciuto anche come «Faccia abbuffata», ha scontato in carcere dieci anni di detenzione, accusato di aver fatto parte del clan Longobardi-Beneduce. L'uomo era finito in manette nel 2003, all'epoca del blitz dei carabinieri contro la mala flegrea, al termine dell'inchiesta della Procura Antimafia di Napoli sulle estorsioni al mercato ittico. Considerato un «pezzo da 90» del clan, Palumbo era inserito nell'ala quartese dell'organizzazione, conosciuta come «quelli del Bivio». Durante la detenzione Plaumbo ha ricevuto altre ordinanze di custodia cautelare, tra le quelli quella collegata alla seconda grande inchiesta sui Longobardi-Beneduce, nel giugno del 2010. Un anno e mezzo dopo, però, arriva l'assoluzione. L'accusa aveva chiesto 12 anni di carcere. Ripetuta poi poche settimane fa, durante il processo di Appello che si sta ancora celebrando. La sentenza Palumbo l'ascolterà da uomo libero, anche se in regime di sorvegliato speciale. E' accusato di estorsione aggravata nei confronti di un ormeggiatore di Pozzuoli. La presunta vittima ha raccontato di aver versato nelle casse dell'organizzazione fino a 10mila euro all'anno di tangente per poter lavorare senza avere problemi. Palumbo si sarebbe poi recato dall'ormeggiatore dopo che quest'ultimo «osò» praticare un prezzo di favore ad un suo cliente. Quindi facendo concorrenza ad un altro ormeggiatore legato al clan. Drammatico il racconto della vittima che emerge dagli atti dell'inchiesta: «Dopo avermi percosso, mi hanno imposto di andare via da quel tratto di spiaggia e io fui costretto ad andarmene - aggiungendo - Quando venni minacciato con la pistola mi fu inserita la canna in una delle narici e venni picchiato e mi spaccarono il naso». Nicola Palumbo però è stato condannato anche per reati diversi, come l'aver istigato alla corruzione un agente della polizia penitenziaria. Avvenne nel carcere San Giuliano di Trapani. Dietro il pagamento di 1500 euro, Palumbo e altri quattro detenuti cercarono di ottenere un trattamento particolare: aragoste, babà e mozzarella di bufala, il tutto annaffiato da champagne francese. La guardia denunciò l'accaduto, facendo scattare un'altra accusa per «Faccia abbuffata».

lunedì 21 gennaio 2013

Clan in aula, il legale del Comune rinuncia. Doveva essere parte civile nel processo Polverino

(Pubblicato su Il Mattino del 19 gennaio 2013)

di Alessandro Napolitano Avrebbe dovuto curare gli interessi del comune fino alla sentenza del processo contro il clan Polverino, ma ha rinunciato all'incarico. Colpa del «deserto» che gli si è creato attorno col passare del tempo. L'avvocato Luigi Rossi ha detto «basta» al suo impegno che riguardava la costituzione di parte civile del comune nel procedimento che vede alla sbarra anche imprenditori di spessore, accusati di aver fatto affari con il clan che fa capo al boss indiscusso Giuseppe Polverino, detto 'o barone. Il legale, scelto dall'ex sindaco Massimo Carandente Giarrusso, ha restituito quanto il comune gli aveva versato per affrontare il processo, tra cui il suo onorario: appena 250 euro. Una cifra simbolica, accettata lo scorso maggio unicamente per formalità. «Avevo espressamente richiesto al sindaco Giarrusso di essere presente durante il processo. Il primo cittadino, non ha mancato un solo appuntamento. E' stato sempre al mio fianco a rappresentare il comune». A luglio, però, sono arrivate le dimissioni della fascia tricolore. Firmate dopo le perquisizioni dei carabinieri all'Ufficio tecnico e l'iscrizione nel registro degli indagati di quattro persone. Giarrusso, non indagato, gettò la spugna e lasciò l'incarico di sindaco. Era l'ennesimo terremoto giudiziario che scuoteva Quarto. L'avvocato Rossi, però, prosegue nel suo incarico. Acquisisce l'intera documentazione a carico degli imputati. Oltre 30mila pagine, tra intercettazioni telefoniche e informative. Da quel momento, però, il legale resterà solo nella sua missione. Al comune c'è oramai un commissario prefettizio che non potrà seguirlo nelle aule di tribunale per impegni istituzionali. A via De Nicola giungono diverse richieste scritte per ottenere la presenza attiva di un rappresentante del comune. L'unico risultato ottenuto fu però un'auto della municipale che lo accompagnò fin fuori l'aula bunker di Poggioreale. «Non era certo questo che avevo richiesto, l'auto ce l'ho - spiega l'avvocato - Ma anche dopo le altre mie richieste inoltrate non ho mai ricevuto alcuna risposta. Ecco perchè ho restituito tutto». Ora il processo sarà seguito da un altro legale. E' il procedimento che si sta celebrando con il rito ordinario. L'altro, con rito abbreviato, si è concluso con pesantissime condanne meno di un mese fa. Ma non porterà alcun risarcimento: il comune, infatti non riuscì a costituirsi parte civile, per un grave errore di valutazione dei tempi.

