venerdì 16 marzo 2012

Il fratello del boss Longobardi torna in libertà. Ora è un sorvegliato speciale


(Pubblicato su Cronache di Napoli del 16 marzo 2012) 

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Ferdinando Longobardo, fratello del boss Gennaro, non è più detenuto. Dopo aver scontato quasi nove anni di carcere per associazione di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, il 52enne è tornato a Pozzuoli. Il 15 luglio del 2008, al termine del processo d'Appello, Ferdinando Longobardo venne condannato ad 11 anni di reclusione, ricevendo quindi uno “sconto” di 12 mesi rispetto a quanto avevano deciso i giudici nel primo grado di giustizia, il 12 dicembre del 2006. Era il procedimento a carico di 20 imputati, tra cui lo stesso boss che venne condannato a 13 anni. L'accusa principale in quel processo era quella riguardante le estorsioni all'interno del mercato ittico all'ingrosso, compiute per anni dagli uomini del clan. Il 13 maggio del 2003 ben 37 ordinanze di custodia cautelare vennero eseguite dai carabinieri. Uno smacco per l'organizzazione criminale che però, di lì a poco, avrebbe ricevuto nuova “linfa”, soprattutto grazie all'ascesa della famiglia Pagliuca che di Longobardi divenne il braccio destro. Nove anni dopo il suo arresto, dunque, Ferdinando Longobardo (e non Longobardi come il fratello Gennaro, un “errore” in fase di iscrizione anagrafica) è tornato in libertà. Ora dovrà scontare un periodo di sorveglianza speciale, con obbligo di presentazione e firma oltre a dover sottostare a severi vincoli di orario per quanto riguarda la sua permanenza tra le mura di casa, nel rione Toiano. Secondo molti pentiti del clan Longobardi-Beneduce, il fratello del boss avrebbe avuto a lungo un ruolo importantissimo all'interno dell'organizzazione, soprattutto durante i periodi di latitanza del “capo” o di detenzione. Sarebbe stato il principale “addetto” alle estorsioni a favore del clan, colui che riscuoteva i soldi dai  suoi sodali. Ha raccontato ad esempio Antonio Perrotta, collaboratore di giustizia, che quando il clan doveva riscuotere denaro da una ditta di Monterusciello, ben 12 milioni di lire durante le “canoniche” rate di Natale, Pasqua e ferragosto, gli estorsori dovevano consegnare a Ferdinando Longobardo i proventi "ovviamente quando Gennaro era in prigione, oppure latitante". Ferdinando Longobardo avrebbe anche seguito da vicino le fasi estorsive degli affiliati, tanto che lo stesso Perrotta ha detto: "In un'occasione[...]viaggiavamo a bordo di una Fiat Uno. Ricordo di una volta [...]su una macchina rubata [...] si trattava di una Fiat Uno; nella circostanza eravamo seguiti da Ferdinando Longobardo, che viaggiava con una Yaris regolare, cioè non rubata. Ci recammo in un capannone, nella zona dietro alla Montagna Spaccata. Ricordo che c'erano delle telecamere e un cancello elettrico[...]avevamo indossato i cappucci. Approfittando dell'uscita di un furgoncino, bloccammo la cellula fotoelettrica del cancello ed entrammo".  Lo stesso pentito, poi, fa riferimento a Longobardo anche per ciò che riguarda i guadagni derivanti dallo spaccio di droga. Riferendosi ad un affiliato ha raccontato: "So che per la vendita della droga prendeva la sostanza da Perillo Gennaro (ucciso in un agguato il 5 febbraio del 2008, ndr) e portava poi i soldi a Ferdinando Longobardo”. 

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