giovedì 8 dicembre 2011

Clan Longobardi-Beneduce, tentata estorsione ad un ristoratore: arrestato Francesco Casillo

Francesco Casillo

(Pubblicato su Cronache di Napoli del 7 dicembre 2011)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Dovrà scontare una pena residua di un anno e 17 giorni di carcere, accusato di concorso in tentata estorsione aggravata. Per Francesco Casillo, 58 anni, si sono aperte le porte del carcere di Poggioreale. I fatti contestati all'uomo risalgono al 27 ottobre del 2006. Francesco Casillo avrebbe partecipato ad un tentativo di richiesta estorsiva ai danni di un imprenditore attivo nel campo della ristorazione. Lo avrebbe fatto, inoltre, favorendo il cartello camorristico dei Longobardi-Beneduce, all'epoca in piena lotta interna, dopo la spaccatura in due fazioni contrapposte. Quella di appartenenza di Francesco Casillo sarebbe stata la più vicina al boss Gennaro Longobardi ed in particolare al gruppo di Quarto, detto “quelli del Bivio”. Il suo ruolo sarebbe stato quello di “portavoce” di alcuni affiliati durante un tentativo di estorsione. La vicenda ebbe inizio nell'ottobre di cinque anni fa. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Pozzuoli, l'imprenditore avrebbe ricevuto la “visita” di due affiliati al clan, tra l'altro condannati un anno fa per altri reati. Si tratta di Raffaele Di Roberto, 37 anni, detto 'o russ e Giuseppe Chiaro, 36 anni. I due sono stati condannati rispettivamente a 13 anni e 12 anni e 8 mesi, sempre per estorsione aggravata. I due affiliati, dopo aver cercato di entrare in contatto con l'imprenditore e non riuscendoci, gli avevano dato appuntamento all'esterno di un caseificio di Quarto, per il giorno successivo. Non presentandosi, l'imprenditore dovette subire la visita di un'altra persona che gli rinnovò l'invito a presentarsi. Secondo i giudici questa persona era Francesco Casillo. L'uomo, inoltre, sarebbe stato riconosciuto anche da alcuni carabinieri che si trovavano all'interno del ristorante, ma “camuffati” da clienti. I militari erano lì perché già stavano indagando sul tentativo di estorsione. “Quello o’ Russ ti sta aspettando a Quarto un’altra volta”. Con queste inequivocabili parole Francesco Casillo fece ben capire all'imprenditore che bisognava a tutti i costi incontrare gli altri affiliati. Inutili, poi, sarebbero stati i tentativi di ottenere una sorta di sconto sulla richiesta estorsiva, magari barattandola con pranzi gratuiti. Ad incastrare Casillo anche l'auto utilizzata per raggiungere il ristorante, una Fita Seicento, di proprietà del padre 85enne. Francesco Casillo risulta essere anche uno dei componenti della “scorta” che per diverse settimane circondava Carmine Riccio, detto “Peppe faccia verde”, condannato a 11 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e altro nello stesso procedimento a carico di Di Roberto e Chiaro. Riccio, nel 2004, era obbligato a firmare presso l'allora stazione dei carabinieri di Quarto. Ogni qualvolta l'uomo doveva recarsi in caserma, diverse persone erano appostate nei dintorni, a piedi, in auto e in sella a motociclette. Tra questi, c'era anche Francesco Casillo. Il gip, nel giugno di un anno fa, rigettò la richiesta di ordinanza cautelare a suo carico, nell'ambito dell'inchiesta Penelope che portò in cella decine di affiliati al clan Longobardi Beneduce. Oggi però, il 58enne ha dovuto varcare ugualmente l'ingresso del carcere di Poggioreale.  

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