martedì 15 gennaio 2013

Casa di riposo non in regola: via alla chiusura. La struttura "Nuovi incontri" con sede in via Castagnaro. Tre mesi di tempo, ma famiglie e anziani annunciano barricate

(Pubblicato su Il Mattino del 13 gennaio 2013)

di Alessandro Napolitano Novanta giorni di tempo per chiudere la struttura e riaffidare tutti i suoi ospiti ai familiari. L'ordine perentorio è partito dal comune, inviato alla casa di riposo per anziani «Nuovi Incontri» di via Castagnaro. Chi gestisce la struttura, però, è pronto ad azioni clamorose, come portare gli stessi anziani e i dipendenti della casa di riposo fin fuori la sede che ospita gli uffici comunali. Alla base la scoperta di un abuso edilizio che riguarda, però, soltanto una parte della casa di riposo. La chiusura della struttura sarebbe una vera tragedia per i circa 30 anziani ospitati al suo interno, così come racconta il titolare, Gennaro Varriale: «Qui ci sono persone entrate oltre 25 anni fa. Per molti rappresenta la loro vera casa. Non si è mai verificato alcun episodio come tanti se ne sono purtroppo sentiti in altre case che ospitano anziani. Voglio stare dalla parte della legge. L'abuso c'è stato, ma si tratta soltanto della chiusura di un terrazzo. Non sarebbe giusto far andare via tutti gli ospiti da questa casa, dopo 26 anni di attività e la totale solidarietà di tutti gli anziani, dei loro familiari e dei dipendenti». La vita vissuta all'interno della casa di riposo, però, si scontra con la fredda realtà delle carte bollate. La vicenda si trascina da anni. Era il 2008 quando la polizia sanitaria del Nucleo di igiene pubblica dell'Asl Napoli 2 scoprì «gravi inadempienze e violazioni amministrative». Poco dopo un sopralluogo della polizia del commissariato di Pozzuoli arrivò la diffida al titolare a continuare la propria attività. L'anno dopo il sindaco ordinò ai Servizi sociali di provvedere al trasferimento di tutti gli ospiti presso le abitazioni dei parenti o altre strutture, oltre allo sgombero della casa di cura. Cosa che avvenne regolarmente, prima però che il proprietario la riaprisse nuovamente. A marzo scorso nella casa di riposo arrivano però i carabinieri del comando per la tutela della salute. Ha inizio una nuova «battaglia» burocratica. Gennaro Varriale inoltra una richiesta di autorizzazione al funzionamento. Sarà tutto inutile. Nei giorni scorsi il coordinatore dell'Ufficio di piano ordina di nuovo la cessazione di tutte le attività ed il relativo trasferimento degli anziani ospitati al suo interno. L'abuso edilizio c'è ed è parzialmente ammesso dallo stesso titolare che spera però in una sorta di «clemenza» da parte dei magistrati che si stanno occupando del caso. La vicenda potrebbe poi subire una svolta già in settimana. In Cassazione, infatti, verranno depositati tutti i documenti che il titolare, assieme al suo legale di fiducia Pietro Conte, ritiene rilevanti. «Per gli anziani ospitati questa casa di riposo è la loro vera residenza - spiega l'avvocato - Molti di loro hanno nelle proprie stanze anche mobili di proprietà e altre loro cose. I familiari sono pronti anche  alle barricate». Intanto il tempo scorre ed il termine previsto per lo sgombero di avvicina. Tra chi non ne vuole sapere di lasciare la casa di riposo c'è Raffaele, il più anziano: 97 anni; Gennaro, il primo ospite ad entrare nella struttura, nel 1988 o Assunta, la donna che detiene il record di permanenza: 17 anni. Pronti a difendere la casa di riposo anche le dieci famiglie dei dipendenti che lavorano qui da anni e che rischiano di rimanere senza occupazione.

