lunedì 31 gennaio 2011

La marcia dei 15mila per dire "no" alla discarica

Pubblicato su Cronache di Napoli del 30 gennaio 2011


QUARTO (Alessandro Napolitano) – Sono numeri da record quelli riguardanti la manifestazione di ieri pomeriggio a Quarto, contro l’idea di realizzare una discarica in una delle cave di tufo di via Spinelli. Almeno 15mila i partecipanti al corteo che si è snodato per le vie della città, fino a concludersi nei pressi di una delle cave che la Provincia di Napoli avrebbe individuato come sito di stoccaggio. Una marcia pacifica a cui hanno preso parte l’intera amministrazione comunale, il Comitato Antidiscarica di Quarto, rappresentanti di tutti i principali sindacati dei lavoratori, i parroci delle cinque chiese della città, i sindaci di Bacoli e Marano, segretari di partito anche di altri comuni, consiglieri provinciali e regionali, Legambiente,  movimento dei Carc, Comitato Flegreo in Difesa dell’Ambiente e dei Lavoratori, intere scolaresche e tantissime altre sigle, ma anche i comitati antidiscarica di Chiaiano, Pianura, Terzigno e rappresentanti ambientalisti giunti da ogni quartiere di Napoli. Il corteo, scortato da una cinquantina di uomini delle forze dell’ordine, si è concluso con l’intervento di diversi rappresentanti e movimenti, ma anche del parroco delle chiesa Gesù Divin Maestro, don Genny Guardascione e del sindaco della città, Sauro Secone. “Il vescovo è con tutti noi” ha urlato dal palco allestito a pochi metri dalla cava di tufo, sottolineando come Monsignor Gennaro Pascarella abbia chiesto attraverso una nota ufficiale rivolta a tutti i rappresentati delle istituzioni di avere maggiore coscienza al momento di prendere alcune decisioni. E’ poi toccato al sindaco Secone prendere la parola: “Dovranno passare su tutti i nostri  corpi prima di realizzare questa maledetta discarica, ma noi non lo permetteremo, né ora né mai. L’idea di voler risolvere il problema dei rifiuti in questo modo è del tutto errata”. La protesta, per, non finisce qui. Ogni giorno, nei pressi delle cave tufacee di via Spinelli, sarà attivo un presidio e verrà organizzata un’assemblea. Alla manifestazione di ieri pomeriggio avrebbe dovuto partecipare anche il professore Franco Ortolani, Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’università di Napoli Federico II. Il suo documento, però, riguardante l’impossibilità di realizzare una discarica sull’intero territorio flegrea, ma soprattutto a Quarto, non lascia spazio ad interpretazioni. “La coltivazione del tufo si è spinta fino a sfiorare la falda idrica che nella zona si rinviene tra i 10 e 15 metri al di sopra del livello del mare – ha scritto Ortolani -  Dopo la coltivazione le cave a fossa sono state parzialmente colmate con varie decine di migliaia di metri cubi di materiali di riporto di cui non si conosce la natura. Il fondo delle cave sfiora la falda che defluisce verso ovest. La cava a fossa non è idonea alla realizzazione di una discarica di materiali inquinanti”. Per l’associazione Costa dei Sogni “qualcuno si è messo in testa di aprire una nuova discarica a Quarto, a poche centinaia di metri, in linea d'aria, dal litorale. Una scellerata decisione, quella di individuare in una conca, in una depressione densamente abitata, l'area per scaricarvi rifiuti”. 

giovedì 27 gennaio 2011

Morto uomo "senza identità", dalle sue impronte ben 5 alias diversi. Potrebbe trattarsi di omicidio

