venerdì 22 novembre 2013

Cinque donne nella banda degli usurai. Prestavano denaro a tassi impossibili, poi minacce e aggressioni. Nove gli arresti dei carabinieri

Pubblicato su Il Mattino del 20 novembre 2013  



di Alessandro Napolitano

Vera De Mari, ritenuta il capo della banda 
POZZUOLI A capo dell'organizzazione una donna. Con lei altre quattro che assieme a fratelli e cugini avrebbero approfittato delle disgrazie economiche di piccoli imprenditori, commercianti e persino disoccupati. Prestando loro somme di denaro che nel giro di pochi mesi e grazie agli interessi praticati, avrebbero assunto dimensioni tali da rendere impossibile la loro restituzione. A fare da cornice anche i legami di parentela con personaggi di spicco del clan Longobardi-Beneduce. Sono nove le persone arrestate ieri dai carabinieri di Pozzuoli. A guidare la banda di usurai Vera De Mari, 56 anni, cognata di Umberto De Simone, considerato dai pm dell'Antimafia di Napoli storico affiliato alla mala flegrea. In carcere sono finiti anche Silvio De Mari di 53; Gennaro De Simone, 38; Benedetta Pezzini, 55; Patrizia Auricchio, 54 e Donatella Savarese di 50. Agli arresti domiciliari si trovano Gustavo ed Emanuela De Mari, rispettivamente di 27 e 31 anni e Antonio De Simone, 59 anni. Minacce verbali, aggressioni e persino la richiesta di «accomodare» alcune delle rate in cambio di prestazioni sessuali. Auto di famiglia portate via con la forza così come telefoni cellulari, telefonate a qualsiasi ora, ma anche pestaggi. Tutti i mezzi erano utili ai componenti della banda per costringere le loro vittime a pagare in tempo e soprattutto a tassi di interesse che in alcuni casi erano del cento per cento. Le indagini - coordinate dalla Dda di Napoli - sono partite nell'autunno del 2012. Quando una delle vittime, stanca delle sempre più pressanti richieste di denaro, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri. Ne è nata un'indagine ancora più complessa e dall'effetto a catena. Durante la quale sono emerse nuove vittime da tempo finite nel giro di usura. E anche la particolare spregiudicatezza e violenza del presunto capo dell'organizzazione, Vera De Mari, che avrebbe addirittura urlato ad una delle vittime, dopo averla schiaffeggiata «Dì a questi bastardi dei tuoi amici carabinieri che io li tengo sotto le scarpe mie e che ho gente dietro di me. Non mi fanno paura, mi acchiappano: io nego tutto e tu vai in galera». C'era chi aveva chiesto piccole somme, poi lievitate enormemente. Chi, a fronte di un prestito di 40mila euro, dopo anni di pagamenti mensili, se ne ritrovava ancora altri 30mila da dover restituire. A finire nella rete anche imprenditori. Se non avessero pagato avrebbe perso i loro mezzi da lavoro. C'è anche chi è dovuto scappare dai parenti in Nord Italia per paura di ulteriori intimidazioni. Ognuno nella banda aveva un ruolo preciso. Gli ordini del «capo» arrivavano a chi doveva occuparsi del recupero del denaro e chi invece aveva il compito di spaventare le vittime. «Un giorno  importante» l'ha definito il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia ricordando proprio la nascita in città dello sportello antiracket e antiusura di Sos Impresa. Il cui coordinatore regionale dell'associazione, Luigi Cuomo, ha posto l'accento sulla «collaborazione delle vittime con le forze dell'ordine» che «aiuta gli inquirenti a fare prima e meglio il loro lavoro».

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