giovedì 10 gennaio 2013

Anziana massacrata per il suo "tesoro". Presi dopo un anno

(Pubblicato su Il Mattino del 8 gennaio 2013)

di Alessandro Napolitano Donne anziane che vivevano da sole e in zone isolate. Era questo l'obiettivo della banda di rapinatori sgominata grazie alle indagini dei carabinieri. Tra i diversi colpi messi a segno anche quello finito in tragedia, con la morte di Antonietta Gigante, 76 anni. La donna venne ritrovata cadavere nel suo letto, dopo essere stata selvaggiamente picchiata. Era il 19 novembre del 2011. Poco più di un anno di indagini per chiudere il cerchio. Fondamentali i riscontri scientifici effettuati all'interno dell'abitazione della donna uccisa, in via Alice a Licola. Ugualmente importanti le intercettazioni telefoniche partite all'indomani di un'altra rapina consumata una settimana prima di quella finita nel sangue. Una «colpo» avvenuto a poche centinaia di metri di distanza dalla casa di Antonietta Gigante. Vittima una donna di 80 anni, trovata dai suoi vicini di casa con i polsi legati. Troppe analogie con la rapina che sarebbe poi costata la vita ad Antonietta Gigante, anche lei legata con un foulard, picchiata e lasciata agonizzante sul suo letto. Le indagini - inizialmente svolte alla Squadra Mobile, poi affidate ai carabinieri delle compagnie di Pozzuoli e Casal di Principe e coordinate dalla Procura di Napoli - partirono dai primi rilievi ematici. Diverse la tracce di sangue ritrovate nell'abitazione, sulle pareti, sulla lenzuola, lungo le scale. Ma soprattutto su una banconota da 50 euro che i rapinatori persero durante la fuga. Il sangue era riconducibile in gran parte alla donna. Ma ulteriori esami scientifici aprirono nuovi scenari investigativi. Il 30 novembre scorso viene arrestato Jeton Jella, albanese di 25 anni. E' accusato della prima rapina, sempre a Licola, commessa assieme ad un connazionale della stessa età, Xheli Besim. Con loro finiscono in manette anche due donne. La prima è Assunta Silvestro, 36 anni che abita a poca distanza dalla residenza dove viveva Antonietta Gigante e di cui conosceva tutte le abitudini. Un particolare importantissimo secondo i carabinieri. Era nell'abitazione della 36enne, infatti, che i componenti della banda attendevano il momento migliore per entrare in azione e rapinare le anziane del quartiere. A prelevare i rapinatori, portandoli nella «base operativa» di Cancello ed Arnone, ci pensava un'altra donna: Maria Domenica Lettieri di 38 anni. L'omicidio di Antonietta Gigante, invece, è stato compiuto secondo i carabinieri da Giovanni Lettieri, 40 anni, fratello di Maria Domenica. Tra le abitudini della vittima e ben note alla «basista» Assunta Silvestro quella di conservare in casa ingenti somme di denaro. Sposata con un piccolo commerciante poi deceduto, Antonietta Gigante avrebbe continuato ad avere rapporti di denaro con piccoli imprenditori e negozianti. A loro, infatti, avrebbe prestato diverse somme dietro il pagamento di forti interessi. Tra le prime piste battute dagli inquirenti, infatti, proprio quella della vendetta o ritorsione da parte di chi era finito nella rete di usura della donna. Ipotesi poi tramontata dopo ulteriori indagini. Si scavò ovviamente nelle vita privata della 76enne. Sotto la lente degli inquirenti anche i suoi più stretti parenti. Legami familiari non troppo cristallini quelli della donna, come con il boss Gennaro Longobardi, capo dell'omonimo clan di Pozzuoli e di cui Antonietta Gigante era zia. Un piccolo «tesoretto» in casa quello custodito dalla donna di cui però non è stata mai rinvenuta alcuna traccia. Sotto il materasso sarebbero stati nascosti oltre 10mila euro in contanti. Una somma che avrebbe poi attirato l'attenzione della banda di rapinatori, ma che avrebbe anche fatto aprire un fascicolo con l'accusa di omicidio.

Giovanni Lettieri, l'uomo accusato dell'omicidio
I verbali
"Sì, le ho dato un pugno. Zitta o lo tiro anche a te"

Un pugno in pieno volto per metterla a tacere. E' stata ammazzata così Antonietta Gigante. Il colpo fatale le venne sferrato da Giovanni Lettieri. E' quanto emerge dagli interrogatori degli indagati ora rinchiusi in carcere. Notevole spinta alle indagini sono arrivate dall'arresto di Assunta Di Silvestro. Ai pm ha raccontato: «Sono stato io ad ucciderla. Le ho dato un pugno in faccia. Qualche problema? Lo vuoi anche tu un pugno in faccia? Oppure lo devo dare ai tuoi figli?». Parole pronunciate da Lettieri subito dopo la sanguinosa rapina e rivolte a chi si era appena resa conto di aver dato una mano ad un assassino e non più solo ad un rapinatore. «Quando li vidi scendere dalla macchina, mi affacciai al balcone e chiesi: Ma che avete combinato? Avete ucciso la vecchia? Sentita questa affermazione Giovanni Lettieri si arrabbiò e disse: Vuoi fare la fine della vecchia anche tu? E ha proseguito nelle sue minacce per altri minuti dicendomi che se avessi riferito a qualcuno quanto accaduto avrei fatto la sua stessa fine, ripetendo che avrebbe colpito anche me con un pugno al volto e poi al petto». Raccapricciante anche il racconto di Besim Xheli: «salito al piano superiore dell'abitazione ci ha detto 'controllate voi la casa che mantengo io la vecchia'. Al momento del nostro arrivo la donna dormiva. L'azione è durata circa 20-30 minuti. Abbiamo preso circa 11mila euro, ma proprio mentre stavamo andando via, la donna si è svegliata e ha iniziato ad urlare. Non è stata legata ma ho visto Giovanni che gli metteva una mano sulla bocca per non farla urlare. Durante il nostro rientro a Cancello Arnone, Giovanni ci diceva di aver dato un pugno alla vecchia per farla stare zitta. Quando siamo usciti la vecchia non urlava più»