Pubblicato su Cronache di Napoli del 21 gennaio 2011

Dopo otto giorni di agonia è morto l’uomo di cui ancora non si conosce esattamente l’identità. Era ricoverato dallo scorso 11 gennaio all’ospedale Santa Maria delle Grazie per una grave ferita alla testa di cui ancora non si sa nulla riguardo alla causa. Per giorni si è atteso il risveglio dell’uomo, l’unico che avrebbe potuto raccontare qualcosa in più riguardo quanto accadutogli. Il suo cuore ha cessato di battere alle 5 del mattino. Quattro giorni fa era stato trasferito dal reparto di rianimazione a quello di neurochirurgia del nosocomio puteolano. Le sue condizioni, seppur gravi, sembravano stazionarie e l’uomo appariva non più in pericolo di vita. Ad un improvviso peggioramento delle sue condizioni è seguita poi la morte. Un mistero resta ancora la sua identità. Quando l’uomo è stato soccorso dal personale del 118 - in via Cappella, a Monte di Procida – è stato trovato senza alcun documento addosso. La polizia del commissariato di Pozzuoli ha provveduto ad esaminare le impronte digitali dell’uomo dalle quali, però, sono emerse ben cinque identità differenti, tante quante lo stesso uomo aveva dichiarato in occasione di diversi controlli e fermi da parte delle forze negli anni passati. Il primo alias utilizzato dall’uomo è stato quello di Sergei Galichosky, ucraino nato nel 1981. Durante altri controlli, però, le sue impronte digitali sono state associate ad altri nominativi di poco differenti, ma con date di nascita diverse, come in un’occasione durante la quale dichiarò di essere nato nel 1971. Nel marzo di due anni fa l’uomo fu anche arrestato dai carabinieri di Bacoli e trasferito nel carcere di Poggioreale. Nella casa circondariale partenopea, però, l’uomo entrò con un nome “italianizzato”, come Sergio Gallicini. L’uomo aveva rapinato un cittadino senegalese dei prodotti per la casa che questi vendeva per strada. Dopo aver picchiato il venditore ambulante gli sottrasse il borsone con la merce, scappando poi via. I militari lo trovarono in possesso della refurtiva. Nonostante il nome italiano, l’uomo dichiarò di essere di nazionalità ucraina, tra l’altro neanche in regola con il permesso di soggiorno. Questa la sua storia giudiziaria più recente. L’11 gennaio scorso, invece, per l’uomo iniziano giorni drammatici. Trovato con una profonda ferita alla testa e privo di sensi lungo la strada, fu sottoposto ad un delicato intervento chirurgico all’ospedale di Pozzuoli. L’uomo non ha mai potuto raccontare la sua storia, viste le condizioni in cui si è trovato per otto lungi giorni, sedato e incubato. Nessuno ha visto nulla. Nessun testimone oculare avrebbe assistito al ferimento dell’uomo. Coinvolto in una rissa o investito da un’auto? Non si esclude che l’uomo possa essersi ferito da solo. In caso contrario la vicenda dell’uomo condurrebbe all’apertura di un fascicolo per omicidio.

