mercoledì 14 marzo 2012

Processo Beneduce, ascoltato il pentito Alessandro Lucignano

Gaetano Beneduce 
(Pubblicato su Cronache di Napoli del 13 marzo 2012)

POZZUOLI (Alessandro Napolitano) – Va avanti a “colpi” di dichiarazioni da parte dei pentiti il processo a carico del presunto boss Gaetano Beneduce (difeso dall'avvocato Domenico De Rosa) e altri dieci affiliati all'omonimo clan. Dopo quelle rese dalla testimone di giustizia Monica Scotto Pagliara (moglie di Giampaolo Villano ed ex amante dello stesso Beneduce) è toccato ad Alessandro Lucignano, “storico” collaboratore di giustizia una volta integrato pienamente all'interno dell'organizzazione criminale operante a Pozzuoli, conosciuto anche come “Canè”. Lucignano venne arrestato assieme al boss Gennaro Longobardi il 13 maggio del 2003, nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti al mercato ittico all'ingrosso. Quasi due anni dopo decise di passare dalla parte dello Stato. Lucignano è un affiliato di lunga data del clan, tanto che prima dell'ascesa dei Longobardi-Beneduce era un fidatissimo dei Sebastiano-Bellofiore, i due boss poi uccisi nel 1997 nel rione Toiano. Tra gli imputati al processo che vede alla sbarra Beneduce, c'è anche Villano, l'unico ad essere accusato di diversi fatti di sangue. Su uno di questi episodi, il grave ferimento di Antonio Mele, detto 'o campagnuolo, avvenuto nel 1993, Alessandro Lucignano aveva già dichiarato: “Il Villano ha partecipato all’agguato a Mele Antonio detto “il campagnolo” che avvenne fuori alla Sezione del Comune che si trova a Toiano; in effetti il Mele svolgeva le sue attività illecite sia al Toiano che a Monteruscello e quelli di Toiano, per paura che lui facesse delle spiate a Monteruscello, decisero questo agguato; il Mele è fratello di Mele Gennaro, che qualche anno dopo fu ucciso in Monteruscello". Una descrizione dei fatti che ha permesso l'imputazione di Villano per tentato omicidio, quasi venti anni dopo la sparatoria. Estorsore al mercato ittico, ma soprattutto spacciatore di cocaina. Dopo anni di malaffare Lucignano, decidendo di collaborare con la giustizia, ha quindi raccontato di episodi rimasti per anni a carico di ignoti. Tra gli imputati figura Giuseppe Del Giudice, detto “Peppe dell'assicurazione”, accusato di essere un colletto bianco del clan. Di Lui Lucignano ha detto: "Si tratta di un assicuratore di Pozzuoli al quale si rivolgevano gli appartenenti al sistema per fare le polizze di assicurazione delle macchine; ricordo che questo accade da molti anni, fin da quando c’erano Sebastiano e Bellofiore ed accade ancora oggi, infatti anche durante il periodo in cui sono stato detenuto mia moglie ha assicurato la nostra macchina, una Hyunday Atos con il Del Giudice, in particolare mia moglie ha dato i documenti della macchina ad Avallone Leonardo che le ha poi portato la polizza in cambio del pagamento di 400 €. Ricordo che in passato ho anche portato della cocaina al Del Giudice e lui regolava questi conti direttamente con Mimì e Lelluccio. In alcune occasioni ho visto il Del Giudice andare anche a pranzo o a cena con alcuni soggetti appartenenti al sistema". Lucignano, dunque, ha confermato in dibattimento le sue dichiarazioni sugli attuali imputati nel secondo dei tre processi contro il clan. Il primo si è concluso il 21 settembre scorso con 47 condanne, tre delle quali a 20 anni di detenzione. 

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