domenica 6 gennaio 2013

Feste e sagre, ecco le regole contro i clan. La terapia dei commissari al comune. Per gli organizzatori obbligatorio presentare i certificati penali

(Pubblicato su Il Mattino del 4 gennaio 2013)

di Alessandro Napolitano Feste, concerti, sagre. Troppo alto il rischio di infiltrazioni della camorra secondo la Prefettura. D'ora in poi tutti gli organizzatori di eventi saranno obbligati a presentare il proprio certificato penale che dovrà risultare «lindo». La risposta di via De Nicola è stata rapida: un severo regolamento che prevede, tra gli altri requisiti che dovranno possedere gli organizzatori, anche il non essere imputato in processi penali riguardanti la criminalità organizzata. Il commissario straordinario Vincenzo Greco, alla guida della macchina comunale dallo scorso agosto, ha dato dunque seguito alle richieste dell'Ufficio territoriale di governo di Napoli secondo il quale a Quarto, così come in altri comuni «a rischio», ci sarebbe il fondato «pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nelle feste popolari e religiose». E' stata la stessa prefettura ad indicare i possibili «spunti» per l'emanazione del regolamento ora reso effettivo dopo il «via libera» del commissario. Alle autorità competenti dovrà essere fornito l'elenco dettagliato degli organizzatori, divisi per ruoli. Ognuno dovrà poi provvedere alla presentazione del certificato penale nel quale saranno indicati eventuali precedenti, così come attestato dal casellario giudiziario: «Tutti gli Enti e le Associazioni devono aver cura che i propri componenti siano persone di specchiata moralità, che non abbiano procedimenti penali in corso relativi alla criminalità organizzata e alla morale pubblica; a tal fine, l’istanza dovrà contenere i certificati del casellario giudiziario e dei carichi pendenti di tutti i componenti le Associazioni e dei Comitati organizzatori». Giro di vite anche per quanta riguarda finanziamenti e spese. Comitati ed organizzatori dovranno infatti «garantire la trasparenza contabile delle risorse utilizzate». Un capitolo a parte, poi, è previsto pe la festa patronale che si svolge ogni anno a settembre. Il percorso dovrà essere concordato preventivamente con la polizia municipale, così come è sempre avvenuto. Ma chi sarà alla guida del veicolo dietro il quale sfileranno i fedeli a «Santa Maria», dovrà anch'egli dimostrare di «essere di nota moralità» e che «non abbia alcun procedimento penale in corso relativi alla criminalità organizzata e alla morale pubblica» e ovviamente di non avere mai avuto condanne. Una stretta necessaria, dunque, anche alla luce di quanto emerso dalle indagini della Procura antimafia che ha indagato a lungo sulla criminalità organizzata di Quarto. Dagli atti dell'inchiesta che ha portato agli arresti e alle recenti condanne di numerosi affiliati al clan Polverino emerge che Salvatore Liccardi, una delle figure di spicco ed ex braccio destro di Roberto Perrone, «confessa inconsapevolmente di essere responsabile di atti estorsivi nei confronti degli organizzatori dei festeggiamenti in occasione della ricorrenza della santa patrona di Quarto, santa Maria». Nella rete del clan sarebbero finiti anche alcuni cantanti che si sarebbero poi esibiti durante i festeggiamenti per la santa patrona della città. «Sono andato a vedere il fatto dei cantanti a chi devo...hai capito?». Così parlava Salvatore Liccardi al telefono, proprio nei giorni in cui in città fremevano i preparativi per la festa patronale. Una telefonata ascoltata e trascritta anche dagli uomini della Procura. Per la camorra un'occasione ghiotta, dunque, la festa patronale. Ora però tutti gli organizzatori dovranno fornire i propri attestati giudiziari. Multe salate sono previste per i trasgressori, nonchè la revoca delle autorizzazioni per lo svolgimento degli spettacoli.