Alessandro Napolitano 

Clan Longobardi-Benduce, il 17 febbraio inizia il maxi-processo

Pubblicato su Cronache di Napoli del 12 gennaio 2011


POZZUOLI (Alessandro napolitano) – Inizierà il prossimo 17 febbraio il processo a carico di decine di presunti affiliati e capi del clan denominato Longobardi-Beneduce. I pm Antonello Ardituro e Gloria Sanseverino hanno chiesto ed ottenuto il giudizio immediato, ma nelle prossime due settimane in molti potrebbero optare per il rito abbreviato o addirittura per il patteggiamento della pena. Tra gli oltre ottanta imputati ci sono personaggi ritenuti di spicco della malavita organizzata puteolana e quartese, come Gaetano Beneduce (difeso dall’avvocato Domenico De Rosa) e i numerosi membri della sua famiglia. Il presunto boss potrebbe scegliere per iniziare il “normale” dibattimento. Con lui, a processo ci sono i fratellastri Gennaro e Salvatore Ferro che molto probabilmente opteranno per il rito abbreviato, mentre a dibattimento potrebbero “andare” il figlio Rosario Beneduce e l’altro fratellastro Antonio Ferro. Il giudizio abbreviato potrebbe essere l’opzione scelta anche da Vincenzo Carnevale. Per quanto riguarda invece la famiglia Pagliuca – ritenuta essere la reggente del boss Gennaro Longobardi (in carcere del maggio del 2003) e presunta artefice dell’accordo con il clan Sarno di Ponticelli quasi tutti i componenti (difesi dall’avvocato Antonio Abet) potrebbero scegliere il rito abbreviato. Un’opzione che potrebbe riguardare Procolo Pagliuca e suo padre Salvatore; la moglie di quest ultimo, Partorina Arcone; i fratelli di Procolo Pagliuca, Cinzia e Mario; la moglie Francesca Mastantuoni. Già detenuto da tempo e condannato a ben 26 anni per spaccio di droga, Antonio Luongo potrebbe anch’egli optare per il rito abbreviato, così come Nicola Palumbo, considerato uno dei ras quartesi dei così detti “Quelli di fuori al Bivio”; Giacomo Russolillo e Raffaele Grieco. Non si esclude che alcuni di questi ultimi potrebbero scegliere il patteggiamento, come ad esempio Giuseppe Trincone e lo stesso Greco. Alla sbarra, inoltre, ci saranno anche Carmine Riccio, Ferdinando Marcellino, Antonio Delos, i fratelli Leonardo e Vittorio Avallone, Ferdinando Aulito e numerosi altri affiliati o presunti tali del clan Longobardi-Beneduce. Quindici giorni di tempo, dunque, per studiare la linea difensiva dei numerosi membri dell’organizzazione criminale dell’area flegrea con tre “carte” da giocare: dibattimento, rito abbreviato o patteggiamento della pena. Per tutti la principale accusa riguarda l’associazione di stampo mafioso prevista dall’articolo 416bis del codice penale, ma a questa, a vario titolo, ci sono da aggiungere estorsioni aggravate, spaccio di stupefacenti, possesso abusivo di armi da sparo, tentati omicidi e altro. Il 30 ottobre scorso il Tribunale di Napoli ha condannato sette affiliati al clan, tra cui alcuni che compariranno nuovamente davanti ai giudici il prossimo 17 febbraio: Salvatore Cerrone, condannato a 14 anni ed 8 mesi di reclusione; Carmine Riccio ad 11 anni; Angelo Carbone a 16 anni ed 8 mesi; Gennaro Coppola a 13 anni e 4 mesi; Giuseppe Chiaro a 12 anni ed 8 mesi, Raffaele Di Roberto a 13 anni e Luigi Itria a 10 anni.

Licola, incendio doloso in rimessaggio nautico, è il terzo episodio in pochi giorni a Pozzuoli

Pubblicato su Cronache di Napoli del 23 gennaio 2011

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – E’ senza dubbio di origine dolosa l’incendio che ha distrutto due imbarcazioni all’interno di un rimessaggio di barche, il Nautica Service di via del Cantiere, a Licola. Ignoti sono entrati in azione intorno alle 9,30 del mattino. Secondo una prima ricostruzione effettuata dai vigili del fuoco del distaccamento di Monterusciello e dai carabinieri del comando puteolano, sembra che alcuni uomini abbiano utilizzato delle bottiglie incendiarie per appiccare le fiamme. Totalmente distrutta un’imbarcazione in vetroresina e parzialmente avvolto dal fuoco un gommone di cinque metri. Nessun danno, invece, alla struttura così come non si sono registrate persone rimaste ferite. Secondo una stima approssimativa dei danni questi ammonterebbero a circa 80mila euro. E’ il secondo incendio doloso che si registra a Pozzuoli in appena quattro giorni ed il terzo episodio presumibilmente intimidatorio accaduto nella cittadina flegrea in poco più di una settimana. Nella notte tra martedì e mercoledì scorso le fiamme hanno avvolto l’autofficina meccanica Baldino di via Vespasiano, nel cuore del rione Toiano. La struttura ha riportato danni ingenti, ma le fiamme hanno raggiunto anche due automobili parcheggiate all’interno dell’officina, una Wolkswagen Golf e una Fiat Punto, andate totalmente distrutte. Qui i carabinieri hanno rinvenuto subito le prove evidenti dell’origine dolosa dell’incendio: una tanica contenente benzina, utilizzata presumibilmente dagli attentatori. Il proprietario dell’officina, A.B. di 47 anni, ha raccontato ai militari di non essere stato mai avvicinato da persone sospette e di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive da parte della malavita organizzata. L’uomo, però, risulta essere cugino di un presunto affiliato al clan dei Longobardi. Il suo legame di sangue con presunti affiliati alla malavita locale avrebbe potuto renderlo un obiettivo da colpire, ma potrebbe trattarsi anche di una richiesta estorsiva effettuata da un gruppo malavitoso emergente. Pochi giorni prima, venerdì 14 gennaio, all’interno dell’autolavaggio Del Sole di Monterusciello, quattro persone a volto scoperto sono entrati nel cortile della struttura armati di pistola. Dopo aver malmenato il proprietario dell’autolavaggio, P.D. di 43 anni, i quattro hanno sparato diversi colpi di pistola all’indirizzo di due auto parcheggiate all’interno e appartenenti alla clientela dell’autolavaggio. Episodi inquietanti che avrebbero però tutti la stessa matrice: quella del racket delle estorsioni ad opera di nuovi gruppi malavitosi emergenti che vorrebbero “prendere il posto” dei gruppi storici che da anni imperversano sul territorio flegreo, una volta uniti sotto il cartello denominato Longobardi-Beneduce, ma divisi e contrapposti già da diverso tempo e i cui presunti capi e promotori, così come un altissimo numero di presunti affiliati, risultano essere ristretti in carcere o agli arresti domiciliari. Pozzuoli, dunque, terra di conquista per un gruppo emergente?

Dissequestrata cava Liccarblock in via Spinelli, la magistratura ne ordina la bonifica

Pubblicato su Cronache di Napoli del 27 gennaio 2011


QUARTO (Alessandro Napolitano) – E’ stato eseguito ieri mattina il dissequestro della cava di via Spinelli, finita sotto sigilli il 31 luglio del 2008 dopo un’operazione della Guardia di Finanza. Le accuse mosse ai gestori della cava era quella di aver sversato rifiuti speciali nell’incavo di tufo, con l’aggravante di aver svolto il tutto “a braccetto” con la malavita organizzata ed in particolare con il clan più temuto e potente della regione, quello dei casalesi. Ieri le Fiamme Gialle di Pozzuoli hanno eseguito il dissequestro disposto dal pm antimafia che ha dato vita all’inchiesta, Antonio Ardituro. Alla base del dissequestro c’è “l’ordine” impartito ai gestori della cava di tufo di eseguire la bonifica dell’area. Una volta portata a termine l’operazione di ripulitura della cava, questa tornerà nelle mani dell’autorità giudiziaria la quale ne deciderà poi la futura destinazione. Per i 40mila abitanti di Quarto potrebbe così aumentare il timore che la stessa cava, una volta bonificata, possa essere destinata ad accogliere i rifiuti dell’area flegrea, così come oramai sembra essere stato deciso dalla Provincia di Napoli. Non sarà, però, un’operazione di breve durata quella di bonifica della cava. Potrebbero trascorrere mesi prima che tutti i rifiuti speciali vengano portati via dalla cava. La bonifica, così come deciso dalla magistratura, sarà eseguita per mano degli stessi gestori della cava e a loro totale carico economico. Nell’estate del 2008 la Guardia di Finanza di Pozzuoli eseguì il sequestro della cava. Nella stessa inchiesta finirono anche 16 persone, tutte indagate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e di associazione esterna con l'aggravante di aver agevolato la criminalità organizzata. Sotto sequestro finirono anche 12 automezzi utilizzati dalla società che gestiva la cava. Le imprese dedite allo smaltimento nella cava e finite nell'inchiesta ancora in corso avevano sede sia nella provincia di Caserta, in particolare a Casal di Principe, San Cipriano di Avesra e San Nicola la Strada, sia nella provincia di Napoli come Villaricca, Pianur e Quarto. Secondo gli investigatori risultano collegamenti tra il clan dei Casalesi e il clan Polverino di Quarto e i Nuvoletta di Marano. L’indagine venne stata condotta attraverso mirati servizi di osservazione compiuti dalla Finanza che conentirono di accertare, nel periodo tra febbraio e aprile del 2008, una costante attività di sversamento di rifiuti speciali non autorizzata, all’apparenza di provenienza edilizia. Il territorio di via Spinelli, sul quale insistono altre tre cave, fu già oggetto di attenzione e da parte del commissariato prefettizio nel 2007, per l’eventuale inserimento nel piano del parco dei Campo Flegrei, anche per la vicinanza con la zona archeologica della necropoli e della così detta “Fescina”, traccia millenaria della storia locale.

sabato 22 gennaio 2011

Processo su voto di scambio a Quarto, nuovo rinvio ad ottobre. Alla sbarra 101 imputati

Pubblicato su Cronache di Napoli del 20 gennaio 2011

Per il processo a carico di 101 imputati per voto di scambio e altro è arrivato un nuovo rinvio. Se ne riparlerà il prossimo 20 ottobre. Così è stato deciso nella sede distaccata di Pozzuoli del tribunale di Napoli. Aumenta, a questo punto, il rischio che l’intero procedimento possa finire in prescrizione. E’ dal marzo del 2010 che il processo tenta invano di iniziare, ma fino ad ora sono giunti solo rinvii. L’ultimo è stato dovuto al mancato insediamento del giudice che dovrà presiedere il procedimento. Una vera e propria corsa contro il tempo, dunque, per la magistratura che tenterà, magari con la programmazione di diverse udienze in poche settimane, di recuperare il tempo fin qui trascorso. Alla sbarra ci sono ben 101 imputati. L’accusa principale riguarda il voto di scambio in occasione della tornata elettorale del maggio del 2007. La notte precedente il sabato pre-elettorale, centinaia di carabinieri perquisirono uffici, abitazioni private, cantine, garage e automobili. Furono trovate in diversi casi tessere elettorali originali e fotocopiate, fogli manoscritti con cifre in denaro e  nominativi di cittadini elettori, volantini elettorali indicanti candidati sindaci e consiglieri comunali. Decine di persone furono ascoltate dai carabinieri nei giorni successivi. Una vera e propria bufera sui abbatté sulla città che tornava al voto dopo l’ennesimo commissariamento della macchina comunale. Una valanga di avvisi di garanzia furono recapitati a presunti “galoppini”, esponenti politici e candidati alla carica di primo cittadino. Il successivo rinvio a giudizio, giunto nell’ottobre del 2009, ha riguardato due consiglieri comunali attualmente in carica, Armando Chiaro (Popolo delle Libertà) e Gennaro Prencipe (candidatosi da sindaco con Italia di Mezzo) C’è anche chi si è costituito parte civile. Si tratta dell’avvocato Gaetano Montefusco che, “sfruttando” quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 267 del 2000 (Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia) tenterà di arrivare ad un risarcimento danni per l’ente comunale in caso di condanne. La costituzione in parte civile non riguarderà il caso dell’imputata Fabiola D’Aliesio, candidata sindaco con la Lista Comunista, su cui gravano accuse del tutto diverse rispetto agli altri imputati nello stesso procedimento, tra cui vilipendio alla magistratura Le indagini che hanno portato all’apertura dell’inchiesta furono condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, promosse dai pubblici ministeri Gloria Sanseverino e Antonio Ardituro. 

Alessandro Napolitano

giovedì 20 gennaio 2011

Auto contro bus a Monterusciello, un morto e due feriti

Pubblicato su Cronache di Napoli il 26 gennaio 2011

POZZUOLI - Un impatto violentissimo che non ha lasciato scampo a Bernardo Falco, 57enne di Qualiano, deceduto ieri mattina a Monterusciello, dopo che la sua auto è finita frontalmente contro un bus di linea. L’uomo è morto sul colpo. Feriti lievemente l’autista del bus, un 32enne di Pozzuoli ed una donna ucraina di 46 anni che si trovava tra i passeggeri. Erano le 8,30 del mattino. Bernardo Falco stava percorrendo via Monterusciello al volante della sua auto, una Suzuki Wagon, in direzione di Pozzuoli. Sulla corsia opposta un mezzo delle linee Ctp con venti passeggeri all’interno. Dai rilievi effettuati dai carabinieri subito dopo l’incidente, pare che sia stata l’automobile guidata da Bernardo Falco a sbandare. La vettura, infatti, avrebbe invaso la corsia opposta sulla quale transitava il mezzo pesante. L’impatto è stato violentissimo. L’auto è finita frontalmente contro il bus. Nulla avrebbe potuto fare l’autista, visto anche la larghezza della carreggiata (nei pressi del parco Cuma) Sembra, inoltre, che Bernardo Falco non abbia nemmeno tentato di frenare. Le gravissime ferite riportate dall’uomo non gli hanno lasciato scampo. Nel giro di pochissimi minuti l’uomo è spirato. Sul posto, oltre ai carabinieri del comando di Pozzuoli e della stazione di Monterusciello, sono giunti anche i medici del 118 che non hanno potuto fare altro che accertare il decesso del 57enne. La salma di Bernardo Falco è stata trasferita al II Policlinico di Napoli dove verranno effettuati i rilievi autoptici, così come ha stabilito l’autorità giudiziaria. L’autista del bus Ctp e la donna ucraina, entrambi feriti seppur in maniera lieve, sono stati curati all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli. I medici hanno riscontrato contusioni multiple e un forte stato di ansia. La prognosi è di tre giorni. Nessun altro passeggero del bus è rimasto ferito, anche se diverse persone sono rimaste fortemente scioccate dal brutale impatto e dalla morte dell’uomo. Al momento dell’incidente, sembra che Bernardo Falco non indossasse la cintura di sicurezza. Dall’autopsia emergeranno altri dati interessanti. Potrebbe essere chiarito del tutto se il 57enne di Qualiano, al momento della perdita di controllo della sua auto, abbia avuto un malore o se, invece, si sia trattato soltanto di una distrazione, magari dovuta ad un improvviso colpo di sonno. La strada su cui ha trovato la morte Bernardo Falco non era, per l’uomo, sconosciuta. Da tempo, infatti, il 57enne di Qualiano si interessava di lavori edili sulla fascia costiera. Un tratto di strada, dunque, ben conosciuto. Via Monterusciello, che collega Pozzuoli con il popoloso quartiere residenziale e con Quarto, è rimasta chiusa al traffico per diverse ore. Una scelta obbligata per le forze dell’ordine, per permettere la rimozione dei mezzi coinvolti nel tragico incidente e per la pulizia del manto di asfalto, completamente ricoperto di detriti  e di olio, perso dall’auto guidata da Bernardo Falco. Le ripercussioni sulla viabilità sono state evidenti per l’intera mattinata. Soltanto intorno alle 11,30 la situazione si è normalizzata.

Spari contro le auto parcheggiate nell'autolavaggio, c'è la mano della camorra?

Pubblicato su Cronache di Napoli il 15 gennaio 2011

POZZUOLI - Hanno prima violentemente malmenato il titolare di un autolavaggio e poi hanno sparato almeno una decina di colpi di pistola all’indirizzo di alcune auto parcheggiate, fuggendo subito dopo e facendo perdere le propria tracce. E’ accaduto intorno alle 18,30 di ieri. Teatro dell’agguato chiaramente intimidatorio è stato l’autolavaggio “Del Sole”, in località La Schiana. Il titolare, P.D, di 47 anni, stava lavorando come tutti i giorni all’interno del suo autolavaggio. All’interno della struttura c’erano anche diverse auto della clientela, parcheggiate in diversi posti, tra le auto ancora da lavare e quelle invece in attesa di essere asciugate. Quattro persone arrivano nei pressi dell’autolavaggio con un’automobile. Dopo averla parcheggiata tutti scendono dalla vettura e si dirigono verso il titolare dell’impianto. Il trattamento riservato all’uomo è violentissimo. Calci e pugni dati davanti agli occhi atterriti della clientela. L’uomo cade per terra, ma non è ferito in maniera grave. Prima di andare via, però, le quattro persone, tutte a volto scoperto, decidono di dare un’altra lezione al titolare dell’autolavaggio. Ad essere state prese di mira due automobili appartenenti ad altrettanti clienti dell’autolavaggio. Diversi colpi di pistola vengono sparati contro le due vetture. Subito dopo l’atto dimostrativo i quattro risalgono nella loro auto, scappando poi via a tutta velocità. Sul posto arrivano i poliziotti del commissariato di piazza Italo Balbo. A terra restano i bossoli dei proiettili appena sparati. Nessun è ferito durante la sparatoria. L’unico ad aver riportato alcune escoriazioni è stato il titolare malmenato dai quattro. Un gesto chiaramente dimostrativo e intimidatorio quello messo a segno dai quattro di cui ora si cercherà di individuare l’identità. C’è probabilmente il racket delle estorsioni dietro quanto è accaduto nel tardo pomeriggio di ieri. Le modalità d’azione utilizzate dai quattro lascerebbero, infatti, presagire la volontà di “avvertire” la proprietà dell’autolavaggio. Per ora, logicamente, si tratta soltanto di ipotesi. Tra queste, però, potrebbe anche essere presa in considerazione dagli inquirenti una “pista privata”. Torna il piombo, quindi, a Pozzuoli. Pallottole sparate non per commettere una rapina (l’ultima mercoledì pomeriggio, in via Napoli: bottino di 37mila euro portati via dalla Mps)  bensì per intimorire o punire qualcuno.